La battaglia politica diventa giudiziaria. L’AfD, partito di estrema destra tedesco in forte ascesa nei sondaggi, ha annunciato ufficialmente di aver presentato ricorso contro la classificazione da parte dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV), che lo ha etichettato come formazione di “estrema destra”. Una decisione che, nei giorni scorsi, aveva già acceso un dibattito acceso tra i partiti di governo e le opposizioni, e che ora entra nelle aule dei tribunali. L’AfD contesta il giudizio, definendolo “strumentale e politicamente motivato”, e chiede di annullarlo in via definitiva. La posta in gioco non è solo simbolica: la classificazione consente allo Stato di mettere sotto sorveglianza le attività del partito, dai comizi alle chat interne, dalle finanze ai legami con gruppi radicali.
L’AfD ricorre contro i Servizi tedeschi: la destra estrema si scontra con lo Stato
Secondo il BfV, il partito ha superato la soglia dell’accettabilità democratica: nei documenti ufficiali si parla di “elementi identitari, etnonazionalisti e ostili all’ordine costituzionale”, in particolare per quanto riguarda il linguaggio usato contro migranti, minoranze e l’Unione Europea. Le attenzioni dei Servizi si sono concentrate anche su alcune frange giovanili del partito – in particolare la “Junge Alternative” – e su collaborazioni con movimenti neo-identitari e complottisti. Il dossier trasmesso alla magistratura raccoglie testimonianze, registrazioni e tracciamenti di attività sul territorio, ed è stato redatto in stretta cooperazione con i servizi di intelligence dei Länder. Il partito, però, respinge tutto: “È un tentativo di eliminarci perché siamo in crescita”, ha detto Alice Weidel, copresidente dell’AfD.
Un partito in ascesa, alle porte delle elezioni europee
La mossa arriva in un momento cruciale. L’AfD è data oltre il 20% nei sondaggi a livello federale, e in alcuni Länder dell’Est – come Sassonia e Turingia – è già la prima forza politica. Con le elezioni europee alle porte e un clima elettorale infuocato, il partito spera di capitalizzare l’effetto-vittima per consolidare il proprio elettorato. “Siamo l’unica vera opposizione al sistema Scholz e ai suoi alleati”, ripetono i leader in ogni apparizione pubblica. E la retorica dell’accerchiamento – lo Stato che teme il cambiamento, i media complici, la sinistra che usa le istituzioni contro i cittadini – diventa parte integrante della strategia comunicativa.
Il rischio di radicalizzazione e la reazione del governo
Il cancelliere Olaf Scholz ha evitato commenti diretti sul ricorso, ma ha ribadito che “chi attacca la democrazia dall’interno deve aspettarsi una risposta democratica, ma ferma”. Anche la ministra dell’Interno Nancy Faeser (SPD) ha difeso la scelta dei Servizi: “Non si tratta di censura, ma di tutela dello Stato di diritto. La Costituzione non è neutrale verso chi vuole demolirla”. La Corte amministrativa federale dovrà ora valutare se la classificazione è motivata da elementi oggettivi o se si configura come un abuso di potere. Una decisione che potrebbe influenzare l’intero dibattito pubblico nei prossimi mesi.
Un Paese diviso, con la Costituzione al centro dello scontro
La vicenda dell’AfD riapre una ferita profonda nella società tedesca: dove finisce la legittimità democratica? Quando un partito eletto può essere definito pericoloso? E cosa significa davvero “proteggere la Costituzione”? Le risposte non sono scontate. Una parte dell’opinione pubblica ritiene giusto monitorare chi flirta con il suprematismo e semina odio. Un’altra, invece, vede nella decisione dello Stato un pericoloso precedente: la possibilità che il potere usi strumenti repressivi per eliminare l’opposizione. In mezzo, una società polarizzata, stanca della crisi energetica, della guerra e dell’inflazione, e sempre più attratta da soluzioni radicali.