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Banco BPM, Castagna sfida i dubbi su Crédit Agricole e Mps

- di: Jole Rosati
 
Banco BPM, Castagna sfida i dubbi su Crédit Agricole e Mps
Banco BPM, Castagna sfida i dubbi su Crédit Agricole e Mps
In Commissione l’ad respinge i sospetti su dossier occulti, difende Akros e richiama governo e Bce sulle regole del risiko bancario. 

Un’audizione da clima da risiko: cosa ha detto Castagna

Davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario, finanziario e assicurativo del Senato, l’amministratore delegato di Banco BPM, Giuseppe Castagna, ha scelto la linea del chiarimento netto: nessun negoziato con Crédit Agricole per una fusione, nessun tavolo aperto su Mps, nessun ordine riconducibile a UniCredit nell’operazione-lampo sul capitale della banca senese, e una difesa senza esitazioni di Banca Akros, l’investment bank del gruppo.

Il contesto è quello di un risiko bancario italiano mai davvero sopito: la presenza crescente dei francesi di Crédit Agricole nel capitale di Banco BPM, l’attivismo di UniCredit, il riassetto di Mps dopo i collocamenti del Tesoro e le inchieste della procura di Milano. Castagna prova a rimettere i paletti, con un messaggio di fondo: Banco BPM non è preda passiva di nessuno.

Il fronte Crédit Agricole: nessuna offerta, in attesa della Bce

Il primo capitolo è il rapporto con Crédit Agricole, che oggi è il principale azionista privato di Banco BPM, con una quota intorno al 20% del capitale. Castagna ha ribadito che, ad oggi, la banca francese non ha manifestato alcuna intenzione di acquisire il controllo dell’ex Popolare Milano, né alla Bce, né al gruppo, né alle istituzioni italiane.

La ricostruzione si inserisce nella sequenza degli ultimi mesi: il gruppo francese ha chiesto a Francoforte l’autorizzazione per salire oltre il 20%, con l’impegno di restare comunque al di sotto della soglia di Opa obbligatoria, oggi fissata al 29% dopo l’innalzamento deciso dal governo italiano. Nelle comunicazioni ufficiali Crédit Agricole ha più volte sottolineato di non avere piani per assumere il controllo di Banco BPM, ma di voler rafforzare un investimento considerato strategico nel lungo periodo.

Secondo indiscrezioni di vigilanza, la Bce si appresta a dare il via libera al superamento del 20%, ma con una serie di paletti di governance per evitare conflitti di interesse tra due gruppi concorrenti: presidio sui flussi informativi, limiti sulla presenza nei comitati interni, possibili vincoli sui diritti di voto in alcune materie sensibili. Castagna, davanti ai senatori, ha ricordato che finora nessuna delle richieste dei francesi si è tradotta in pressioni sul Consiglio di amministrazione di Piazza Meda e che non esiste alcuna intesa occulta in vista di operazioni straordinarie.

UniCredit, golden power e il nodo del credito all’economia reale

L’altro fronte caldo è il tentativo di UniCredit di mettere le mani su Banco BPM, scontratosi con il golden power esercitato dal governo. Castagna ha riportato in Commissione uno dei parametri che più hanno pesato nella valutazione dell’esecutivo: il loan-to-deposit ratio, cioè il rapporto tra impieghi e raccolta.

Secondo i numeri illustrati, Banco BPM destina circa il 98,2% dei depositi raccolti a finanziamenti su famiglie e imprese nei territori di riferimento. UniCredit, limitatamente alle attività in Italia, si fermerebbe attorno all’80%. Tradotto nella pratica, ha spiegato Castagna, se il modello UniCredit fosse stato applicato pari pari alla realtà Banco BPM, circa 20 miliardi di euro di credito in meno sarebbero arrivati alla clientela del gruppo.

È proprio su questo punto che il golden power viene rivendicato come presidio non solo di sicurezza nazionale, ma anche di tutela del tessuto produttivo: non si tratta di un braccio di ferro politico con una singola banca, bensì di una valutazione su chi, e come, riesce a trasformare la raccolta in finanziamenti all’economia reale. Castagna ha ricordato di essere stato convocato da Palazzo Chigi per illustrare le differenze tra i due modelli industriali e ha preso le distanze dalle dichiarazioni dell’ad di UniCredit, Andrea Orcel, secondo cui il governo avrebbe ricevuto informazioni non corrette.

Mps, porte socchiuse sul futuro ma nessun negoziato in corso

Sul dossier Monte dei Paschi di Siena, l’ad di Banco BPM ha scelto la formula più prudente possibile: oggi non c’è nulla sul tavolo, ma in futuro ogni opportunità andrà valutata con attenzione, come accade per tutte le operazioni in cui il gruppo è potenzialmente coinvolto.

Castagna ha sottolineato che, al momento, né il Tesoro né i nuovi soci privati di Mps sembrano avere interesse ad aprire un nuovo fronte di M&A, soprattutto mentre è ancora in corso il percorso di integrazione e razionalizzazione interna della banca senese dopo le cessioni operate dal Mef. Il messaggio è duplice: nessuna chiusura di principio al tema Mps, ma anche nessuna forzatura su un’operazione che ad oggi non risponde a esigenze industriali immediate.

Il caso Akros e l’inchiesta sul collocamento Mps

La parte più delicata dell’audizione riguarda Banca Akros, la banca d’investimento controllata al 100% da Banco BPM, finita sotto i riflettori per il collocamento accelerato di una quota rilevante del capitale Mps, venduta dal Ministero dell’Economia attraverso una procedura di accelerated bookbuilding (ABB).

La procura di Milano ha aperto un fascicolo esplorativo sulla vendita – inizialmente indicata in un 7% del capitale e poi estesa fino al 15% – per verificare se ci siano state eventuali distorsioni concorrenziali, accordi preventivi tra alcuni investitori o l’esclusione di soggetti potenzialmente interessati. Nel mirino c’è il ruolo del collocatore e le condizioni di accesso all’operazione per i diversi investitori istituzionali.

Castagna ha difeso la banca d’affari di gruppo con toni decisi: «Non è la piccola Akros», ha ricordato, ma il braccio d’investimento di un istituto che capitalizza intorno ai 20 miliardi di euro, con un track record di primo piano sul mercato italiano tra Ipo, Opa e aumenti di capitale. A titolo di esempio ha citato le recenti operazioni su Italgas e Avio, dove Akros è stata l’unica banca italiana in sindacati composti per il resto da player internazionali.

Quanto alla procedura sul Monte, Castagna ha precisato che gli ordini raccolti sono stati oltre un centinaio, gestiti in una manciata di minuti come tipico dei collocamenti lampo per investitori istituzionali. L’ad ha insistito su due punti: Banco BPM non ha ricevuto informazioni privilegiate e con Akros e Anima – un altro soggetto coinvolto per superare alcuni vincoli della passivity rule – non è stata espressa alcuna volontà di partecipare all’operazione in acquisto. In altre parole, il gruppo si colloca qui più come fornitore di servizi di mercato che come investitore diretto.

UniCredit e il giallo dell’ordine che non c’è

Sullo sfondo del collocamento Mps resta il “giallo” di un presunto ordine riconducibile a UniCredit, al centro di indiscrezioni e ricostruzioni giornalistiche. Castagna, su questo, è lapidario: «Chi doveva fare l’ordine l’ha fatto, non risulta che sia arrivato un ordine di UniCredit». Se qualche intermediario avesse agito per conto della banca guidata da Orcel, aggiunge, questo non rientra nelle informazioni in possesso di Banco BPM.

Le parole dell’ad si innestano su un quadro in cui UniCredit ha già smentito di aver presentato esposti alla magistratura su quel collocamento e su altri dossier correlati, e in cui Banca Akros rivendica la correttezza della procedura ABB, evidenziando come la selezione degli investitori sia avvenuta secondo criteri di mercato e nel rispetto delle regole sul trattamento paritetico degli operatori istituzionali.

Perché Akros è centrale nella strategia di Banco BPM

La difesa pubblica di Akros non è solo un fatto reputazionale. Nel disegno industriale di Banco BPM, l’investment bank è un asset strategico: presidia la finanza straordinaria, accompagna le imprese clienti in Borsa, struttura operazioni complesse di capitale e debito. In un mercato dominato da colossi globali, il gruppo rivendica la capacità di esprimere una piattaforma domestica in grado di sedersi allo stesso tavolo delle banche d’affari internazionali.

Castagna ha colto l’occasione per criticare apertamente quella che definisce una sorta di «passione italiana per le banche estere» quando si tratta di grandi operazioni: secondo l’ad, il sistema Paese sottovaluta spesso le proprie strutture, pur avendo intermediari in grado di svolgere con competenza e in autonomia compiti delicati come il collocamento di grandi pacchetti azionari di banche sistemiche.

Il risiko bancario italiano: tra Mps, Mediobanca e i grandi fondi

L’audizione di Castagna si inserisce in un mosaico più ampio: quello del consolidamento bancario italiano, dove incrociano le mosse dei gruppi nazionali, l’attivismo dei francesi, le strategie del Tesoro e l’interesse dei grandi fondi internazionali. Mps resta uno degli snodi, insieme a dossier come Mediobanca, le compagnie assicurative e il risparmio gestito.

Le inchieste sulla vendita delle partecipazioni Mps hanno evidenziato un punto chiave: la partita del controllo delle leve finanziarie del Paese è ormai pienamente europea, se non globale. Nel mirino non c’è solo la proprietà delle banche, ma la gestione di centinaia di miliardi di euro di risparmi e flussi assicurativi. È qui che la presenza di operatori stranieri, dai gruppi bancari ai giganti del risparmio come i grandi asset manager internazionali, entra inevitabilmente in rotta di collisione con le ambizioni di radicare centri decisionali in Italia.

In questo contesto, Banco BPM viene spesso indicata dagli analisti come una pedina potenzialmente attiva nel risiko, non solo come obiettivo di acquisizione ma anche come soggetto aggregante. La struttura territoriale, la dimensione intermedia, la presenza nel credito a famiglie e Pmi la rendono un partner “pesante” tanto in scenari difensivi quanto in ipotesi di crescita per linee esterne.

Il ruolo del golden power e i paletti europei

Il golden power, già esercitato nel caso del tentativo UniCredit–Banco BPM, resta uno strumento centrale. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha chiarito più volte che la legge si applica a tutti, a prescindere dalla bandiera del gruppo interessato: nessun veto ideologico sulle banche straniere, ma attenzione massima su occupazione, credito al territorio e stabilità del sistema.

Nel frattempo, anche l’Europa guarda da vicino a come l’Italia utilizza il golden power nel settore bancario. L’equilibrio è sottile: da un lato, proteggere gli interessi nazionali; dall’altro, evitare che lo strumento si trasformi in una barriera di fatto all’integrazione del mercato unico. La vicenda di Crédit Agricole in Banco BPM – con il passaggio dal 20% e l’innalzamento della soglia di Opa – è un test importante per capire fin dove può spingersi la regia politica senza entrare in conflitto con le regole Ue sulla libertà di circolazione dei capitali.

Che cosa resta dopo l’audizione

Al termine della giornata in Commissione restano alcune certezze e molte questioni aperte. La certezza è che Banco BPM rivendica un profilo autonomo, non disponibile a essere ridotto al ruolo di obiettivo silenzioso nel risiko. Castagna ha difeso il modello di banca territoriale ad alto impiego della raccolta, ha blindato la reputazione di Akros e ha escluso scorciatoie o intese sottobanco con i principali protagonisti del mercato, da Crédit Agricole a UniCredit.

Le incognite riguardano soprattutto le prossime mosse di Bce e governo: quanto sarà stringente il pacchetto di condizioni per l’eventuale salita di Crédit Agricole oltre il 20%? E come verrà utilizzato, nei prossimi dossier, il golden power, dopo il caso Banco BPM–UniCredit e le tensioni sul perimetro di Mps? La sensazione è che la partita, più che chiudersi, sia appena entrata in una fase nuova, in cui ogni mossa su una banca sistemica italiana avrà inevitabilmente una coda politica e regolamentare.

Per ora, il messaggio dell’ad è semplice e diretto: Banco BPM intende giocare in attacco, non subire la partita. Saranno numeri, decisioni della vigilanza e scelte del Tesoro a dire se questa dichiarazione di autonomia resterà uno slogan o diventerà l’architrave dei prossimi anni del gruppo.

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