La morte del brigadiere Carlo Legrottaglie, colpito a morte durante un inseguimento a Francavilla Fontana, non è solo un fatto di cronaca nera. È il segno tangibile di una frattura irrisolta tra lo Stato e alcune sue periferie, tra la tenuta della legalità e la crescente spregiudicatezza di una criminalità sempre più aggressiva.
Francavilla Fontana, la morte del brigadiere Legrottaglie e il nodo della sicurezza nei territori marginali
Legrottaglie, che avrebbe lasciato il servizio a luglio, è rimasto vittima di un conflitto asimmetrico: quello tra chi agisce nel rispetto delle regole e chi, pur di sfuggire alla giustizia, è pronto a uccidere. Una dinamica che, pur nella sua drammaticità, rivela nodi sistemici: dalla vulnerabilità operativa delle forze dell’ordine alla necessità di ripensare il concetto stesso di presidio del territorio.
La criminalità diffusa e il progressivo indebolimento del controllo statale
La provincia di Brindisi, come molte aree del Sud, vive una contraddizione profonda: da un lato, la crescita di iniziative economiche, industriali, turistiche; dall’altro, la resilienza di forme di microcriminalità e illegalità organizzata. La zona industriale di Francavilla Fontana, teatro della rapina e poi dell’agguato, è emblematica di quelle aree periferiche che spesso restano sguarnite di una presenza statale strutturata. Non è un caso che le bande agiscano proprio lì, dove il controllo sociale è più debole, dove le telecamere servono più a documentare che a dissuadere, e dove un semplice controllo di pattuglia può trasformarsi in un’azione ad altissimo rischio.
Un gesto di dedizione che rivela la solitudine operativa
Carlo Legrottaglie non ha esitato a inseguire uno dei rapinatori in fuga, pur consapevole del pericolo. È morto per un gesto che definiremmo “eroico” in termini civili, ma che in termini professionali dovrebbe aprire un interrogativo: perché un uomo prossimo alla pensione si trova da solo, disarmato di protezioni, a rincorrere un criminale armato? La solitudine operativa delle pattuglie, l’assenza di supporti immediati, la mancanza di tecnologie preventive e l’insufficiente numero di agenti rendono queste situazioni drammaticamente frequenti. Il prezzo, oggi, lo ha pagato un padre di famiglia, un cittadino, un servitore dello Stato.
La narrazione eroica e il rischio di assuefazione collettiva
Il rischio che si corre, di fronte a tragedie simili, è quello di affidarsi troppo facilmente a una narrazione retorica dell’eroismo. Le parole di cordoglio, i funerali solenni, le medaglie postume: tutto giusto, tutto dovuto. Ma non basta. La reiterazione di queste dinamiche – l’agente ucciso, l’inchiesta lampo, il ricordo istituzionale – genera assuefazione. E l’assuefazione è il primo passo verso l’indifferenza. È qui che lo Stato dovrebbe interrogarsi: come si garantisce la sicurezza nei territori di frontiera? Quali investimenti sono stati realmente fatti per rendere le pattuglie più sicure, per rafforzare la prevenzione, per offrire agli operatori strumenti di autodifesa e supporto immediato?
Presenza sul territorio e cultura della legalità
Non si tratta solo di aumentare le risorse o il numero di agenti. Il vero punto è culturale: restituire ai territori la fiducia nello Stato attraverso una presenza capillare, autorevole, competente. Il presidio non è fatto solo di uomini in divisa, ma anche di scuole, sportelli pubblici, luoghi di incontro, biblioteche. La criminalità si insinua dove c'è abbandono e senso di impunità. Ed è lì che occorre agire. Il sacrificio di Legrottaglie impone una revisione dei modelli di intervento e prevenzione, in particolare nelle aree dove la marginalità economica si sovrappone a quella istituzionale.
Un dovere collettivo: uscire dalla retorica e agire sulle cause
Sarebbe ingiusto confinare la morte del brigadiere Legrottaglie alla sola dimensione del lutto. Quel che è accaduto deve obbligare i decisori politici a ripensare la distribuzione delle risorse, a valutare i rischi reali a cui sono esposti gli agenti, a riflettere sulle condizioni di lavoro di chi garantisce la sicurezza pubblica. È un tema che riguarda tutti, non solo i vertici delle forze dell’ordine. Perché una società che si abitua alla violenza contro chi la difende, e che si limita a commemorare senza agire, è una società che si arrende lentamente alla disgregazione. Ed è proprio in questo vuoto che la criminalità si rafforza. Dimmi “via” per il prossimo articolo.