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Addio a Sofia Corradi, la mamma dell’Erasmus che ha unito l’Europa

- di: Bruno Legni
 
Addio a Sofia Corradi, la mamma dell’Erasmus che ha unito l’Europa
Addio a Sofia Corradi, la mamma Erasmus che unì l’Europa
Dal “no” al riconoscimento degli studi alla Columbia all’idea che ha fatto crescere una generazione europea: una vita per il diritto allo studio e per la mobilità che oggi conta oltre 16 milioni di partecipanti.

Sofia Corradi si è spenta a Roma a 91 anni, lasciando all’Europa un’eredità che ha cambiato la traiettoria di milioni di ragazzi. Non amava definire l’Erasmus come un semplice trampolino per il lavoro: per lei era un’educazione al mondo, un innamoramento civile prima ancora che professionale. La chiamavano “mamma Erasmus” perché nella sua biografia c’è tutto ciò che serve per far crescere un’idea: curiosità, ostinazione, memoria delle ingiustizie.

Una scintilla nata da un no

Alla fine degli anni Cinquanta Corradi vola negli Stati Uniti con una borsa Fulbright e frequenta Columbia University, dove ottiene un master in diritto comparato. Tornata in Italia chiede che quei risultati vengano riconosciuti. Le ridono in faccia. Quel rifiuto diventa la sua molla etica: nessuno studente, pensò, dovrebbe più perdere tempo ed esami solo perché ha osato uscire dai confini.

Diciotto anni di ostinazione

Dagli anni Sessanta Corradi mette nero su bianco l’architettura di una mobilità con riconoscimento degli studi: piani formativi approvati in anticipo, documentazione certificata al rientro, equivalenza degli esami. Per diciotto anni bussa a porte di rettori e ministeri, ciclostila proposte, spiega, corregge, ricomincia. Nel 1976 arriva la prima cornice europea per programmi pilota; nel 1987 nasce il programma che renderà familiare a tutti il nome di Erasmo da Rotterdam.

Un impatto che ha cambiato i campus

Da allora Erasmus ed Erasmus+ hanno allargato il perimetro a docenti, apprendisti e tirocinanti. Oggi il programma conta oltre 16 milioni di partecipanti complessivi: numeri che raccontano reti tra atenei, progetti di ricerca nati da corridoi di studentati in città diverse, amicizie e famiglie che non esisterebbero senza quella scelta di partire.

Le voci del cordoglio

Il saluto per Corradi è corale. Dalla politica europea arriva il riconoscimento di chi vede nell’Erasmus un collante di cittadinanza. “Milioni di studenti le devono un pezzo di vita e un orizzonte”, ha scritto il presidente francese Emmanuel Macron. Nel mondo accademico, il ricordo è quello di una docente capace di accendere entusiasmi: “Credeva nell’educazione e nei giovani”, ha sottolineato il rettore Massimiliano Fiorucci. Dalle istituzioni Ue, si parla di eredità che continuerà a unire le nuove generazioni.

Il metodo Corradi

Il suo lascito non è solo un programma: è un metodo. Partire da un’ingiustizia vissuta, scrivere regole semplici, cercare alleanze, non mollare quando la burocrazia alza muri. Così l’“esperienza all’estero” è diventata parte integrante dei curricula. Nelle sue pubblicazioni Corradi ha raccontato la “preistoria” dell’Erasmus e le battaglie contro l’inerzia amministrativa: lì c’è la mappa di come si cambia un sistema, con una visione e con la pazienza degli anni.

Un’eredità che continua

L’Erasmus non è un monumento da spolverare nei necrologi: è una politica viva che si aggiorna, con più stage, apprendistato e inclusione. In tempi di confini che tornano a farsi rigidi, l’idea di Corradi resta radicale nella sua semplicità: “Mettere i giovani nelle condizioni di incontrarsi, studiare insieme, capirsi”. È così che una professoressa, partendo da un no, ha insegnato a dire al futuro. 

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