Le operazioni antincendio sul Monte Somma nel Parco del Vesuvio proseguono incessanti: fin dall’alba mezzi aerei e squadre a terra sono ripartite all’attacco. Le condizioni meteo — vento e temperature roventi — continuano a complicare l’intervento, che però si mantiene ben coordinato grazie al Tavolo Permanente attivato in Prefettura, con la partecipazione di sindaci, Protezione Civile, Carabinieri Forestali, Vigili del Fuoco e Parco Nazionale.
Il fronte del fuoco: dimensioni e aree coinvolte
Il fronte del rogo si estende attualmente da 2 a 2,5 chilometri, coinvolgendo comuni come Terzigno, Boscotrecase, San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano sul lato est del vulcano. I danni sono enormi: si stimano già 500 ettari di vegetazione e vigneti pregiati arsi, forse molti di più.
Mezzi e forze mobilitate
In azione nell’area ci sono 10 mezzi aerei — tra Canadair della flotta nazionale ed elicotteri regionali — affiancati da oltre cento operatori tra Vigili del Fuoco, Protezione Civile, volontari e Carabinieri Forestali. L’Esercito è intervenuto per rafforzare il presidio stradale, facilitare il passaggio dei mezzi antincendio e assicurare il rifornimento d’acqua con autobotti da 8.000 litri.
L’altro versante: fumo e cenere nei cieli cittadini
L’incendio prosegue con una densa colonna di fumo che oscura il cielo e deposita cenere su Napoli e dintorni. Le immagini dei roghi, visibili da decine di chilometri, evocano un ritorno drammatico alla visione del cratere attivo.
Il rischio ambientale che resta
Oltre ai danni immediati, gli incendi lasciano una “cicatrice” nel terreno: la comunità scientifica mette in guardia sul rischio di frane e instabilità future, poiché la vegetazione bruciata rende il suolo più vulnerabile a precipitazioni intense successive.
Il pericolo va oltre le fiamme
Il Vesuvio, colonna portante dell’identità partenopea, torna a bruciare tra vento, fumo e cenere: una ferita viva nel cuore verde del Sud. Sul campo, l’impegno combinato di mezzi aerei, truppe a terra, Protezione Civile, Carabinieri e volontari è incessante — ma il rogo insiste, alimentato da clima avverso e possibili cause dolose, ancora al centro delle indagini.
Il pericolo va oltre le fiamme: il territorio arso rischia di trasformarsi da vittima a minaccia attiva, pronto a cedere al primo acquazzone. Serve non solo spegnere il fuoco, ma pensare al “dopo”: difesa del suolo, prevenzione, monitoraggio permanente e trasparenza verso i cittadini — perché il Vesuvio, con la sua storia e la sua fragilità, non può diventare un pericolo replicabile.