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Ex Ilva, l’indotto lancia l’allarme: “Altre aziende pronte a licenziare come Semat”

- di: Alberto Venturi
 
Ex Ilva, l’indotto lancia l’allarme: “Altre aziende pronte a licenziare come Semat”

Nel corso dell’audizione in commissione Industria al Senato sul decreto relativo alla continuità produttiva dell’ex Ilva, il presidente di Aigi – l’associazione che rappresenta le imprese dell’indotto siderurgico tarantino – Nicola Convertino ha chiesto un intervento diretto a favore delle aziende che operano a supporto del polo dell’acciaio. «Parte dei fondi stanziati per l’ex Ilva deve essere destinata all’indotto» ha dichiarato, sottolineando come la tenuta della filiera dipenda dalla protezione dell’intero ecosistema produttivo e non soltanto della società principale.

Ex Ilva, l’indotto lancia l’allarme: “Altre aziende pronte a licenziare come Semat”

Convertino ha espresso apprezzamento per le misure previste nel decreto sulla continuità, definendo «positivo» lo sblocco di ulteriori 108 milioni e le disposizioni in materia di cassa integrazione. Ha però richiamato l’esigenza di un piano più organico: «Serve raggiungere velocemente livelli di produzione che possano garantire la sostenibilità dell’azienda. Lo Stato faccia lo Stato e intraprenda tutte le azioni necessarie per riportare lo stabilimento a condizioni di normalità industriale».
Il presidente di Aigi ha ribadito che il ritorno a un ciclo produttivo stabile resta la condizione fondamentale per evitare un progressivo collasso delle imprese dell’indotto, molte delle quali operano con margini già fortemente erosi dalla lunga fase di incertezza.

Il caso Semat e l’effetto domino sull’indotto
A preoccupare maggiormente è la situazione occupazionale. Convertino ha richiamato l’attenzione sui 220 licenziamenti annunciati da Semat, una delle principali aziende dell’indotto e associata ad Aigi. Un segnale che, secondo il presidente dell’associazione, potrebbe rappresentare solo il primo di una serie di casi analoghi: «Altre aziende seguiranno la Semat».
La definizione utilizzata – «un terremoto sociale» – sintetizza la dimensione del rischio. In assenza di una prospettiva industriale certa, molte imprese dell’indotto potrebbero non essere in grado di sostenere i costi correnti, con ricadute immediate su lavoratori, famiglie e tessuto economico locale.

“Taranto è una polveriera. Evitare una terra di cassintegrati”

Il quadro delineato da Aigi è quello di un territorio sospeso tra produttività ridotta, incertezze industriali e tensioni sociali crescenti. «Taranto è una polveriera e non vogliamo una terra di cassintegrati» ha affermato Convertino, evidenziando come l’instabilità del sito siderurgico abbia già prodotto impatti significativi sulla liquidità delle imprese fornitrici.
I ritardi nei pagamenti, la riduzione delle commesse e le difficoltà di programmazione, ha sottolineato, rischiano di esporre le aziende a una crisi di liquidità tale da compromettere il pagamento degli stipendi e delle tredicesime. Un rischio immediato che rende necessarie risposte rapide da parte del legislatore.

Appello al Parlamento: “Approvare rapidamente il decreto”

Di fronte a questo scenario, Aigi ha rivolto un appello diretto alle istituzioni affinché il decreto sulla continuità venga approvato con urgenza. «I tempi tecnici potrebbero non essere compatibili con la gravità della situazione» ha avvertito Convertino, chiedendo una accelerazione dell’iter parlamentare per evitare che l’indotto si trovi senza strumenti di supporto proprio nel momento più critico.
L’obiettivo, nelle parole dell’associazione, è duplice: garantire la sopravvivenza delle imprese e tutelare la stabilità occupazionale, evitando il rischio di una crisi sociale di larga scala che finirebbe per travolgere non solo Taranto, ma l’intera filiera nazionale dell’acciaio.

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