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Liberati i quattro parlamentari italiani. La flotilla svela le faglie del Mediterraneo

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Liberati i quattro parlamentari italiani. La flotilla svela le faglie del Mediterraneo

Con il rilascio dei quattro parlamentari italiani fermati dalla marina israeliana mentre tentavano di raggiungere Gaza a bordo della flottiglia umanitaria, il confronto fra Roma e Tel Aviv evita per ora di trasformarsi in incidente diplomatico. Marco Croatti, Annalisa Corrado, Arturo Scotto e Benedetta Scuderi sono stati trasferiti all’aeroporto Ben Gurion e nelle prossime ore rientreranno in Italia. L’ambasciata a Tel Aviv rivendica il risultato come frutto di un intenso lavoro di mediazione.

Liberati i quattro parlamentari italiani. La flotilla svela le faglie del Mediterraneo

L’episodio, tuttavia, non si chiude con la restituzione dei nostri rappresentanti. Restano sotto custodia decine di attivisti, in larga parte stranieri, mentre una singola imbarcazione – la “Marinette” – continua a dirigersi verso la Striscia sfidando il blocco navale israeliano. La vicenda mette in luce come il mare, un tempo via di scambio, sia divenuto frontiera militarizzata e nuovo campo di battaglia politica.

Il Mediterraneo come linea di contenimento

Dal 2007, anno in cui Israele impose il blocco navale su Gaza, le acque prospicienti la Striscia hanno cessato di essere neutre. Chiunque vi tenti di attraccare senza il consenso di Tel Aviv diventa oggetto di respingimento o abbordaggio. L’operazione contro la flottiglia è dunque coerente con la strategia israeliana di controllo delle vie marittime.

Ma l’eco di queste azioni supera l’ambito operativo. L’abbordaggio di civili in acque internazionali solleva dubbi di legittimità giuridica e alimenta la narrativa di un assedio che priva Gaza di ogni sbocco esterno. La condanna espressa dall’Onu e le prese di posizione di alcune capitali europee – Madrid in testa – riflettono questa tensione fra principio di sicurezza e libertà di navigazione.

Ankara e Roma, ruoli opposti ma convergenti

La Turchia, promotrice di parte della flottiglia, utilizza l’episodio per riaffermare la propria funzione di protettrice dei palestinesi e per guadagnare spazio d’influenza in un Mediterraneo orientale da cui era stata parzialmente marginalizzata. Erdogan ammonisce: “Non si torca un capello agli attivisti”.

L’Italia, per ragioni diverse, si muove anch’essa per evitare l’escalation. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiesto a Israele di liberare i connazionali e di rispettare il diritto umanitario, evitando però toni di rottura che potessero compromettere la cooperazione bilaterale. Il successo nel riportare a casa i quattro parlamentari offre a Roma un dividendo diplomatico, ma non scioglie il nodo di fondo: la partecipazione di cittadini italiani a un’iniziativa percepita da Tel Aviv come minaccia alla propria sicurezza.

Il mare come campo di battaglia della legittimità

Israele considera il blocco navale strumento indispensabile a impedire il contrabbando di armi a Hamas. Per il movimento islamista, e per i gruppi che ne sostengono la causa, ogni barca che cerca di attraccare a Gaza diventa prova vivente dell’assedio e veicolo di legittimazione internazionale.

La liberazione dei parlamentari italiani rappresenta un gesto tattico: evita a Israele di incrinare i rapporti con un partner europeo e con l’Unione. Ma non modifica la linea strategica: nessuna nave non autorizzata dovrà entrare a Gaza. Il mare resta dunque zona cuscinetto e barriera politica.

Roma fra piazze interne e vincoli geopolitici

La crisi è esplosa mentre in Italia montano le proteste per la guerra e lo sciopero generale contro il conflitto. Il governo Meloni si trova a bilanciare due pressioni: da un lato, l’esigenza di salvaguardare i rapporti con Israele e con gli Stati Uniti; dall’altro, la richiesta di settori dell’opinione pubblica e dell’opposizione di assumere una postura più critica verso Tel Aviv.

Il rientro dei parlamentari permette all’esecutivo di presentarsi come difensore degli interessi nazionali senza incrinare le alleanze. Ma la vicenda segnala che la guerra israelo-palestinese non è più confinata al Medio Oriente: proietta le sue fratture sul Mediterraneo e sul cuore della politica europea.

Un equilibrio instabile


Nelle prossime ore la sorte degli altri attivisti e dell’ultima nave in mare dirà se il rilascio odierno sarà preludio di una de-escalation o semplice parentesi. La gestione israeliana della flottiglia indica una linea di chiusura destinata a protrarsi. Ankara e parte dell’opinione pubblica europea ne faranno occasione di pressione politica.

Per l’Italia, la prova non è finita: aver recuperato i propri rappresentanti è un successo immediato, ma il vero banco di prova sarà come tradurre quell’esito in una strategia coerente nel Mediterraneo, teatro in cui si intrecciano sicurezza, umanità e influenza.

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