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Gaza sotto le bombe, Tajani: “Israele ha vinto, ora basta”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Gaza sotto le bombe, Tajani: “Israele ha vinto, ora basta”
La guerra a Gaza entra in una nuova fase, ma è ancora lontana da una vera e propria fine. Nelle ultime 48 ore, l’esercito israeliano ha colpito duecento obiettivi all’interno della Striscia, con particolare intensità su Gaza City e Jabalia. Tra i bersagli principali, una scuola utilizzata come rifugio da palestinesi sfollati, dove – secondo fonti dell’Idf – si sarebbero trovati “terroristi di alto livello”. Il bilancio, fornito da fonti di Hamas, è drammatico: almeno 33 morti. A Jabalia, un bombardamento su un’abitazione ha provocato altre 19 vittime, aggravando ulteriormente il conto delle perdite civili in un conflitto che si trascina da mesi e che ormai vede un’intera popolazione stremata.

Gaza sotto le bombe, Tajani: “Israele ha vinto, ora basta”

A farsi interprete di un’esigenza ormai sempre più condivisa anche nel campo occidentale è il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. “Israele ha vinto la guerra contro Hamas – ha dichiarato – ora bisogna fermarsi, la popolazione civile di Gaza sta soffrendo troppo”. Le parole di Tajani rappresentano una presa di posizione chiara, che mira a sollecitare un cambio di passo nella strategia militare israeliana. Un messaggio che si aggiunge a quelli di altri leader internazionali preoccupati per l’escalation e per l’impatto umanitario che sta assumendo dimensioni insostenibili.

Trump pronto ad annunciare un cessate il fuoco?

Nel frattempo, da fonti vicine a Sky News Arabia emerge un’indiscrezione che potrebbe cambiare lo scenario diplomatico. L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che da settimane tiene banco anche nella politica estera, in vista delle elezioni americane – sarebbe pronto ad annunciare a breve un’iniziativa per il cessate il fuoco. Si tratterebbe, secondo quanto trapelato, di un’azione autonoma ma di forte impatto, volta a influenzare le mosse israeliane e a guadagnare terreno nell’opinione pubblica americana e internazionale. L’eventuale presa di posizione di Trump andrebbe letta sia come gesto politico che come parte integrante della sua strategia elettorale.

Un conflitto senza fine e il dilemma della vittoria

Le dichiarazioni di Tajani e le indiscrezioni su Trump arrivano in un momento di particolare confusione strategica. L’idea che Israele abbia “vinto” la guerra non trova concordi molti osservatori. La distruzione di gran parte delle infrastrutture di Hamas non significa necessariamente la pacificazione dell’area o la neutralizzazione definitiva dell’organizzazione. Il numero di vittime civili, la catastrofe umanitaria e il collasso di un’intera società gettano ombre sul significato stesso della parola “vittoria”.

La scuola bombardata e le responsabilità divergenti

Il raid che ha colpito la scuola a Gaza City solleva interrogativi particolarmente delicati. L’esercito israeliano parla di un’operazione mirata contro “terroristi di alto livello”, ma le immagini che circolano – così come le testimonianze locali – parlano di una strage di civili. Il bilancio fornito da Hamas, benché da prendere con cautela, contribuisce a rafforzare le denunce internazionali sulla sproporzione dell’uso della forza. Le Nazioni Unite non si sono ancora espresse ufficialmente sull’attacco, ma il tema dell’utilizzo di scuole come rifugi resta un punto dolente del diritto internazionale umanitario in zone di guerra.

Il dibattito politico e le pressioni internazionali

A livello diplomatico, si moltiplicano le pressioni affinché Israele ponga fine alle operazioni su larga scala. Gli Stati Uniti, che fino ad oggi hanno mantenuto un profilo di sostegno cauto, stanno valutando la possibilità di un intervento più deciso. L’Europa è divisa: se da un lato vi sono paesi più intransigenti sulla sicurezza israeliana, dall’altro cresce la componente che chiede una pausa nei combattimenti per aprire un corridoio umanitario stabile. L’Italia, con le parole di Tajani, si posiziona nel solco di chi ritiene necessario un passo indietro per favorire la pace e scongiurare un disastro ancora maggiore.
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