Ex Ilva: prorogata la cassa integrazione per 3.000 lavoratori mentre si avvicina la cessione dell’azienda
- di: Jole Rosati

Cassa integrazione per un altro anno
Acciaierie d’Italia, precedentemente nota come Ilva, ha ottenuto una proroga di 12 mesi della cassa integrazione straordinaria per 3.062 dipendenti, a partire dal primo marzo 2025. L’accordo è stato raggiunto presso il Ministero del Lavoro dopo tre incontri tra le parti, in un clima più disteso rispetto al passato. Lo stabilimento maggiormente coinvolto è quello di Taranto, con 2.680 lavoratori interessati. L’intesa rappresenta una riduzione rispetto alla richiesta iniziale dell’azienda, che prevedeva di includere 3.420 dipendenti.
L’accordo prevede un’integrazione salariale da parte dell’azienda per garantire ai lavoratori il 70% della retribuzione annua. È stata inoltre confermata la rotazione della cassa integrazione, evitando sospensioni a zero ore. Un ulteriore incentivo per i dipendenti arriva sotto forma di un premio welfare una tantum, legato ai volumi di produzione di acciaio:
• 1% della retribuzione base al raggiungimento di 3 milioni di tonnellate;
• 2% per 3,5 milioni di tonnellate;
• 3% per 4 milioni di tonnellate.
Tale incentivo sarà erogato sotto forma di buoni spesa, come già avvenuto negli anni precedenti.
La posizione dei sindacati
I sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm, Usb e Ugl metalmeccanici hanno accolto positivamente l’accordo, seppur con alcune riserve. Lo considerano un passo avanti, ma non una soluzione definitiva, dato che l’intesa non è vincolante per la futura proprietà dell’azienda. I rappresentanti dei lavoratori sottolineano la necessità di un piano industriale chiaro e della tutela dell’occupazione, chiedendo al governo di mantenere un ruolo attivo nella transizione dell’azienda verso una nuova gestione.
“Abbiamo ottenuto garanzie su integrazione salariale e rotazione della cassa, evitando situazioni drammatiche per i lavoratori,” ha dichiarato il segretario generale della Fiom-Cgil, Michele De Palma. “Tuttavia, il nodo principale resta il futuro della società e la salvaguardia dell’occupazione.”
Verso la cessione: le offerte in campo
L’attenzione ora è rivolta all’incontro del prossimo 11 marzo a Palazzo Chigi, dove il governo fornirà aggiornamenti sullo stato delle trattative per la cessione dell’azienda. Tra i principali pretendenti all’acquisto di Acciaierie d’Italia vi sono due colossi dell’acciaio:
• Baku Steel Company, in partnership con Azerbaijan Investment Company;
• Jindal Steel International, gigante siderurgico indiano.
Entrambe le società hanno recentemente aumentato le loro offerte per l’acquisizione, intensificando la competizione per il controllo dello stabilimento tarantino e degli altri impianti dell’ex Ilva.
Il termine ultimo per la scelta del miglior offerente è fissato al 14 marzo. Secondo fonti vicine al dossier, il governo sta valutando attentamente le due proposte per garantire che il nuovo acquirente sia in grado di rilanciare la produzione e mantenere i livelli occupazionali.
Il ruolo dello Stato e le mosse del governo
Il governo italiano non esclude un coinvolgimento statale nella nuova compagine societaria. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso (foto), ha dichiarato: “Non escludiamo affatto che ci sia una partecipazione largamente minoritaria dello Stato” per accompagnare “il processo di rilancio produttivo”, qualora “gli attori dovessero chiederlo”.
Nel frattempo, la Commissione Industria del Senato ha dato il via libera al decreto sulla continuità produttiva e occupazionale degli stabilimenti di Acciaierie d’Italia. Il provvedimento, che include un fondo destinato alle bonifiche ambientali, sarà discusso a breve in Aula. L’obiettivo del decreto è garantire la stabilità dell’azienda durante la fase di transizione e fornire gli strumenti per il rilancio dell’industria siderurgica nazionale.
Le sfide future per Acciaierie d’Italia
Nonostante l’accordo sulla cassa integrazione e l’avanzamento delle trattative per la cessione, il futuro di Acciaierie d’Italia rimane incerto. La transizione verso un nuovo assetto societario dovrà affrontare diverse sfide:
• Rilancio della produzione: il nuovo investitore dovrà garantire un incremento della capacità produttiva, oggi inferiore ai livelli pre-crisi;
• Sostenibilità ambientale: la decarbonizzazione dell’acciaieria di Taranto è una questione cruciale, con pressioni europee e locali per ridurre l’impatto ambientale dell’impianto;
• Occupazione e welfare: la garanzia dei posti di lavoro resta una priorità per i sindacati e per il governo, con l’obiettivo di evitare esuberi e tagli salariali.
La prossima settimana sarà determinante per il futuro di Acciaierie d’Italia. L’esito dell’incontro a Palazzo Chigi e la decisione finale sulla cessione definiranno le sorti di un’azienda strategica per l’industria italiana ed europea.