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Ocse, “Uno sguardo sull’istruzione 2024”: in Italia le disuguaglianze educative si trasmettono per generazioni

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Ocse, “Uno sguardo sull’istruzione 2024”: in Italia le disuguaglianze educative si trasmettono per generazioni

Secondo il nuovo rapporto dell’Ocse Uno sguardo sull’istruzione 2024 (Education at a Glance), pubblicato a settembre, l’Italia continua a mostrare una delle forme più persistenti di disuguaglianza sociale: quella legata al livello di istruzione. I dati mettono in evidenza come il titolo di studio dei genitori influenzi in modo determinante le prospettive formative dei figli, dando origine a un divario che si trasmette di generazione in generazione e che, nel caso italiano, risulta persino più marcato della media dei Paesi membri.

Ocse pubblica il rapporto “Uno sguardo sull’istruzione 2024”

Il rapporto fotografa una situazione in cui il capitale educativo familiare pesa quasi come un destino. Tra i giovani adulti italiani di età compresa tra i venticinque e i trentaquattro anni, il 63 per cento di chi ha almeno un genitore laureato riesce a completare un percorso di istruzione terziaria. Quando invece i genitori non hanno conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, la percentuale scende bruscamente al 15 per cento. Si tratta di un divario di quarantotto punti percentuali, superiore alla media Ocse di quarantaquattro, che mostra con chiarezza quanto la provenienza sociale condizioni le possibilità di accesso all’università e alle qualifiche più alte. In altre parole, in Italia il merito individuale continua a essere fortemente condizionato dalle opportunità culturali ed economiche del contesto familiare.

Segnali positivi nella lotta alla dispersione
Nonostante questo quadro critico, il documento evidenzia anche progressi significativi. Tra il 2019 e il 2024 la quota di giovani adulti senza un diploma di scuola secondaria di secondo grado è passata dal 24 al 19 per cento. È un calo di cinque punti che indica una riduzione dell’abbandono scolastico precoce, fenomeno che storicamente affligge l’Italia e che costituisce una delle principali cause della bassa mobilità sociale. Il miglioramento è stato reso possibile da politiche di contrasto alla dispersione e da un’attenzione crescente agli studenti più fragili, anche se i risultati non sono ancora sufficienti a colmare il gap con altri Paesi europei.

Italia indietro nell’istruzione terziaria
Il confronto internazionale resta impietoso. Nel 2023 solo il 30,6 per cento dei giovani italiani possedeva un titolo universitario, contro una media europea del 43,1 per cento. La distanza è ancora più evidente se si considerano i Paesi del Nord Europa, dove oltre la metà dei giovani adulti raggiunge un titolo di studio terziario. L’Italia, dunque, non solo parte da una condizione di forte divario intergenerazionale, ma mostra anche un livello complessivo di istruzione terziaria tra i più bassi del continente. Ciò ha conseguenze dirette sulla competitività economica e sulla capacità del Paese di adattarsi alle trasformazioni tecnologiche e occupazionali in atto.

Investimenti ancora troppo bassi
Un altro aspetto sottolineato dal rapporto riguarda le risorse destinate al settore educativo. L’Italia spende circa il 4 per cento del proprio prodotto interno lordo per l’istruzione, contro una media Ocse del 4,9 per cento. La differenza può sembrare minima, ma in realtà traduce miliardi di euro di spesa in meno rispetto a Paesi comparabili. Risorse limitate significano meno sostegno agli studenti, infrastrutture scolastiche spesso obsolete, minori opportunità di formazione continua per i docenti e difficoltà nell’innovazione didattica. Tutto ciò finisce per amplificare le disuguaglianze già esistenti e per frenare l’espansione del numero di laureati.

Una sfida per il futuro
Il quadro delineato da Uno sguardo sull’istruzione 2024 presenta dunque luci e ombre. Da un lato emerge il segnale incoraggiante della riduzione della dispersione scolastica, che dimostra come gli interventi mirati possano produrre risultati concreti. Dall’altro lato resta la forte dipendenza delle opportunità formative dalle condizioni familiari di partenza, un problema che rischia di limitare la mobilità sociale e di ridurre la capacità del Paese di valorizzare i talenti. L’Italia si trova quindi di fronte a una sfida cruciale: aumentare gli investimenti, ridurre le disuguaglianze e rafforzare il ruolo della scuola come motore di emancipazione. Senza un deciso cambio di passo, il rischio è che le distanze educative rimangano una costante, condizionando per decenni le possibilità di crescita individuale e collettiva.

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