La procura di Genova spazza la ''Liguria felix'' di Giovanni Toti

- di: Redazione
 
Quando si parla di corruzione si pensa immediatamente a quello stretto sentiero che divide, ma anche unisce, chi comanda e quindi decide e chi, imprenditore, spera che la decisione lo favorisca, camminando tangenzialmente rispetto alla legalità.
Sapere che oggi Giovanni Toti, presidente della Giunta regionale della Liguria, è accusato di corruzione non è solo un colpo all'uomo politico, ma anche la cancellazione istantanea di un modello, quello appunto da lui creato, che portava la Liguria come esempio di buon governo o, se più aggrada, di una Regione che lavora per i cittadini, anche quando - come per il crollo del viadotto Polcevera, che causò la morte di 43 persone - si è trovata a fronteggiare emergenza enormi.

La procura di Genova spazza la ''Liguria felix'' di Giovanni Toti

Un modello che però, dicono i magistrati della procura genovese, era soprattutto un sistema che, ruotando intorno alla Regione e al potere che gestisce, era diventato (o sarebbe diventato, lo diranno il tempo e le sentenze) un collettore nel quale andava a finire di tutto: l'ambizione personale, l'esercizio spregiudicato del potere, gli interessi dei privati, il disprezzo per il bene comune, le ''piccole cose'' di cui si nutrono i ''piccoli uomini'' (regali e, come si dice ora, comodità varie ed eventuali).

Come sempre, alla base di questa inchiesta - in cui fa anche capolino Cosa nostra, che, tramite il capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, avrebbe garantito voti e influenze in occasione delle elezioni regionali passate in cambio di ''favori'' - , almeno a leggere quel che dell'ordinanza è oggi noto, ci sono le cose che rendono vulnerabile chi sta in cima alla piramide del potere, a cominciare dal seducente gusto di avere cose belle, in quantità industriale e nell'arco di molti anni, senza sborsare un centesimo.

Certo è grave se rispondesse al vero che Giovanni Toti abbia incassato oltre settantamila euro per un benevolo giudizio su pratiche che interessavano il terminalista Aldo Spinelli e il di lui figlio. Ma, alla stessa maniera, è grave il fatto che altri, sempre secondo i pm genovesi, abbiano accettato di tutto per favorire gli Spinelli.
Parliamo di Paolo Emilio Signorini, oggi amministratore delegato di Iren, ma finito sotto accusa per alcune decisioni prese quando era presidente dell'Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure Occidentale. Decisioni in un senso che sarebbero tornate indietro sotto forma di soggiorni in alberghi di gran lusso a Montecarlo, fiches da scommettere sul tavoli verdi con soldi di altri, borsette griffate, che certo non erano per il suo soddisfacimento personale.
Ecco, appunto, un ''sistema'' che secondo la Procura di Genova era forse bello da vedere dall'esterno, ma non necessariamente pulito.
Se questo è l'aspetto giudiziario - lungi ancora dall'essere definito, anche se l'indagine è andata avanti per anni -, diverso e forse ancora più complesso è quello politico perché Toti non è solo il presidente della Regione Liguria (sarà sospeso, ma il suo avvocato ha detto che non ci pensa nemmeno alle dimissioni assicurando che il ''governatore'' è in grado di spiegare tutto) , ma è anche stato un ascoltato consigliere di Silvio Berlusconi da quando, giornalista di Mediaset (di cui ha scalato i vertici, sino a dirigere il Tg4), ha cominciato a parlare direttamente all'orecchio del ''capo''.

La sua carriera in Forza Italia è stata all'insegna del successo, tanto che viene eletto dapprima parlamentare europeo (aprile 2014) e quindi (un anno dopo) presidente della Liguria. Lui che ligure non è (come dimostra la gaffe che, appena eletto presidente della Regione, fece collocando Novi Ligure, Comune del Piemonte, in Liguria).

Che poi si sia fatto un partito tutto suo è un fatto meramente strategico, visto che è stato considerato uno dei ''cervelli'' di Forza Italia. Cosa con cui oggi il partito di Silvio Berlusconi deve fare necessariamente i conti, anche se formalmente Toti si è affrancato dal partito, cercando di crearsene uno a sua misura, alleandosi oggi qui e domani là, come direbbe Patty Pravo. Con le elezioni europee alle porte, di tutto il centro-destra aveva bisogno meno che vedere un suo esponente di spicco finire ai domiciliari, da cui è stato traghettato direttamente da Ventimiglia, dove doveva partecipare alla conferenza di presentazione dell'ultima creatura della catena del Twiga di Flavio Briatore.
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