Russia-USA, nuovi colloqui a Istanbul ma la coalizione occidentale sull’Ucraina è in stallo
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Nel silenzio di una diplomazia che torna a muoversi dietro le quinte, una delegazione degli Stati Uniti ha fatto il suo ingresso nel consolato generale russo di Istanbul per una nuova tornata di colloqui con i rappresentanti del Cremlino. L’incontro avviene in un momento cruciale, mentre si cercano spiragli per il ripristino degli staff nelle rispettive sedi diplomatiche, ridotti all’osso a causa delle sanzioni e delle espulsioni incrociate seguite all’invasione dell’Ucraina. Il tavolo aperto in Turchia segna un timido riavvicinamento, dopo mesi di gelo nei contatti bilaterali. Ma non basta a sbloccare il dossier più urgente: quello delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina, al centro di un progetto europeo che sembra destinato a naufragare senza il supporto esplicito di Washington.
Russia-USA, nuovi colloqui a Istanbul ma la coalizione occidentale sull’Ucraina è in stallo
I colloqui di Istanbul si inseriscono in un quadro tecnico, ma dal significato simbolico rilevante. L’obiettivo immediato è ristabilire un minimo di operatività nei canali diplomatici tra le due potenze, colpiti dalla crisi più grave dai tempi della Guerra Fredda. Dopo le sanzioni, le espulsioni reciproche e la chiusura di sezioni consolari, la macchina diplomatica russo-americana è stata pressoché paralizzata. Il ritorno al dialogo, seppur circoscritto al personale, è interpretato dagli osservatori come un primo test per verificare se ci siano margini per ampliare il perimetro delle trattative, magari includendo temi più strategici come la gestione del conflitto in Ucraina o il controllo degli armamenti.
L’Europa spinge per una coalizione post-bellica, ma Washington non risponde
Nel frattempo, il piano franco-britannico per una “coalizione dei volenterosi” in Ucraina si scontra con un muro di silenzio. Secondo fonti riportate da Bloomberg, il progetto promosso da Parigi e Londra per costruire una forza di sicurezza multinazionale da dispiegare in territorio ucraino dopo un eventuale cessate il fuoco, rischia di fallire. Il motivo è l’assenza di un sostegno concreto da parte degli Stati Uniti, che non avrebbero ancora fornito alcuna garanzia formale né indicato un impegno militare o politico diretto. Il mancato ok della Casa Bianca frena il coinvolgimento di altri Paesi, disposti a partecipare solo in presenza di un ombrello di protezione credibile.
Una partita che si gioca tutta sulla credibilità
Il progetto della coalizione nasce da una consapevolezza: anche in caso di sospensione delle ostilità, l’Ucraina avrà bisogno di protezione per impedire una ripresa dei combattimenti o nuove minacce ai suoi confini. Francia e Regno Unito si sono fatti promotori di una missione che possa garantire un minimo di deterrenza militare e una cornice diplomatica stabile per l’attuazione di eventuali accordi di pace. Tuttavia, senza l’adesione americana, l’intero impianto rischia di mancare di legittimità e forza operativa. Altri Stati europei, dalla Germania alla Polonia, osservano con attenzione ma esitano a esporsi senza la copertura di Washington.
La crisi di fiducia tra le capitali atlantiche
Dietro lo stallo si intravede una crisi di fiducia che va ben oltre l’Ucraina. L’amministrazione Trump, non nuova a un approccio isolazionista, appare reticente a impegnarsi in nuove iniziative militari a lungo termine, soprattutto alla vigilia di un’elezione presidenziale che potrebbe riscrivere gli equilibri della politica estera americana. Allo stesso tempo, i governi europei si interrogano sulla sostenibilità di un ruolo autonomo nella gestione delle crisi globali. Il caso ucraino mette in evidenza i limiti strutturali della difesa comune europea, ancora priva di una catena di comando unica e dipendente dalla NATO per la sua effettiva capacità di deterrenza.
Il ruolo di Ankara e la diplomazia del possibile
Che i colloqui tra USA e Russia si tengano a Istanbul non è casuale. La Turchia si conferma come uno dei pochi attori ancora in grado di parlare con entrambe le parti, grazie a una rete diplomatica flessibile e a una posizione geografica centrale. Ankara ha già svolto un ruolo cruciale nei negoziati sul grano e nella gestione dei rapporti con la Crimea, muovendosi su un crinale delicato tra NATO e alleanze regionali. L’apertura di un tavolo tecnico, seppur su questioni amministrative, potrebbe preludere a uno spazio negoziale più ampio, in cui la Turchia agisca da intermediario neutrale o facilitatore.
Lo scenario resta incerto, ma ogni contatto conta
La situazione resta fluida e priva di garanzie. Tuttavia, in un contesto segnato da diffidenza reciproca e recrudescenza del confronto militare sul campo, anche un colloquio apparentemente marginale può rappresentare una breccia. Il ritorno al dialogo, anche su aspetti logistici come il personale diplomatico, serve a mantenere aperto un filo di comunicazione che può diventare decisivo nel caso emergano finestre negoziali più ampie. Per ora, la coalizione dei volenterosi resta bloccata, e l’Ucraina continua a essere il terreno di scontro simbolico e materiale tra due visioni del mondo.