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Salario minimo, via libera dal Senato: delega al governo per ridisegnare la retribuzione

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Salario minimo, via libera dal Senato: delega al governo per ridisegnare la retribuzione

Con 78 voti favorevoli, 52 contrari e nessun astenuto, il Senato ha approvato la legge che delega il governo a intervenire in materia di salario minimo e contrattazione collettiva. Si tratta di un passaggio chiave, che consegna all’esecutivo lo strumento legislativo per affrontare uno dei nodi più divisivi del mercato del lavoro italiano. Il dibattito in Aula è stato acceso, segno che la questione non riguarda solo la tecnica retributiva, ma la visione complessiva del rapporto tra imprese, sindacati e politica.

Salario minimo, via libera dal Senato: delega al governo per ridisegnare la retribuzione

La delega non introduce direttamente una soglia minima di retribuzione, ma attribuisce al governo la facoltà di definire criteri e parametri entro i quali collocare un intervento. Si parla di individuare un livello di paga oraria adeguato, in grado di tutelare i lavoratori più esposti al dumping contrattuale, ma senza rompere l’impianto della contrattazione collettiva nazionale. L’equilibrio è delicato: da un lato l’esigenza di garantire un salario dignitoso, dall’altro la necessità di non irrigidire un sistema che si fonda storicamente sul ruolo delle parti sociali.

Le reazioni delle parti sociali

I sindacati hanno accolto con cautela la decisione. La Cgil continua a chiedere un salario minimo legale fissato per legge, mentre Cisl e Uil insistono sulla centralità dei contratti collettivi, temendo che una soglia rigida possa indebolire la contrattazione. Sul fronte imprenditoriale, Confindustria ribadisce le proprie perplessità: l’idea di un salario minimo generalizzato rischia, secondo Viale dell’Astronomia, di appiattire le dinamiche settoriali e di penalizzare le imprese che investono in produttività e innovazione. Le associazioni delle piccole e medie imprese chiedono invece un intervento calibrato che tenga conto delle specificità territoriali.

Le implicazioni economiche
La scelta del Senato apre un cantiere complesso. L’Italia è uno dei pochi Paesi europei senza una soglia minima stabilita per legge, affidandosi quasi interamente alla contrattazione. La Commissione europea ha più volte sollecitato gli Stati membri ad adottare strumenti per garantire retribuzioni adeguate, soprattutto in settori dove la copertura contrattuale è più debole. La delega al governo rappresenta quindi anche un segnale verso Bruxelles, che monitora con attenzione il rispetto dei criteri fissati dalla direttiva sul salario minimo adeguato. Sul piano macroeconomico, l’impatto potenziale riguarda i consumi interni, la competitività e la sostenibilità dei bilanci aziendali.

Prospettive e rischi
Il governo Meloni si trova ora davanti a un bivio: tradurre la delega in un intervento rapido e incisivo o rinviare la definizione concreta dei parametri, rischiando di trasformare la legge in un guscio vuoto. La sfida è duplice: dare risposte a milioni di lavoratori che chiedono un reddito più equo e, al tempo stesso, rassicurare il tessuto produttivo. Un equilibrio difficile, che richiede non solo tecnica legislativa ma anche capacità di mediazione politica. La posta in gioco è alta: dal salario minimo dipende una parte significativa della credibilità economica e sociale dell’esecutivo, in un Paese che vede crescere la forbice tra lavoro povero e profitti d’impresa.

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