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Stiamo privatizzando la sanità? Per ora no, ma il futuro è incerto

- di: Giuseppe Castellini
 
Stiamo privatizzando la sanità? Per ora no, ma il futuro è incerto

“La privatizzazione della sanità può essere intesa sia come un aumento del peso della spesa privata sul totale della spesa sanitaria (a scapito del ruolo del pubblico) sia come un aumento del coinvolgimento dei fornitori privati nella produzione di servizi sanitari”.
Inizia così la nota dell’Osservatorio Conti pubblici Italiani (Ocpi)  - istituito presso l’Università Cattolica di Milano e già diretto da Carlo Cottarelli, mentre attualmente il diretto è Giampaolo Galli, ex Direttore Generale di Confindustria – che si focalizza sulla prima dimensione, valutando l’evoluzione della spesa sanitaria privata e pubblica nei Paesi OCSE, con particolare attenzione all’Italia.

Stiamo privatizzando la sanità? Per ora no, ma il futuro è incerto

Nel 2022, la spesa sanitaria pubblica italiana in percentuale al Pil (6,7%) era in linea con la media OCSE ma inferiore ad altri Paesi europei come Germania (10,9%) e Francia (10,1%). La spesa privata italiana, invece, era leggermente superiore alla media (sempre in percentuale al Pil) ma più alta rispetto a Francia e Germania e inferiore a Paesi come Stati Uniti e Spagna. In termini di incidenza sul totale, il peso della spesa sanitaria privata in Italia è rimasto pressoché costante negli ultimi vent’anni, ma con una tendenza alla riduzione che ha cambiato di segno dopo le crisi finanziaria e dei debiti sovrani.

C’è una “privatizzazione” del finanziamento della sanità?

La nota dell’Osservatorio Cpi rileva che, “nel 2022, la spesa privata in sanità in Italia ammontava a 44,9 miliardi di euro, mentre la spesa pubblica arrivava a 130,8 miliardi. Sul totale della spesa sanitaria, pari a 175,7 miliardi di euro circa (la somma delle due componenti), la spesa privata corrispondeva al 25,6% , un valore in linea con la media OCSE (24,4%), ma comunque più elevato di molti altri Paesi europei come Francia (15,3%) e Germania (13,3%) e degli stessi Stati Uniti (16,4%). Il caso italiano è simile a quello della Spagna e del Belgio, Paesi dove circa un quarto della spesa sanitaria totale è coperta da fondi privati”.

Guardando alla serie storica, continua l’Osservatorio, “appare chiaramente che la spesa privata rispetto alla spesa totale in Italia è rimasta pressoché invariata rispetto a un ventennio fa e, anzi, è leggermente diminuita: dal 28,7% del 1995 siamo infatti passati al 25,6% del 2022. Difficile, con questi numeri, sostenere che oggi stiamo “privatizzando” il finanziamento della sanità”.

Tuttavia, si noti come il segno delle variazioni è cambiato nel tempo: alla fine degli anni Novanta, l’incidenza della spesa privata andava via via decrescendo; dal 2010 in avanti, invece, si è avuta un’inversione di tendenza e l’incidenza della spesa privata sulla spesa totale ha cominciato a crescere di nuovo. Una possibile spiegazione è il rallentamento della crescita del finanziamento pubblico dovuto alle crisi (finanziaria e dei debiti sovrani) e al rallentamento della crescita economica successivo a queste due crisi.

“Quest’ultima osservazione – afferma l’Osservatorio Cpi - suggerisce una riflessione per quello che è lecito attendersi: se la crescita economica non riprende vigorosa sarà complicato per il governo riuscire a trovare risorse pubbliche per rispondere alle tendenze al rialzo della spesa sanitaria, per l’invecchiamento della popolazione e il progresso tecnologico. In questo caso, con il trend di aumento del peso del finanziamento privato che sembra essere destinato ineluttabilmente a continuare, il rischio di ‘privatizzare’ la sanità è reale”.

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