Nel 2024, oltre 123 milioni di persone nel mondo vivono in condizioni di sradicamento forzato, costrette ad abbandonare le proprie case a causa di guerre, violenze, persecuzioni o disastri ambientali. È il dato scioccante contenuto nell’ultimo rapporto “Global Trends” dell’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Oltre 123 milioni di sfollati nel mondo, l’allarme dell’UNHCR sui tagli agli aiuti
Il documento, pubblicato oggi, mette in guardia la comunità internazionale: senza un’inversione di rotta nelle politiche di cooperazione e di aiuto umanitario, la cifra è destinata ad aumentare. L’Italia e l’Europa, avverte l’agenzia, potrebbero dover affrontare nei prossimi mesi un incremento dei flussi migratori, anche a causa dei drastici tagli agli aiuti internazionali operati da numerosi Paesi occidentali.
I numeri dell’esodo globale: un fenomeno senza precedenti
L’aumento delle persone costrette a lasciare la propria terra rappresenta un trend inarrestabile da oltre un decennio. Secondo i dati forniti dall’UNHCR, negli ultimi cinque anni si è assistito a un’accelerazione marcata, trainata da nuove guerre, in particolare quella in Ucraina, dalla recrudescenza di conflitti in Africa – come in Sudan, Etiopia, Sahel – e dall’aggravarsi della crisi climatica, che ha colpito duramente Paesi vulnerabili in Asia e America Latina. Il totale di 123 milioni di sfollati comprende sia i rifugiati ufficialmente riconosciuti sia gli sfollati interni, che rappresentano una quota crescente del totale. L’agenzia segnala anche un aumento delle richieste d’asilo in Europa, con Italia, Germania e Francia tra i principali Paesi di destinazione.
Tagli agli aiuti: un rischio per la stabilità globale
La denuncia principale contenuta nel rapporto riguarda la drastica riduzione dei fondi destinati all’assistenza umanitaria. Negli ultimi dodici mesi, diverse nazioni donatrici, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e alcune realtà europee, hanno ridimensionato i budget per gli aiuti, destinandoli ad altre priorità interne. Secondo l’UNHCR, questo sta provocando il collasso di interi programmi di assistenza in zone critiche, come il Libano, la Giordania, il Bangladesh e il Corno d’Africa. In questi territori, milioni di rifugiati si trovano ora senza accesso regolare a cibo, cure mediche e protezione, con effetti devastanti sulla coesione sociale. Il rischio – evidenzia il rapporto – è che queste persone decidano di intraprendere viaggi più lunghi e pericolosi verso l’Europa, accentuando la pressione sui Paesi di primo ingresso come l’Italia.
Le nuove rotte della disperazione e le risposte insufficienti
Il rapporto “Global Trends” evidenzia un cambiamento nelle rotte migratorie. Oltre al Mediterraneo centrale, teatro da anni di tragedie umane, si sta rafforzando il percorso balcanico, spesso percorso a piedi da intere famiglie in cerca di una vita dignitosa. Cresce anche la pressione sulla frontiera orientale dell’Europa, con arrivi dalla Siria attraverso la Turchia, ma anche da Afghanistan, Pakistan e Iran. L’UNHCR sottolinea come il sistema europeo di accoglienza sia ancora troppo frammentato e dipendente da logiche emergenziali, incapace di garantire standard omogenei di protezione e inclusione. In Italia, nonostante il grande impegno di alcune realtà territoriali e del terzo settore, si registra un peggioramento delle condizioni nei centri di accoglienza, soprattutto per i minori non accompagnati e le famiglie vulnerabili.
Un appello alla responsabilità collettiva e alla memoria storica
Nel presentare il rapporto, l’Alto Commissario Filippo Grandi ha lanciato un appello accorato: “Oggi più che mai è fondamentale ricordare che i rifugiati non sono numeri, ma persone in cerca di sicurezza. L’indifferenza e i tagli agli aiuti non fanno che aggravare l’instabilità globale”. Grandi ha anche richiamato la necessità di un impegno condiviso tra Stati, ricordando che “nessun Paese può affrontare da solo una crisi umanitaria di queste dimensioni”. Il messaggio non è solo rivolto ai governi, ma anche alle opinioni pubbliche: accogliere e proteggere non significa rinunciare alla sicurezza, ma riconoscere il diritto umano più elementare, quello alla vita.
L’Italia tra frontiera e solidarietà
Per l’Italia, che si trova al centro del Mediterraneo e che continua a essere uno dei principali punti di approdo per chi fugge dalla guerra e dalla fame, il rapporto dell’UNHCR è un promemoria severo. Se da un lato il governo rivendica il controllo dei flussi e il dialogo con i Paesi di origine e transito, dall’altro l’incremento delle presenze nei centri di prima accoglienza e l’affanno del sistema di protezione umanitario pongono interrogativi concreti. In assenza di una vera politica europea comune e solidale, il rischio è che la questione migratoria venga gestita solo in termini repressivi o emergenziali, perdendo di vista le sue cause profonde. Il dato dei 123 milioni di sfollati, dunque, non può essere archiviato come statistica: è la cifra di un mondo che cambia, e di una responsabilità che nessun Paese può ignorare.