Le mire straniere su imprese italiane mettono a rischio la nostra sicurezza

- di: Diego Minuti
 
La relazione del Comitato parlamentare sui temi della sicurezza, al di là della periodicità con cui viene elaborata e resa nota, questa volta sembra segnare un salto di qualità nell'analisi della situazione del panorama italiano dal punto di vista finanziario, ed economico più in generale. Il nostro Paese sembra trovarsi al centro di manovre che ne sottolineano la "appetibilità" da parte di soggetti esteri, che peraltro da tempo si muovono in Italia sempre nel rispetto della liberalizzazione dei mercati, ma con tecniche di intrusione talmente sofisticate da apparire anche troppo manifestamente aggressive.

L'Italia, si sa (anche se questo è uno scudo dietro il quale spesso si rintaniamo per cercare di nascondere le oggettive debolezze del nostro sistema), "produce" eccellenze che non possono non essere appetite dall'estero. Ma se questo, da un lato, è motivo di vanto, dall'altro manifesta per intero il potenziale depauperamento del portafoglio di aziende in grado di potere operare come players mondiali.

Quanto denunciato dal Copasir nella sua relazione, in merito ai manifesti appetiti francesi nei confronti di UniCredit e Generali, è solo una tessera del mosaico che si è andato delineando negli ultimi decenni e che ha confermato, sebbene il Paese cerchi disperatamente di resistere alle lusinghe che vengono da oltre confine (ovvero: qui ci sono i soldi, più di quanto oseresti chiedere: vendi?), come alla fine è sempre incombente il rischio di vedere andare via pezzi importanti della nostra economia. Ma sino ad oggi in pochi avevano tradotto in termini di pericolo per la sicurezza nazionale le varie manovre che si agitano intorno alle nostre aziende di maggiore appeal internazionale, limitandoci a prendere atto che, se vendiamo, è perché siamo bravi e quindi invogliamo chi ha soldi a venire a comprare in casa nostra.

Ma un conto è vendere un marchio di alta moda, un altro è cedere pezzi importanti del nostro scacchiere finanziario, come nell'ipotesi di un passaggio di mano delle maggioranze azionarie di UniCredit e Generali che, avendo in portafoglio un enorme quantità di titoli di Stato, in caso di cessione li metterebbero in mani straniere.
E questo potrebbe essere un problema, anzi: sarebbe un problema serio.

Per meglio comprendere questo passaggio bisogna leggere con attenzione quanto scrive il Copasir, laddove afferma, basandosi sulla Relazione annuale della Banca d’Italia del maggio 2019 (su dati al 31 dicembre 2018) che "la percentuale di titoli di Stato italiani in possesso di investitori stranieri ammonta al 22,3 per cento (al netto dei titoli detenuti dall’Eurosistema, esclusa la Banca d’Italia, e di quelli nel portafoglio di gestioni patrimoniali e fondi comuni esteri riconducibili a risparmiatori italiani). Nello specifico, gli operatori istituzionali francesi sarebbero in possesso di 285 miliardi di euro di debito pubblico italiano, che al 31 dicembre 2019, secondo i dati della Banca d’Italia, ammontava complessivamente a 2.409 miliardi. Quindi, l’11,83 per cento è detenuto in mani francesi. L’attivismo francese sul fronte delle acquisizioni di istituti finanziari italiani continua, peraltro, ad essere costante".

Un quadro che invita alla riflessione, anche valutando che l'attuale contingenza, che viene scandita dai tempi della pandemia, ha evidenziato ancora di più alcune lacune del nostro sistema.
Le parole stesse che il Copasir usa nella sua relazione sono chiarissime e inequivocabili, dirette come sono verso chi governa la delicatissima fase della pandemia: non si intende certo interferire con le regole dell'economia di mercato, ma piuttosto "perseguire un efficace equilibrio fra il rispetto di tali regole (...) e la protezione dei primari interessi del Paese".

Ma a quali strumenti l'Italia potrebbe fare ricorso per tutelarsi, per porsi al riparo da manovre che mirino al suo "impoverimento", sia pure nel rispetto delle regole della finanza?
Secondo il Copasir, che si rivolge implicitamente al governo, occorre "mettere in campo una politica economica e industriale, intesa come capacità di incrociare la promozione di nuove attività con le aspettative della domanda, mediante l’utilizzo di nuove tecnologie, capitale umano ed economico in un quadro di condivisione tra Governo, Parlamento, parti sociali e opinione pubblica sugli sviluppi della struttura dell’economia, sull’impiego delle risorse pubbliche e sugli obiettivi di fondo".

Ma questo percorso presuppone che le istituzioni "si dotino di competenze e strumenti per affrontare tali nuove sfide, che non possono essere circoscritte esclusivamente al pur significativo perimetro finanziario, e che in ogni caso debbono essere sottoposte agli indirizzi e ai controlli delle istituzioni democratiche, quando ricorrono all’impiego di risorse pubbliche, anche considerando che ciò comporta l’utilizzo di spesa in deficit".

Alla base delle considerazioni, anche strategiche, del Copasir ci sono comunque delle preoccupazioni che riguardano "alcune operazioni di mercato che, anche attraverso nomine nei consigli di amministrazione, o comunque ai vertici di rilevanti istituti di credito, rischiano di favorire processi che non garantiscono il perseguimento degli interessi economici nazionali e possono quindi ledere la sicurezza del Paese, in termini di indipendenza e autonomia".
Quindi "sarebbe opportuno potenziare l’azione di monitoraggio permanente circa le attività finalizzate all’acquisto del controllo di società creditizie e assicurative italiane da parte di soggetti esteri".

Come si direbbe in linguaggio sportivo, ora la palla passa nel campo del Governo che, mai come in questo momento, dovrebbe essere attento alle dinamiche di una economia che si muove senza guardare a confini o a interessi nazionali. L'integrità di un Paese, soprattutto uno come il nostro, passa attraverso la messa in opera di strumenti che ne salvaguardino l'economia e la finanza, non esponendole ad attacchi che potrebbero nascondere fini ben diversi da quelli del profitto.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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