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Ue, stretta sulle truffe digitali: nel mirino Apple, Google, Microsoft

- di: Marta Giannoni
 
Ue, stretta sulle truffe digitali: nel mirino Apple, Google, Microsoft
Ue, stretta sulle truffe digitali: nel mirino Apple, Google, Microsoft

Bruxelles muove i pezzi: richieste ufficiali ai colossi tech per capire chi ferma i raggiri online — e chi rischia davvero.

La Commissione europea ha avviato una stretta operativa contro le truffe digitali, chiedendo chiarimenti a quattro piattaforme molto grandi: Apple, Google, Microsoft e Booking. Il dossier rientra nel perimetro del Digital Services Act e punta a verificare come le aziende impediscano che i propri servizi vengano usati per app bancarie fasulle, annunci ingannevoli e risultati di ricerca manipolati. Non è ancora un’indagine formale, ma è un passaggio che può aprire a procedimenti con multe fino al 6% del fatturato globale.

Che cosa chiede Bruxelles

L’esecutivo Ue ha inviato richieste dettagliate per capire quali strumenti di prevenzione, rilevazione e rimozione siano attivi contro le frodi. Si guarda ai filtri sugli store di app, alla qualità dei risultati dei motori di ricerca, ai meccanismi per scovare e oscurare annunci di alloggi inesistenti. L’obiettivo è misurare la trasparenza dei processi, l’efficacia delle segnalazioni degli utenti e la rapidità degli interventi correttivi.

Perché il tema è urgente

Le truffe online colpiscono milioni di persone e generano perdite ingenti ogni anno. A crescere non sono solo la quantità dei raggiri, ma anche la loro sofisticazione tecnica: pagine di phishing sempre più credibili, finti intermediari finanziari, campagne pubblicitarie fasulle che portano a pagamenti senza contropartita. In questo quadro, l’Europa vuole evitare che la tutela degli utenti resti una dichiarazione di principio.

La cornice del Digital services act

Il Dsa impone alle piattaforme molto grandi un sistema strutturato di valutazione dei rischi, mitigazione, trasparenza e audit indipendenti. Il pacchetto richiede anche report periodici, canali di segnalazione accessibili e una gestione attenta dei contenuti e dei servizi illegali, compresi quelli che sfruttano interfacce e pubblicità per ingannare gli utenti.

Le parole d’ordine: prevenire e rimuovere

“Vediamo che sempre più azioni criminali avvengono online. Dobbiamo assicurarci che le piattaforme digitali facciano davvero tutto il possibile per individuare e prevenire contenuti illegali”, ha dichiarato Henna Virkkunen, commissaria alla Sovranità tecnologica. Il messaggio è netto: non bastano policy sulla carta, servono sistemi che funzionano e risultati misurabili.

Possibili esiti e rischi

Se le risposte saranno complete e convincenti, il procedimento potrà chiudersi senza ulteriori passi, con l’impegno a rafforzare gli argini contro le frodi. In caso contrario, Bruxelles potrà aprire indagini formali e, se necessario, imporre sanzioni e obblighi aggiuntivi (per esempio audit rafforzati o modifiche tecniche). Sullo sfondo, il rischio di frizioni transatlantiche rimane: la regolazione europea potrebbe essere letta come misura ostile verso i gruppi statunitensi, con reazioni politiche e commerciali.

Che cosa cambia per utenti e mercato

Un’azione incisiva può ridurre l’esposizione a truffe, migliorare la qualità dei risultati online e rendere più affidabili gli annunci a pagamento. Ma l’asticella non va alzata in modo da penalizzare la concorrenza o generare falsi positivi che blocchino servizi legittimi. La partita si gioca sull’equilibrio: protezione efficace senza soffocare l’innovazione.

La vera verifica sarà nei numeri

Al di là delle risposte formali, a contare sarà il calo misurabile dei raggiri: meno app contraffatte, meno annunci-trappola, meno pagine fake che risalgono i risultati di ricerca. È questo, in ultima analisi, il termometro della credibilità del Dsa e del livello di responsabilità delle piattaforme. 

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