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New York senza Ultimo, finalmente

- di: Giulia Caiola
 
New York senza Ultimo, finalmente

A New York, quell’enorme esperimento urbano dove i sogni si mescolano allo smog con la stessa eleganza di un frappè al cemento, Jacqueline Di Giacomo si aggira come un personaggio appena fuggito da una telenovela… ma di quelle con budget alto e drammi calibrati con precisione chirurgica. Senza Ultimo. Senza figlio. Senza neppure una madre che le dica “copriti che fa freddo”. Solo lei e la metropoli, in un duello morale tra spaesamento e voglia di libertà.

New York senza Ultimo, finalmente

«Mi sono sempre sentita fuori posto», confessa fissando un grattacielo che, come tutti i grattacieli, ha la stessa capacità comunicativa di un frigorifero spento. Ma qualcosa cambia: forse l’aria, forse le luci, forse il tasso di caffeina ingerito. Fatto sta che a Manhattan le viene voglia di volare. Non metaforicamente: proprio volare. Spiccare il salto dal marciapiede come se improvvisamente avesse scoperto l’origine segreta dei suoi poteri — che non sono materni, né poetici, ma puramente acrobatici.

Intanto New York osserva la scena: i taxi gialli frenano appena, i piccioni alzano un sopracciglio perplesso, gli hot dog prendono nota. Qui anche le emozioni vengono tassate, ma Jacqueline sembra decisa a evadere ogni dazio sentimentale.

E dall’altra parte dell’oceano?
Ultimo, l’uomo capace di trasformare una colazione in una ballata struggente, risponde. Con un messaggio così carico di sentimento da rischiare di provocare un corto circuito nel server che lo ospita. Parole tenere, poetiche, talmente appiccicose che potrebbero tenere insieme due pezzi di parquet danneggiato. Lo leggi e senti immediatamente un violino aprire il suo cuore in modalità “colonna sonora di un addio all’aeroporto”.

Il pubblico dei social, ovviamente, esplode: chi applaude, chi sospira, chi decide di trasferirsi a New York nella speranza che anche a lui venga voglia di volare (o almeno di camminare per la Fifth Avenue con la stessa drammaticità).

Così, tra un “mi sento fuori posto” e un “amore ti penso sempre”, la storia si allunga come le ombre dei grattacieli al tramonto: un melodramma che flirta con la commedia, un reality senza telecamere, un viaggio spirituale sponsorizzato da Manhattan stessa, che tutto vede e tutto giudica.

E mentre la città continua a pulsare e Ultimo continua a poetare, Jacqueline forse vola.
O almeno ci prova.
Perché se c’è un posto dove è normale non essere normali, quello è proprio New York.

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