Vorrei...ma non posso: viaggio a puntate sul filo dello skill mismatch, dove domanda e offerta proprio non si incontrano.

- di: Claudio Ramoni
 
Inchiesta di Italia Informa sul mercato del lavoro e sulle nuove professioni emergenti in Italia. Intervista a  Zoltan Daghero, Managing Director di Gi Group Temp&Perm

Gi Group società di Gi Group Holding è una multinazionale italiana del lavoro - leader nel suo settore - che si occupa di Temporary, Permanent e Professional Staffing. Italia informa ha ascoltato il parere del suo Managing Director.

Dottor Daghero, come mai ancora oggi si registra uno scollamento tra Università e mondo del lavoro?

Il forte disallineamento delle competenze, il cosiddetto ‘skill mismatch’ che caratterizza il mondo del lavoro attuale, è in gran parte dovuto alle due transizioni che interessano il mercato, quella ecologica e quella digitale. In questo scenario in forte evoluzione, i programmi scolastici faticano a tenere il passo. L’evoluzione delle competenze richieste dalle aziende per rimanere competitive è molto più veloce delle tempistiche di aggiornamento dei programmi scolastici. È quindi cruciale favorire il dialogo tra questi due mondi. Come agenzia per il lavoro ricopriamo questo ruolo di intermediario, così come lanciamo progetti ed iniziative volti proprio a mettere in sinergia scuola, Università e impresa coinvolgendo i giovani o ancora studenti o subito dopo il diploma/laurea.  Un altro fenomeno che non aiuta a colmare questo gap è quello delle ragazze STEM (science, technology, engineering and mathematics ndr) e ancora più in generale degli stereotipi che contraddistinguono alcuni settori e alcune professioni, che ancora oggi vengono considerati appannaggio maschile. Questa tendenza, principalmente culturale, ha un impatto anche nella scelta dei percorsi di studi delle più giovani che ancora oggi in minoranza intraprendono una carriera universitaria – ma più in generale scolastica perché questo accade anche nella scelta della scuola superiore – in ambito informatico, matematico, ingegneristico e simili. Ambiti che però sono quelli a cui le aziende sempre più si rivolgono nella ricerca di talenti.

Oggi le aziende faticano a trovare il 40% delle figure professionali, un dato in ulteriore crescita rispetto ad appena 12 mesi fa.

Lo ‘skill mismatch’ è un fenomeno radicato nel mercato del lavoro italiano, che drena energie e risorse al mondo del lavoro rendendolo non sostenibile. Sicuramente l’accelerazione diffusa sulla digitalizzazione, come conseguenza dello scoppio della pandemia, ha portato ad un aumento della richiesta di profili in grado di supportare le aziende in questa fase e quindi ad un aggravarsi del mismatch. In Italia oggi ci sarebbe bisogno, per esempio, di almeno 10 volte tanto i profili informatici rispetto a quelli che ci sono in realtà, solo per fare un esempio. Oggi la sfida è quella da una parte di riqualificare lavoratori già sul mercato del lavoro, ma anche di attrarre e formare giovani o inattivi – nel nostro Paese ci sono circa 2 milioni di NEET – o con profili poco attrattivi per il mercato affinché migliorino la loro occupabilità, sviluppando quelle competenze richieste dalle aziende e possano così entrare o rientrare nel mondo del lavoro. Perseguire così come si è fatto finora non è più praticabile. Da una parte, le istituzioni dovranno sollecitare la revisione dei programmi scolastici e rafforzare i momenti di connessione e contaminazione fra scuola e mondo del lavoro (tirocini, stage, apprendistati), ma anche investire con determinazione sulla formazione e l’aggiornamento continuo delle competenze delle persone per renderle coerenti alle esigenze del mercato e alla sua evoluzione, finanziando con risorse pubbliche solo i corsi di migliore qualità in base al tasso di efficacia della formazione impartita.
Dall’altra, le Agenzie per il lavoro sono un attore strategico nel promuovere e favorire il “Lavoro Sostenibile” e quindi nel contribuire a colmare lo skill mismatch grazie alla capacità di supportare un efficace incontro fra domanda e offerta di lavoro, attraverso la profonda conoscenza dei profili richiesti dalle aziende, la capacità di valutare i candidati e la profonda conoscenza delle dinamiche del mercato del lavoro; orientare le persone nelle scelte professionali e sostenerle nell’inserimento nel mondo del lavoro adottando approcci diversificati per età (giovani/adulti), competenze (richieste dal mercato/non richieste dal mercato) ed expertise (alto/medio/basso); creare percorsi formativi ad hoc “efficaci” per qualificare e ri-qualificare le persone in coerenza alle reali esigenze del mercato creando, ad esempio percorsi diretti a formare competenze professionali che non si trovano sul mercato (Academy).

Quali sono le tendenze degli universitari, come si orientano i neolaureati?

A livello universitario, ancora oggi i Career Day sono momenti fondamentali per i giovani perché possono iniziare ad interfacciarsi con le aziende e con i player del settore HR, come Gi Group. In tal senso, quindi anche l’ufficio job placement degli atenei.
A questo strumento un po’ più tradizionale si affiancano mezzi e canali digitali. Mi riferisco quindi ai siti web delle aziende e delle agenzie per il lavoro, agli aggregatori e alle piattaforme come Tutored, con cui abbiamo condotto lo studio “Universitari e mondo del lavoro”. Infine, non posso non menzionare i social network, LinkedIn in primis, ma anche gli altri che vengono sempre più utilizzati dai giovani per informarsi e quindi anche per orientarsi in ambito lavorativo, così come dalle aziende per fare attività di talent attraction. A proposito di social, mi preme soffermarmi sul tema della web reputation, che invito i più giovani a curare maggiormente: da uno studio di Wyser (Gi Group Holding), l’80% degli ‘head hunter’ e recruiter effettua una ricerca online del candidato dopo aver ricevuto il suo curriculum vitae.

Dal vostro punto di vista privilegiato, quali potranno essere le professioni del domani? Quali i profili più richiesti?

I settori trainanti del mercato del lavoro sono Industry 4.0, Engineering, Telco, ICT, Logistica, GDO, Healthcare. Come già commentato sopra, stanno assumendo sempre più importanza quelle professionalità necessarie in un processo di digitalizzazione come quello che stiamo vivendo. Nell’ambito ICT, i profili più ricercati sono: Sviluppatore, Sistemisti ed Help Desk, specialisti in ambito big data, artificial intelligence e cybersecurity, Data Scientist, Data Analyst, BI Consultant. Sulla base della nostra esperienza, questi percorsi di carriera sempre più si rivolgono e intercettano laureati in Matematica, ma anche Statistica ed Economia Anche la transizione ecologica sta ponendo nuove sfide alle imprese e al Paese per cui sicuramente quelli che vengono definiti green job sono sbocchi occupazionali che mi permetto di consigliare a un giovane studente che è alle prese con la scelta del percorso di studi. Inoltre, la pandemia ha evidenziato una mancanza di profili in ambito sanitario, in primis infermieristico. Più in generale, registriamo una tendenza del mercato a una ricerca di profili specializzati e tecnici, che mancano sul mercato.
 
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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