Lo studio su “Nature” ribalta il termometro del progresso: miliardi senza diritti essenziali, mentre i Paesi ricchi spingono il pianeta oltre i limiti. Ora servono metriche “rigenerative e distributive”.
Nel ventunesimo secolo la ricchezza è esplosa, ma l’equilibrio sociale e ambientale si è incrinato. La nuova analisi della Doughnut Economics aggiorna a 35 indicatori il cruscotto che tiene insieme privazioni sociali e overshoot ecologico, misurando l’andamento dal 2000 al 2022. Il verdetto è netto: il Pil mondiale è più che raddoppiato, ma i diritti e i servizi essenziali avanzano troppo lentamente, mentre la pressione sugli ecosistemi accelera.
Un pianeta fuori asse, nonostante l’economia corra
I dati mostrano una sproporzione evidente: il 20% dei Paesi più ricchi (con il 15% della popolazione) genera oltre il 40% dei danni ambientali; il 40% più povero concentra oltre il 60% delle privazioni essenziali. Circa il 42% della popolazione mondiale resta priva di beni e servizi di base. Per sanare il divario sociale occorre quintuplicare il ritmo d’azione entro il 2030; sul fronte ambientale serve almeno raddoppiare la velocità di rientro nei limiti di sicurezza.
Perché “oltre il Pil” non è uno slogan
“Oltre il Pil” significa completare il Prodotto interno lordo con indicatori che misurino benessere umano e stabilità degli ecosistemi. Non si tratta di sostituire un numero, ma di cambiare il cruscotto con cui governi e imprese valutano le politiche. È qui che si gioca la credibilità delle strategie su clima, salute, lavoro e innovazione.
I limiti del pianeta non aspettano
Le evidenze sui confini planetari indicano diversi limiti già superati: clima, biosfera, nutrienti, acqua verde, sostanze pericolose e uso del suolo. L’acidificazione degli oceani sta entrando in una zona di rischio per barriere coralline e catene alimentari marine. Più tardi interveniamo, più i costi aumentano e l’efficacia delle correzioni diminuisce.
Cosa significa per le politiche economiche
Il punto non è “decrescere”, ma orientare la crescita. Servono tre priorità:
- Rigenerare i capitali naturali (suolo, acqua, biodiversità) con regole su nutrienti, chimica pericolosa e deforestazione.
- Distribuire valore e sicurezza sociale: sanità di base, istruzione, reti contro la povertà energetica e alimentare.
- Misurare il progresso con indicatori integrati (privazioni + overshoot) che affianchino il Pil nei documenti di finanza pubblica e nei bilanci aziendali.
“Il mondo è sbilanciato: serve un’economia progettata per garantire benessere umano e salute del pianeta”, osserva uno degli autori dello studio, Andrew Fanning. “L’ossessione per una crescita infinita del Pil, soprattutto nei Paesi ricchi, ci allontana da un futuro prospero: il segno del progresso sarà un’economia rigenerativa e distributiva”, aggiunge un altro autore, Kate Raworth.
Dove accelerare subito (e come misurarlo)
Energia e industria. Elettrificare consumi e produzioni con rinnovabili e reti digitali, segnali di prezzo su carbonio e inquinanti, indicatori di intensità materiale ed energetica nei conti aziendali.
Finanza pubblica. Introdurre budget verdi e sociali: investimenti obbligatori in sanità di base, acqua e servizi igienici, dove i progressi sono più rapidi quando le politiche sono mirate.
Governo dei dati. Integrare nei documenti programmatici nazionali cruscotti “safe & just” già sperimentati a livello locale, adattandoli al contesto italiano ed europeo.