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Assegno unico 2026, scattano gli aumenti: tetto a 204 euro per figlio

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Assegno unico 2026, scattano gli aumenti: tetto a 204 euro per figlio

La notizia è semplice: dal 1° gennaio 2026 l’Assegno unico per i figli sale in automatico con la rivalutazione Istat. L’importo massimo mensile passa da 201 a circa 204 euro per figlio, il minimo per chi non presenta Isee da 57,5 a ~58,5 euro. Non servono nuove domande; serve però l’Isee 2026 aggiornato, altrimenti si incassa il minimo fino alla regolarizzazione. L’Inps storicamente allinea i pagamenti rivalutati da marzo.

Assegno unico 2026, scattano gli aumenti: tetto a 204 euro per figlio

Il ritocco segue l’inflazione stimata (+1,6/+1,7%). Tradotto: più che un bonus è un paracadute sul potere d’acquisto. Se i prezzi corrono di pari passo, il beneficio reale è modesto. L’adeguamento, però, evita che l’assegno perda valore: nelle fasce più basse dell’Isee (fino a ~17,5 mila euro) si sale a ~204,4 euro; con Isee intermedi si oscilla tra ~160 e ~183 euro. Piccoli passi, ma costanti.

L’effetto sul bilancio pubblico
Nel 2025 l’Inps ha pagato l’assegno a oltre 5 milioni di famiglie per 11,5 miliardi nei primi sette mesi. Con la rivalutazione 2026 la spesa annua è attesa sopra i 12 miliardi. È un impegno strutturale: cresce anche senza nuove leggi, agganciato all’indice dei prezzi. Per il Tesoro è una dinamica “elastica”: in tempi di inflazione più alta, la spesa sale; se l’inflazione scende, il freno è automatico.

Chi guadagna davvero
L’impatto è più visibile per chi ha Isee valido e rientra nelle fasce basse (importo pieno) o beneficia delle maggiorazioni: disabilità (integrazioni stimate tra ~99 e ~123 euro), nuclei con almeno tre figli, madri under 21. Per chi non aggiorna l’Isee la perdita è doppia: si resta al minimo e si rischiano conguagli in ritardo.

Il nodo delle famiglie “ricche di liquidità, povere di tempo”

Una quota non marginale di nuclei salta l’aggiornamento DSU per mancanza di tempo/informazione e rinuncia così a una parte dell’assegno. È il paradosso dei “distracted earners”: redditi medio-bassi, poca dimestichezza burocratica, spesso figli piccoli. Il risultato è regressivo: i più fragili incassano meno di quanto spetti. Qui si gioca una politica dell’implementazione: promemoria digitali, DSU precompilata più spinta, appuntamenti facilitati presso patronati e Comuni.

Assegno unico, natalità e lavoro femminile
Sul lungo periodo la misura funziona se sostiene natalità e occupazione femminile. Gli aumenti indicizzati aiutano, ma non bastano: i costi “fissi” (nido, affitti, baby-sitting) crescono più dell’indice medio. L’assegno universale resta il pilastro cash, ma ha bisogno di due spalle: servizi (posti nido, tempo pieno) e conciliazione (congedi, flessibilità). Senza, l’aumento è una toppa, non un moltiplicatore.

La fotografia economica
La rivalutazione 2026 racconta un Paese che difende il reddito più che espanderlo. È una politica di manutenzione del potere d’acquisto in un ciclo di prezzi ancora “appiccicosi”. Per le famiglie è ossigeno, non sprint. Per i conti pubblici è un impegno che cresce piano ma sempre, da gestire con programmazione. La vera leva per trasformare questi euro in benessere duraturo resta fuori dall’indice: servizi per l’infanzia, casa accessibile, lavoro stabile. L’assegno può accompagnare; da solo, non cambia il finale.

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