Covid: tanta buona volontà, ma il cambio di passo non arriva

- di: Diego Minuti
 
Se, quando si vince, sono in tanti a prendersene i meriti, lo stesso non accade quando si perde o, come nel caso della lotta italiana alla pandemia, non si riesce a vincere. Non è che nel resto d'Europa, così come negli Stati Uniti, le cose vadano molto meglio perché, al netto delle diverse strategie per fermarlo, il virus resiste molto più di quanto lo si riteneva capace. Ma, restando a casa nostra, l'analisi è più complessa perché su come contrastare la pandemia è caduto un governo, riversando su quello che è venuto dopo una enorme quantità di speranze che, però, cominciano a vacillare. L'azione di contrasto alla pandemia, sino ad oggi, si è combattuta su due piani, quello sanitario e quello economico, sostenendo che il primo - una volta portato a buon fine - avrebbe risolto automaticamente il secondo.

Una teoria accettabile, solo che i tempi si stanno dilatando al punto che, anche a volere essere ottimisti, di soluzioni non se ne vedono a portata di mano nel breve periodo.
La campagna vaccinale sta andando avanti a strappi, a conferma che la materia è molto complessa interagendo su piani diversi: politico; economico, sociale, sanitario. Ed in questo "contenitore" eterogeneo di problemi ci sono anche quelli che sono stati generati dalle Regioni, i cui presidenti hanno agito troppo spesso in una autonomia che ha travalicato i limiti della ragionevolezza, a colpi di ordinanze che facevano a cazzotti non solo con la legge, ma anche con il buon senso.

Ma forse, a giustificazione di questa confusione (cui tanto hanno contribuito "esperti" che spesso hanno ingenerato speranze dimostratesi false o allarmismi esagerati a confronto con la realtà) , c'è da ammettere che si sono sentiti troppi annunci e troppe puntualizzazioni che hanno creato nella gente un aspettativa che i fatti oggi dimostrano esagerata. Anche perché l'arrivo di un esperto in questioni logistiche, come il generale Figliuolo, aveva fatto sperare che, nel volgere di pochi giorni, in tutt'Italia sarebbe stato un fiorire di strutture per portare avanti, a ritmi da record, la campagna vaccinale. Così non è stato, e ci sarebbe da aggiungere purtroppo, perché gli ostacoli non si superano con frasi ad effetto o mostrando, metaforicamente, i muscoli. Tra vaccini che non arrivano, tra ostacoli nell'organizzazione delle Regioni, tra dosi inoculate anche a chi forse non apparteneva ad una categoria essenziale, la campagna va avanti a ritmi certo inferiori alle speranze.

E quanto più i tempi di vaccinazione si dilatano, tanto più tardi si raggiungerà la condizione di immunità di gregge e quindi si tornerà ad una vita degna di tale nome. Confessiamo: tutti speravamo che la normalità o almeno una parvenza di essa sarebbe arrivata entro l'estate. Ora siamo costretti a guardare più in avanti nel tempo, con quel che ne consegue. Ma, nell'attesa, dallo Stato ci si devono attendere - meglio dire pretendere - risposte concrete, per lanciare un salvagente a chi sta annegando. Le riaperture, quando il virus ancora circola e fa vittime, oggi - visti i numeri della pandemia - appaiono però un azzardo, il classico rilancio al buio perché l'avversario tiene ben nascoste le sue subdole carte.

Ristoratori e categorie commerciali ad essi assimilabili, anche se giustificati dall'esasperazione, rischiano però di avere imboccato una strada che potrebbe dimostrarsi pericolosa. In una recente manifestazione, davanti a Montecitorio, tra centinaia di ristoratori che, seppure animatamente, protestavano, hanno fatto la loro comparsa strani figuri di nero vestiti, simili, nell'abbigliamento e negli atti violenti, ai black bloc di triste ricordo. La protesta difficilmente può restare nell'alveo della civiltà se l'esasperazione cancella ogni buona intenzione, ma allo stesso tempo il governo non può cedere alla piazza, mai come in questi casi permeabile ad agitatori esterni dalle incerte matrici ideologiche, ma di certo alimentati dalla cultura della violenza. Se poi alla partita vogliono partecipare da protagonisti i politici - di cui mai come oggi si sente la necessità che intervengano - tutto è più complesso. Forse sarebbe il caso che chi ha voce nella politica nazionali si fermi per un istante, eviti di rinfocolare le polemiche. Ci sarà il tempo in cui chiedere conto a chi oggi governa del suo operato. Oggi forse, seppure legittimo, sarebbe il modo peggiore di aiutare il Paese.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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