Il futuro del Governo deciso dalle beghe dei Cinque Stelle? Speriamo proprio di no

- di: Diego Minuti
 
C'era una volta un movimento che, creato da un comico genovese che non ha mai cancellato il suo passato (ritenendo che, per questo, può dire tutto quello che gli passa per la testa, insulti compresi), doveva cambiare il Paese dalla testa ai piedi affidandosi per scelta ad un gruppo di persone totalmente digiune di politica che avrebbero dovuto aprire il Parlamento ''come una scatoletta di tonno''. Così non è stato e quel manipolo di duri e puri non solo non hanno aperto la scatoletta, quanto ne ha creato delle altre dove, negli anni, ha piazzato una canea di amici degli amici, scelti soprattutto tra compagni di liceo e d'università, senza alcuna competenza che non fosse la simpatia o la riconoscenza del neo-potente.

È quel che i Cinque Stelle hanno voluto riservare ad un Paese che aveva creduto in loro come ariete nei confronti della politica tradizionale, vista come rapace appropriazione del potere. Ma nel giro di appena dodici anni, il movimento non ha cancellato proprio nulla, anzi ha portato avanti delle operazioni della cui inutilità si sono ben resi conto, ma che non hanno la forza o il coraggio di cancellare per timore della rivolta della base.

I 5S restano una forza politica importante ancorché semi-prosciugata dalle fuoriuscite che, in continuazione, ne hanno depauperata l'iniziale pattuglia parlamentare, ora dispersa tra micro-sigle che sembrano non avere una radice ideologica, ma una molto più concreta quanto inconfessata, magari legata alla cancellazione dell'obbligo di versare una congrua parte degli emolumenti da deputati o senatori alla casse del partito.
Ora però a tenere banco è la bega tra il comico-fondatore e l'avvocato-rifondatore, oggi divisi, domani chissà, su chi dovrà fregiarsi della medaglia di capo del partito, se Beppe Grillo o Giuseppe Conte. Due personalità affatto eguali, per cultura, ma molto simili in una cosa: hanno entrambi un ego spaventosamente vasto, di quelli che sembrano accompagnarli dalla nascita, nonostante tutto e tutti, anche perché alimentato da corifei affatto disinteressati.

Tra i due, arrivati quasi agli insulti, si troverà probabilmente un accordo perché altrimenti non si potrebbe fare, pena la polverizzazione di quel che resta del movimento. Ma ciò non toglie che, anche se in presenza di un accordo scritto e ratificato, la loro sarà una contrapposizione destinata a proseguire in futuro. Perché se uno, a buona ragione, chiede di valere sempre tanto per essere stato il demiurgo del movimento, l'altro pretende che gli sia riconosciuto il fatto di avere reso possibile la trasformazione dei 5S in una forza di governo, squinternato, ma sempre governo.
Quindi, dato per scontato che un punto di equilibrio dovrà essere trovato, appare evidente che questa situazione dei Cinque Stelle sta avendo ripercussioni pratiche nel Governo, con gli altri partiti - sia pure partendo da punti e convenienze diverse - che si chiedono quale sorte riserverà il futuro all'esecutivo. La matrice anti-sistema dei Cinque Stelle è durata sino a quando non sono arrivati al Governo, la cui frequentazione ne ha modificano l'impronta genetica perché le tentazioni sono sempre tante quando si comincia a guardare gli altri dall'alto.

Ci si dovrebbe auspicare che l'interesse supremo del Paese imponga ai due capponi di Renzo in salsa grillina di trovare soluzioni condivise in seno ai Cinque Stelle, che però, per la fluidità che ne è stata la caratteristica principale agli esordi in politica, hanno perso l'unanimismo d'un tempo. E così, tra uno colpito, politicamente, dalla sindrome di Crono e un altro che le esperienze da premier spingono a ritenersi indispensabile, i Cinque Stelle fanno stare sulla corda un Paese, in attesa dell'esito dell'ordalia.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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