Sul governo e su Draghi l'ombra del futuro di Speranza

- di: Diego Minuti
 
Mario Draghi, mai come in queste ore, sta forse avvertendo il peso delle differenze tra l'essere alla guida di un Paese e determinare la politica monetaria di un continente. Probabilmente, tra le due posizioni, la prima non è la più scomoda, ma di certo la più infida perché, a chi ne è titolare, si chiedono doti o comportamenti che non si possono acquistare al supermercato. Diciamo questo perché, in queste ore, si sta facendo sempre più massiccia l'offensiva di alcune componenti della coalizione di governo contro il ministro della Salute, Roberto Speranza, di cui si chiede la testa ritenendolo inadatto a reggere l'enorme carico di responsabilità derivato dalla lotta alla pandemia. Nel giudizio negativo che di lui hanno ben determinate porzioni di quello che potremmo definire lo schieramento di centrodestra "transgovernativo" (cioè, dentro e fuori l'esecutivo) stanno pesando le lentezze con cui si sta sviluppando il piano vaccinale (di cui è altro il responsabile operativo), lo schema delle riaperture di negozi e strutture non essenziali, della fumosità del dossier ''Oms''.

Ma c'è anche dell'altro, ovvero la preconcetta visione politica che, del ruolo di ministro della Salute in periodo di pandemia, hanno coloro che ritengono che la lotta al virus sia condizionata dalla cultura ideologica di chi la porta avanti, per delega del presidente del Consiglio.
Ma, allo stesso modo, cioè pur se consapevoli che molte critiche sono motivate da ben altro che i reali comportamenti, la posizione di Speranza si è andata indebolendo negli ultimi giorni, e certo non solo per le contumelie che, a cadenza quotidiana, si sente di dovergli riservare Matteo Salvini. Il quale sta portando avanti una politica cerchiobottista attribuendosi il merito politico di tutte le azioni del governo che a lui stanno bene e invece criticando l'esecutivo quando si discosta dal suo schema. Ma Matteo Salvini fa solo politica e quindi ci può anche stare che il suo comportamento, al di fuori del perimetro della Lega, possa apparire cinico e spesso spregiudicato.

Ma ora gli attacchi a Speranza coinvolgono direttamente anche il Governo e quindi Mario Draghi che, prima o poi, dovrà uscire dal suo tradizionale distacco dalle cose terrene per dire quale sia il suo giudizio sull'operato del ministro della Salute. Ed è qui che forse il governo si gioca molto, perché la mancata presa di posizione davanti ai continui attacchi portati a Speranza dal capo del partito numericamente più forte del Paese (ma non in parlamento), alla lunga renderà il governo meno coeso, ma soprattutto meno forte.
Il perché è facile da spiegare. L'operato di Speranza non può essere immune da critiche che si porta dietro anche per essere stato ministro con il Conte 2, ma c'è da capire che la situazione creata dall'insorgere improvviso e violento della pandemia era gravissima e le sue colpe erano anche conseguenza di un sistema sanitario di cui ci si vantava e che invece ha mostrato tutte le sue inefficienze. Colpe, quindi, politiche e gestionali, ma anche incidenti caratteriali, perché solo così ci sentiamo di definire l'improvvida decisione - forse presa per non essere riuscito a tenere a bada l'orgoglio - di scrivere, annunciare e pubblicizzare un libro che avrebbe dovuto celebrarlo per avere sconfitto il virus che ancora oggi è ben lontano dall'essere debellato. Quindi un uomo politico che è diventato, suo malgrado, un personaggio e quindi, come le figurine dei calciatori, possibilmente da scambiare se c'è l'occasione. Ma indicargli la porta del governo, pregandolo di chiudersela alle spalle, sarebbe per Draghi una decisione difficile da prendere perché, seppure abbasserebbe la pressione politica sempre più forte di Salvini (che ormai parla da primo ministro a latere, delineando scenari e definendo strategie), di certo sostanzierebbe una sconfitta del presidente del consiglio: facendo capire d'avere sbagliato nello scegliere Speranza; decidendone l'avvicendamento in un delicatissimo momento della guerra al virus; dimostrando la debolezza della formula su cui si basa il governo.

Cose sulle quali Draghi deve riflettere e che, se dovessero culminare con la giubilazione di Speranza, necessiterebbero di spiegazioni ufficiali che non immiseriscano il profilo politico del primo ministro. E certamente non meno secondaria, sempre nel caso che Draghi ceda alla tattica di Salvini (quella della goccia - le sue dichiarazioni - che alla fine spaccano la pietra), sarebbe la scelta di chi mandare ad occupare la poltrona di Speranza.
Un politico? Difficilmente, dopo averne reclamato la cacciata, Salvini potrebbe vedere un suo uomo al posto di Speranza?
Un tecnico? Difficile pronosticarlo dopo che il governo è stato letteralmente imbottito di personalità esterne alla politica.
Scelte scomode. Anche troppo per chi, Mario Draghi, sta ora toccando con mano quanto difficile sia guidare la fragile barchetta chiamata Italia.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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