Dove sono finiti i mediatori di una volta?

- di: Diego Minuti
 
Sia pure su tavoli di confronto differenti e lontanissimi tra di loro, i partiti mostrano plasticamente come dal vocabolario della politica italiana sia letteralmente sparita la figura del mediatore, le cui vesti potevano indistintamente essere indossate da grossi calibri, che facevano valere il loro prestigio nei tentativi di comporre dissidi, oppure ''omini'' che venivano considerati adatti per questo ruolo perché, una volta compiuta la missione, sarebbero rientrati nei ranghi e, quindi, nel grigiore.

Oggi di questi mediatori non ne esistono più e, come dimostrano gli avvenimenti in casa grillina, a cercare di onorare questo mandato sono stati chiamati pesi massimi del movimento, che però, per il loro stesso profilo e quindi per il coinvolgimento diretto nella querelle tra Grillo e Conte, non possono essere ''terzi'' della contesa, portando quindi al tavolo della trattativa i valori ideologici di cui sono portatori.
Si potrà dire che tutto lascia pensare che una composizione della contrapposizione sarà necessariamente trovata, perché altrimenti non si potrebbe fare, pena non tanto la parcellizzazione della base elettorale grillina, quanto l'ufficializzazione di odi e rancori che i Cinque Stelle si portano dentro da tempo, in attesa di potere tracimare con il rischio concreto che, come lava, travolgano tutto quello che trovano sul loro cammino.

Il comitato dei sette (numero magico nel cinema, nella mitologia, un po' meno nella vita reale perché appare, nei numeri, un organismo pletorico che di più non si può, in una contingenza come quella che spacca i grillini) dovrebbe, come un pendolo, andare da una parte all'altra per convincere i due capataz a fare dei passi indietro che loro, però, potrebbero considerare lesivi del loro passato e della ''grandezza' che si attribuiscono. Ma, davanti alla prospettiva di vedere annegare nel suo sangue la creatura di Grillo, forse una soluzione si troverà, certo difficile da mandare giù, ma necessaria.

Per tornare a discutere in materia di mediazioni, quello che sta accadendo intorno al ddl Zan è l'immagine di come tutto diventa occasione per fare politica, anche a costo di apparire gretti o arroganti dimenticando le finalità lodevoli di un disegno di legge che però è stato caricato di una tale dose di ipocrisia da apparire oggi solo come un pretesto per gonfiare il petto.
La ragionevolezza induce a dire che il corpo delle nostre leggi tutela tutti i cittadini, ma altrettanta ragionevolezza ci si deve concedere nel dire che lo Stato deve fare di più per evitare che il genere diventi occasione per dileggiare, minacciare, insultare, picchiare chi si considera ''diverso'' non per quello che fa, ma solo per quello che è.
Intorno a questo punto, che dovrebbe essere accettato da tutti, magari facendone la base per migliorare l'efficacia delle difese contro i delitti di genere, si è scatenata una bagarre in cui tutti si sentono autorizzati ad intervenire, cristallizzando le posizioni, impedendo che si possa trovare una sintesi, un punto di caduta che, appunto perché tale, trovi la condivisione che oggi manca.
Io non indietreggio, dicono dal fronte pro-ddl Zan; lo bloccheremo in aula, replicano gli avversatori.

Un giochetto di rimpallo che potrebbe anche essere simpatico da seguire se non riguardasse una materia delicata, come quella di cui l'esponente Pd ha voluto fare oggetto della sua proposta.
Quindi, dall'alto di posizioni graniticamente immutabili, nessuno vuole concedere nulla all'altro, con tanti saluti a coloro - la comunità LGBT innanzitutto - che da anni chiedono di fermare l'odio.
Basterebbe un piccolo gesto concreto e le parti potrebbero trovare una base di accordo.
Ma sembra che nessuno voglia accettare di fare sentire l'avversario vincitore. Già, dove sono finiti i mediatori di una volta, quelli che riuscivano a comporre vertenze politicamente divisive al punto di fare cadere governi e disintegrarsi maggioranze?
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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