Covid-19: ci porteremo dentro per molto tempo il sorriso di Camilla
- di: Diego Minuti
I discorsi sull'ineluttabilità della morte, soprattutto di un giovane, perdono ogni senso quando si guarda l'immagine sorridente di Camilla, la ragazza genovese morta a 18 anni dopo essere stata sottoposta alla somministrazione di una dose di vaccino Astrazeneca (o Vaxzevria, come si chiama ora e che forse sembra un nome più accattivante). E quel sorriso resterà impresso per un bel po' di tempo nella nostra mente, perché simboleggia lo strabismo dell'opinione pubblica, sottoposta a un bombardamento mediatico (non sempre ossequioso dell'imparzialità) che genera, alimenta o cavalca dubbi, sospetti e tesi complottistiche, non aiutando la gente a capire ed a farsi un giudizio proprio.
A causare la morte di Camilla pare sia stata una trombosi del seno cavernoso, una definizione che sarà chiarissima per i medici, ma che alla gente comune poco o nulla fa capire, se non che questa ragazza dal sorriso splendente non doveva morire, se, nonostante molti segnali, la decisione di vietare la somministrazione di dosi di Astrazeneca a chi ha meno di 60 anni fosse stata presa prima.
Che poi ci sia un nesso di causalità tra la morte di Camilla e il vaccino saranno altri a stabilirlo. Intanto, però, su tutti noi aleggia il sospetto - che diventa paura - che forse il via libera a quel vaccino, quando non era stata raggiunta la certezza sulla sua efficacia, ma anche sulla sua sicurezza, sia stato inopportuno, sicuramente; avventato, forse; intempestivo, certamente.
Che sia chiaro: qui non stiamo a parlare degli effetti che la somministrazione del vaccino provoca, ma del fatto che, in un momento moralmente straniante che vive il Paese, davanti alla pandemia, al numero dei morti (del quale è ben lieve soddisfazione sapere che scendono, ma purtroppo continuano) e alle polemiche, forse era il caso di avere il coraggio delle scelte, che non sempre possono essere subordinate al solito calcolo costi (o rischi)/benefici.
L'Italia, travolta da contagi e decessi, dall'iniziale impreparazione del sistema sanitario e dalla nebulosità di alcune decisioni, ha dovuto adottare una serie di determinazioni che, seguendo la linea di comando e quindi partendo dall'alto, sono ricadute su tutti. Forse è stata la scelta più giusta, ma non necessariamente quella che ha contribuito a tranquillizzare le persone che, mettendosi in fila per essere inoculate con Astrazeneca, oggi hanno veramente paura.
Ma, nel momento della massima emergenza, si doveva comunque dare degli indirizzi all'azione del Governo e delle autorità territoriali, perché i numeri dei decessi erano impressionanti e comunque insopportabili per un Paese come il nostro in cui ogni cosa è destinata ad essere discussa, ogni cosa è sottoposta ad esame e contro-esame e spesso solo per consuetudine e non per problemi reali.
Poi c'è stato il sommarsi di più cause, come l'oggettivo spreco di tenere stoccate centinaia di migliaia di dosi di Astrazeneca, poi smaltite con il processo degli ''open day'', comunque utili.
Come era scontato, la morte di Camilla Canepa è stata strumentalizzata da chi sembra vivere in un ecosistema che si alimenta di polemiche spesso inutili, quasi sempre intinte da motivazioni politiche, quando invece ci si dovrebbe porre un solo interrogativo: era possibile evitare questa ennesima tragedia?
Oggi tutto lascia pensare di sì, ma il momento che viviamo è talmente particolare da stravolgere schemi e modelli che non possono comunque in nessun modo giustificare quanto è accaduto.