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La guerra dei dazi rimbalza sull’Italia: rating S&P sotto osservazione

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
La guerra dei dazi rimbalza sull’Italia: rating S&P sotto osservazione

In una giornata già scossa dalla nuova escalation tra Cina e Stati Uniti, l’Italia attende il verdetto di una delle agenzie di rating più influenti al mondo. Standard & Poor’s aggiornerà il proprio giudizio sul debito sovrano italiano, in un momento in cui la credibilità finanziaria del Paese è più che mai in bilico. Il governo confida in una conferma, ma nei mercati circola il timore di un possibile taglio, alla luce di uno scenario globale che cambia ogni ora e di una crescita che fatica a decollare.

La guerra dei dazi rimbalza sull’Italia: rating S&P sotto osservazione

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi si mantiene intorno ai 127 punti base. Il rendimento dei titoli decennali italiani si fissa al 3,87%, segnale che i mercati restano vigili ma non ancora nel panico. Tuttavia, il margine è sottile: un declassamento da parte di S&P potrebbe innescare una reazione a catena, facendo salire i tassi e costringendo il Tesoro a rivedere i propri piani di rifinanziamento. L’Italia, con un debito pubblico che sfiora i 2.900 miliardi, non può permettersi onde troppo alte.

Il legame fragile tra conti e geopolitica

L’aumento dei dazi cinesi contro gli Stati Uniti, la risposta americana attesa nelle prossime ore e l’instabilità delle Borse stanno già contaminando il clima economico. L’Italia è esposta su più fronti: esporta verso entrambe le superpotenze, dipende dal prezzo dell’energia e deve fronteggiare le ricadute della frenata tedesca. Lo spread, quindi, non è più solo un indicatore domestico: è il termometro di una vulnerabilità sistemica, che tocca la politica, la diplomazia e il credito internazionale.

I mercati aspettano Lagarde

Il mercato europeo guarda con attenzione anche a Christine Lagarde, attesa oggi all’Eurogruppo. La presidente della Bce potrebbe fornire indizi sulle prossime mosse dell’istituto centrale. Finora, la linea è stata di cautela, con una stretta monetaria che ha raggiunto il suo picco e una fase di assestamento ancora incerta. Ma se le tensioni sui dazi dovessero aggravarsi, non è escluso che la Bce debba intervenire per contenere la volatilità. Il punto è capire se Lagarde vedrà nella crisi una minaccia alla crescita o una nuova occasione per ribadire il rigore.

La fragilità strutturale dell’economia italiana
Al di là della geopolitica, restano le criticità interne. Il Def validato dall’Upb mostra una crescita modesta, una spesa pubblica compressa e un’incognita pesante: il pieno utilizzo dei fondi del Pnrr. Se le riforme rallentano, se i progetti non partono, se l’Europa impone nuovi vincoli, il castello di previsioni costruito dal governo rischia di collassare. E S&P, come le altre agenzie, valuterà anche questo. Il rating non misura solo il passato, ma il grado di fiducia nel futuro.

Un giudizio che può cambiare gli equilibri

Se il giudizio di S&P dovesse peggiorare, il governo si troverebbe costretto a rivedere molte scelte. Un taglio al rating aumenterebbe il costo del debito, rallenterebbe gli investimenti pubblici e metterebbe in difficoltà i bilanci locali. La manovra d’autunno diventerebbe un esercizio ancora più complesso, da costruire tra vincoli europei, pressioni interne e mercati irrequieti. Il rischio è che la politica economica perda margini di manovra proprio quando ce ne sarebbe più bisogno.

Le agenzie non sono neutrali, ma incidono
La narrazione ufficiale tende a minimizzare l’impatto dei rating. Ma nella pratica, i giudizi delle agenzie sono strumenti di potere. Condizionano i flussi finanziari, orientano gli investitori, plasmano la reputazione di un Paese. E oggi, con il mondo che torna a dividersi in blocchi, con la guerra dei dazi che incrocia le rotte finanziarie, ogni valutazione assume un peso politico. L’Italia, in questa partita, si gioca molto di più di qualche punto percentuale. Si gioca la possibilità di restare credibile, nonostante tutto.

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