Ingegneria, Project Management, soluzioni ICT: DBA Group sempre più protagonista

- di: Redazione
 

I punti distintivi di forza di DBA Group, che opera in ambiti di attività (servizi di Consulenza, Architettura, Ingegneria, Project Management e soluzioni ICT) per le mission critical infrastructures, quelle infrastrutture che non possono mai fermarsi, oggi sulle cresta dell’onda e destinatari di grandi finanziamenti, le scelte strategiche del Gruppo nell’ambito del piano industriale al 2026 riguardo alla transizione digitale ed energetiche, che poi confluiscono nella transizione ecologica, i tempi di arrivo della ‘destinazione idrogeno’, il potenziamento della metodologia BIM (Building Information Modeling), gli indicatori del piano industriale al 2026, il giudizio sui progetti del PNRR approvati dal Governo, l’obiettivo di lungo periodo di rendere DBA Group il punto di aggregazione per altre realtà italiane, europee e internazionali per costruire un soggetto di dimensioni sufficienti per essere riconosciuto non come una società di ingegneria italiana, ma in grado di competere sui più importanti mercati continentali e internazionali. Intervista al CEO, Raffaele De Bettin.

Ingegneria, Project Management, soluzioni ICT: DBA Group sempre più protagonista

In qualità di co-Fondatore e CEO di DBA GROUP, lei guida una holding indipendente specializzata nell’erogazione di servizi di Consulenza, Architettura, Ingegneria, Project Management e soluzioni ICT focalizzati sulla gestione del ciclo di vita di opere e infrastrutture mission-critical. Quali, a suo parere, sono i punti distintivi di forza del Gruppo in un momento storico in cui i vostri ambiti d’attività sono al centro dell’attenzione e di grandi cambiamenti?

Dopo quasi 15 anni di crisi del settore delle costruzioni e dell’ingegneria si è deciso ora di puntare sulla transizione energetica e sulla transizione digitale con dei forti finanziamenti: entrambe, poi, sfociano sulla transizione ecologica. DBA Group, da sempre, focalizza le proprie attività su questi settori: facciamo Ingegneria, Project Management, soluzioni ICT e questo tipo di servizi ha, a sua volta, un’ampia gamma di applicazioni. Noi abbiamo focalizzato le nostre capacità e le nostre competenze nei settori della transizione energetica, digitale, fibra ottica, reti di trasmissione energia elettrica e in tutti questi anni abbiamo sviluppato un’ingegneria con questo tipo di competenze. E sono esattamente gli ambiti di attività oggi al centro dell’attenzione generale e di grandi finanziamenti.

Capacità, competenza, sviluppo e organizzazione sono stati i nostri punti di forza: le nostre risorse umane sono state ben organizzate in questi settori specifici, con forti deleghe a operare su ciascuna delle nostre business unit. Questa organizzazione aziendale, costruita in più di 30 anni di lavoro, è il nostro vero fiore all’occhiello. Il tutto è stato possibile anche grazie alla nostra presenza molto strutturata in Borsa, con una quotazione risalente al 2017. Questa organizzazione aziendale ci permette di gestire un grosso volume di produzione; d’altronde, se non si è ben organizzati, non si riesce di certo a fare volumi da cento milioni di euro di fatturato annuale.

Sul fronte della transizione digitale, uno dei pilastri del Piano Industriale 2023-2026, DBA GROUP afferma che intende “mantenere la propria leadership nazionale al servizio della transizione digitale attraverso lo sviluppo delle reti TLC e della Banda Ultralarga e, in quanto leader  di  mercato anche nei servizi di ingegneria e di Project Management per le Infrastrutture IT efficienti e performanti, si pone l’obiettivo di rafforzare il proprio posizionamento e svilupparlo in ambito nazionale e internazionale nei prossimi tre anni”. Con quali scelte strategiche intende cogliere questi obiettivi?

DBA Group sfrutta la presenza trentennale in questi settori cercando sempre di anticipare il mercato, sviluppando e strutturando i team di produzione a seconda di dove si muove il mercato stesso.

L’esempio è il cosiddetto “Mission Critical Infrastructures”: cinque anni fa abbiamo cominciato a creare un team di progettazione delle centrali per reti TLC e lo abbiamo fatto evolvere verso la capacità di design e di supporto alla realizzazione dei data center, cominciando prima dai medio-piccoli fino ad arrivare ora ai più grandi. Questo team era formato all’inizio da una ventina di persone, ora ne conta più di cento e tutti con delle skill molto specifiche formate nel tempo. Questa scelta strategica ci sta portando ora a un consistente aumento dei volumi.

Abbiamo iniziato un percorso identico nella digitalizzazione: qualche anno fa sono stati avviati i primi progetti di Digital Twin in ambito portuale marittimo per realizzare piattaforme per la previsione ambientale dell’inquinamento dei porti. Con queste capacità abbiamo cominciato a lavorare sull’incrocio fra infrastruttura reale e infrastruttura digitale (quest’ultima creata grazie ai supporti informatici) e sul collegamento dei dati provenienti dal campo sull’infrastruttura virtuale: ovvero, la creazione del famoso gemello digitale.

Le nostre capacità stanno migliorando e continuano ad aumentare: per questo motivo ci proponiamo nel fornire, grazie ai gemelli digitali, supporto ai nostri clienti che possiamo aiutare non tanto nella fase di realizzazione, quanto nella fase di gestione dell’infrastruttura una volta realizzata, con una raccolta di tutti gli indicatori di performance e di utilizzo dell’infrastruttura per far sì che possa essere gestita in maniera efficiente. L’obiettivo rimane quello di fornire all’utente finale (dalla persona che viaggia in autostrada alla nave che arriva nel porto) il massimo dell’efficienza e dell’utilizzo dell’infrastruttura.

Nell’ambito della transizione digitale, lei ha affermato che verrà potenziata la metodologia BIM (Building Information Modeling) negli ambiti in cui il Gruppo è attivo, con la finalità di rafforzare la posizione di mercato e sviluppare nuovi progetti di digitalizzazione a supporto della gestione del ciclo di vita delle infrastrutture. Quali risultati concreti si attende dal potenziamento della metodologia BIM?

Questo tipo di tecnologie rappresenta l’evoluzione del design con degli strumenti informatici sempre più potenti. In questo momento ci si pone nella fase di design, quindi di progettazione, già con dei modelli tridimensionali che rappresentano l’infrastruttura. Questa capacità di rimodulare la realtà in maniera virtuale è fondamentale, perché rappresenta il futuro del settore. Noi dobbiamo poter contare su risorse che sanno usare bene queste piattaforme e di poter contare su team numerosi, perché questo farà la differenza sul mercato in quanto servirà una capacità di organizzazione, ma anche di investimento, non indifferente. I player del settore dovranno evolversi in tale direzione ed essere capaci di vincere questa sfida: chi non riuscirà a seguire il mercato non potrà seguire i clienti di una certa dimensione, perché si aspetteranno questo tipo di performance.

Si tratta di un innalzamento della barriera d’ingresso sul mercato, sul quale noi vogliamo rimanere protagonisti ed essere fra i leader. Il fatto di poter già contare su una solida organizzazione e una buona capacità di investimento ci aiuta a compiere queste scelte e nel nostro piano, fino al 2026, abbiamo previsto notevoli investimenti a favore delle nostre risorse umane e della loro formazione, per l’incremento del numero di licenze di utilizzo delle piattaforme bim e per il potenziamento dell’infrastruttura it interna e della digitalizzazione dei processi di gestione di tutto il ciclo attivo e passivo.

Transizione energetica, altro punto cardine del Piano Industriale di DBA. Avete lanciato un piano di sviluppo di sistemi di generazione di energia da fonti geotermiche, con i quali produrre energia e produrre anche green hydrogen perché, lei ha detto in un’intervista, “il futuro è di andare nella direzione dell’idrogeno”. Può delinearci lo stato dell’arte di questo piano e la sua strategicità? Come prevede i tempi di arrivo della “direzione idrogeno”?

Sappiamo tutti che la transizione energetica impone di spostare la produzione dell’energia da fonti fossili a quelle rinnovabili, fra le quali l’utilizzo di idrogeno green creato con un’energia proveniente da fonti rinnovabili, sia fotovoltaico, eolico o geotermico.

I tempi per realizzare questo passaggio non saranno di breve, ma di medio periodo, perché si deve mettere in moto tutta un’industria a riguardo. Ora esistono dei progetti pilota, lanciati dalle grandi società, italiane e internazionali, per la produzione e l’utilizzo dell’idrogeno soprattutto sulla mobilità pesante come navi, ferrovie e flotte di trasporto pubblico locale. La necessità di spostare questo tipo di mobilità con l’utilizzo dell’idrogeno ha un costo ancora alto rispetto agli altri tipi di carburante. Costo che, con il tempo, si ridurrà con l’aumento della richiesta di idrogeno e grazie anche alla produzione dell’energia da fonti green. Questo significa che deve svilupparsi tutta l’industria degli elettrolizzatori e che questi devono essere venduti in quantità sufficienti, per abbassare il prezzo e il costo di produzione dell’idrogeno: per questi motivi si tratta di un processo di medio periodo, perché deve innescarsi l’effetto valanga. Dobbiamo passare, quindi, da progetti pilota a produzione di tipo industriale.

In questo momento, stiamo cercando di seguire i primi progetti pilota e cercando anche di formare al nostro interno le capacità per questo tipo di sviluppo. Il primo distributore di idrogeno per mezzi di trasporto lo abbiamo progettato noi e stiamo realizzando diversi progetti di questo tipo con aziende di trasporto pubblico locale: la prima è stata Modena, un’altra è stata Trieste e un’altra ancora sarà quella di Venezia. Stiamo parlando di flotte che vanno dai 50 ai 100 o 200 automezzi. Siamo sicuri che, dopo tutti questi progetti pilota, ci sarà un effetto valanga, anche perchè dal punto di vista normativo, la direzione è stata tracciata sia dall’Europa che dagli Stati nazionali con ingenti finanziamenti.

Noi, anche in questo caso, cerchiamo di essere pronti da subito per poi cogliere i volumi quando, fra 3 o 4 anni, cresceranno. Siamo convinti, infatti, che il grosso di questa produzione avverrà dal 2026 in poi.

Può fornirci le key financials del Piano industriale al 2026 evidenziando gli elementi che ritiene più interessanti per il futuro del Gruppo? Conferma la guidance indicata al mercato per il 2023?

Il piano 2026 si basa sui dati consuntivi del 2022: stiamo parlando di dati consolidati che partono da circa 85 milioni e mezzo di euro di volume della produzione, con un Ebitda di 7,2 milioni. Su questa base abbiamo costruito le nostre previsioni future, puntando al 2026 con circa 136 milioni di euro di volume della produzione e un Ebitda di circa 16 milioni. Sono numeri sicuramente sfidanti, che vedono il dato dell’Ebitda più che raddoppiare e quasi un raddoppio per il dato riguardante la produzione. Ci siamo prefissati questi numeri in quanto, parlando del 2023, eravamo già a conoscenza del budget che prevede un superamento dei 100 milioni di euro di fatturato, con un Ebitda di 10,3 milioni. Questi dati, e qui veniamo alla guidance 2023, sono confermati: come volume di produzione arriveremo intorno ai 105/100 milioni di euro, con un Ebitda che migliorerà rispetto ai circa 10,3 milioni inseriti nel budget 2023. A settembre avremmo maggiore certezza su questi dati.

In vista del 2026, quindi, ci restano da colmare circa 30 milioni di gap per il volume della produzione e 5,5 milioni per l’Ebitda. Sono sicuramente obiettivi sfidanti, ma raggiungibili. Dal punto di vista della capacità di generazione di valore entreremo in una fase positiva perché cominceremo a produrre utili e, di conseguenza, cassa per finanziare gli investimenti. Ci auguriamo di poter iniziare a remunerare gli investitori a distribuire i primi dividendi.

Il 2026 è un anno emblematico perché, se non ci saranno proroghe, dovranno essere chiusi e rendicontati i progetti del PNRR, declinazione italiana del Recovery Fund Next Generation EU. Qual è l’impatto dei progetti del PNRR in tema di transizione digitale e transizione energetica e quale giudizio dà sui progetti approvati dal Governo?

Il giudizio è positivo: siamo tutti consapevoli che arrivare a sviluppare una tale mole di progetti in un lasso di tempo così ridotto è molto sfidante. Gli investimenti previsti sono così importanti che la produzione fa fatica a tenere il passo. Noi stessi abbiamo incrementato di molto il personale negli ultimi due anni e, nel piano, prevediamo di arrivare a 1.250 persone. Sia il governo Draghi che il governo Meloni hanno cercato e stanno cercando di mettere in campo tutte le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati e sono convinto che, con il classico colpo di reni all’italiana, potremmo farcela. Il 2026, comunque, rappresenta uno step che ci permetterà di crescere e di andare nella direzione della transizione energetica con obiettivi, sia mondiali che europei, datati 2050. È un fatto ineludibile se si vuole continuare a credere nell’esistenza di un mondo com’è quello di oggi.

Dal 2026 in poi si dovranno stanziare investimenti addirittura più onerosi di quelli attuali in vista delle sfide da affrontare per il 2030, 2035 e fino al 2050.

Come co-fondatore e CEO gode di un punto di osservazione privilegiato sulle tendenze di fondo dei mercati in cui opera DBA e quindi sul futuro del Gruppo. Come immagina sarà DBA GROUP tra dieci anni?

Possiamo contare su progetti definiti supportati da una solidità del business. Valorizzeremo le nostre caratteristiche distintive. DBA Group, oggi, è l’unica società di servizi del settore di ingegneria e ICT quotata presso la Borsa di Milano sul segmento EGM: grazie a questo posizionamento vorremmo cercare di essere il punto di aggregazione per altre realtà italiane europee e internazionali per costruire un soggetto di dimensioni sufficienti per essere riconosciuto non come una società di ingegneria italiana, ma europea, in grado di competere sui più importanti mercati internazionali. Questo non è un sogno, ma un obiettivo che ci siamo sempre prefissati da quando abbiamo iniziato: cerchiamo di far capire che, in questo mercato, non esistono solo inglesi, americani e olandesi, ma anche la capacità e l’ingegno italiano e noi lo abbiamo dimostrato con la flessibilità che ci contraddistingue.

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