In questa intervista a tutto campo a Debora Pastore, Head of Communication di Amundi SGR, si riflette sul ruolo della comunicazione nel settore finanziario, sottolineando l’importanza della semplicità senza superficialità. Pastore racconta come Amundi affronti il rischio di fake news con procedure interne solide e una strategia ben definita sui social. Il digitale è per lei uno strumento che accorcia le distanze con i risparmiatori, pur mantenendo la coerenza dei messaggi a livello globale. Non mancano riflessioni sull’uso dell’intelligenza artificiale nella comunicazione e su come garantire contenuti rilevanti e comprensibili anche su temi complessi. In chiusura, un richiamo forte alla responsabilità intellettuale del comunicatore, in un’epoca dove la velocità non deve sacrificare la qualità.
Intervista a Debora Pastore, Head of Communication di Amundi SGR
La comunicazione in ambito finanziario deve essere chiara ma anche capace di distinguersi nel rumore digitale. Dottoressa Pastore, quali sono le priorità per rendere efficace il messaggio di un’azienda?
La comunicazione nel settore del risparmio gestito, il mio ambito di attività, è ovviamente impostata dalla singola azienda sulla base delle proprie strategie, ma su determinate tematiche è anche guidata dalla normativa volta a tutelare i risparmiatori.
Faccio questa premessa perché ritengo importante evidenziare che il settore in cui opero è un settore con un’importante infrastruttura normativa, sia nazionale che comunitaria, che disciplina non solo la gestione degli investimenti ma anche le attività di marketing e comunicazione e dunque comunicare efficacemente, in presenza di vincoli normativi, rappresenta al tempo stesso una sfida e un’opportunità.
Dato quindi come presupposto che la comunicazione in ambito finanziario deve ottemperare la normativa, a mio parere la semplicità nella costruzione dei messaggi e la loro coerenza nell’ambito della strategia di comunicazione, e fra questa e quella di marketing, sono essenziali per risultare credibili nei confronti dei diversi interlocutori con i quali l’azienda si confronta: media, clienti, azionisti, portatori di interesse in generale.
Una comunicazione trasparente, semplice, coerente risulta di grande supporto al business e questa è la mia priorità numero uno.
In un settore sensibile come quello degli investimenti, una notizia falsa può avere effetti devastanti. Come affronta questo rischio? Strumenti tecnologici, formazione interna, collaborazione con i media?
Potrei rispondere dicendo che ‘prevenire è meglio di curare’. Mi spiego meglio: in Amundi esiste una procedura che disciplina sia l’attività di relazione con i media sia una dedicata ai social media.
Attraverso l’individuazione di persone abilitate a parlare con i media, la loro formazione e il presidio dei contenuti da parte del team di Comunicazione, monitoriamo tutto il processo di comunicazione esterna e ciò ci consente di essere fiduciosi sulla qualità dei contenuti che comunichiamo.
Tutto ciò ovviamente è a valle di quanto dicevo prima, ossia che la normativa di settore disciplina in modo rigoroso la tipologia delle informazioni divulgabili e le modalità.
Venendo invece ai social media, apprezziamo che i dipendenti possano comunicare di Amundi sui social e in tal senso abbiamo stabilito linee guida chiare in merito ai contenuti comunicabili.
Il digitale, oltre ad essere un nuovo canale di comunicazione, può essere secondo lei un nuovo modo di pensare la relazione con gli stakeholder, anche per una società come Amundi?
È indubbio che il digitale abbia aperto nuove possibilità di comunicazione e sia in sé un mezzo nuovo dotato di proprie caratteristiche, anche in ambito di comunicazione.
Il digitale consente di comunicare in modo più diretto e mirato con i propri target e di conseguenza richiede l’elaborazione di una strategia di comunicazione ad hoc.
Nel caso di Amundi il digitale consente ad esempio di avvicinarsi ai clienti finali con i quali non abbiamo una relazione diretta, perché il nostro modello di business si basa sulla distribuzione di soluzioni di investimento tramite distributori, ossia banche e reti di consulenti finanziari.
Concentrandoci quindi su un esempio specifico di stakeholder, come ad esempio quello dei risparmiatori, il digitale consente di accorciare le distanze e impostare una comunicazione concepita proprio per loro.
Peraltro, sempre seguendo questo esempio, anche i nostri distributori beneficiano di questa maggiore visibilità che il digitale ci offre, perché nel proporre soluzioni di investimento targate Amundi, trovano una clientela più consapevole.
Tra social media, contenuti istituzionali, rapporti con la stampa e investor relations: come garantisce un messaggio univoco senza perdere l’adattabilità ai diversi pubblici?
Partiamo da una piccola precisazione: l’attività di investor relations è accentrata presso l’headquarter ed è un’attività di particolare rilevanza se consideriamo che Amundi è un asset manager quotato. Comunicazione e Investor Relations sono in costante allineamento e condivisione di informazioni e messaggi presso la casa madre.
A livello locale, la comunicazione è integrata con l’ufficio centrale che delinea la strategia generale. È proprio a livello locale che avviene la declinazione della strategia e dei messaggi sulla base delle specificità del mercato e quell’adattamento ai diversi pubblici cui si faceva riferimento nella domanda.
Ma questa declinazione locale dei contenuti di comunicazione non intacca quella consistenza dei messaggi che è alla base del nostro approccio di comunicazione. Si tratta di filtrare dati, informazioni e messaggi rilevanti per il pubblico di riferimento e di confezionarli con modalità appropriate a quello che spesso chiamo “il contenitore”, ossia il media, ma senza con questo snaturare in alcun modo l’oggetto della comunicazione, ossia il “contenuto”.
Generative AI, data analysis, chatbot… Sta già usando questi strumenti? E come gestisce i rischi (ad esempio deepfake o errori di algoritmi)?
Amundi crede a tal punto nell’importanza dell’innovazione tecnologica e dei servizi basati sulla tecnologia applicati alla gestione degli investimenti, da aver costituito alcuni anni fa una divisione, Amundi Technology, specificamente dedicata a offrire strumenti e servizi a banche, asset e wealth manager a supporto dei loro processi di investimento. La piattaforma tecnologica in questione, denominata Alto, è usata innanzitutto internamente dai dipendenti delle funzioni di investimento, risk management e reporting, ma alcune funzionalità specifiche sono estese ad altri dipendenti.
Proprio in Alto risiederanno i tool, basati sull’intelligenza artificiale, che saranno presto resi disponibili a una più vasta platea di dipendenti rispetto a quella che ne fa già uso. Integrare le nuove tecnologie all’interno di una piattaforma proprietaria è essenziale per Amundi per proteggersi dai cyber risch i nei quali è facile incorrere utilizzando tecnologie non proprietarie.
Al tempo stesso questo ci consente di mantenere la proprietà intellettuale e la riservatezza di contenuti che viceversa risiederebbero in infrastrutture tecnologiche di terzi, perdendone così il controllo. Le nuove tecnologie saranno un importante abilitatore in ambito comunicazione e marketing e, nella nostra visione, serviranno a liberare le persone da attività a basso valore aggiunto o a elevato rischio di errore, per dedicarle ad attività a maggior contenuto strategico.
Ha dichiarato su Investire Oggi che “la semplificazione è necessaria, ma senza banalizzare”. Come trova l’equilibrio, soprattutto su temi complessi come i fondi sostenibili o i prodotti strutturati?
A mio parere l’equilibrio va cercato pensando al destinatario della comunicazione, fornendo informazioni e messaggi che siano rilevanti e comprensibili per il target.
Come dicevo in precedenza, nel settore del risparmio gestito la normativa, in questo caso relativa alla comunicazione di marketing, è dettagliata ed è rivolta alla tutela dei sottoscrittori.
Va da sé che al di là delle informazioni obbligatorie, raccolte nella documentazione d’offerta, una comunicazione che riguardi i fondi deve andare oltre le tecnicalità e fornire elementi comprensibili e utili al cliente o, più in generale se usciamo dallo stretto ambito della comunicazione di marketing, messaggi concepiti per uno specifico target e che abbiano un senso e un valore per quel target.
Tra storytelling digitale, data journalism e crisis management: quale competenza ritiene indispensabile per un comunicatore di oggi (e di domani)?
Credo che la dote principale di un comunicatore sia e rimarrà la capacità di leggere il contesto e di avvalersi dello spirito critico per interpretare le situazioni e le informazioni.
Aggiungo anche una cosa che mi sta particolarmente a cuore: la cura del contenuto, ossia il contrario di una certa superficialità o sciatteria che, in un mondo veloce dove anche la comunicazione viaggia a ritmi forsennati, sta diventando sempre più comune.
In conclusione, il buon comunicatore a mio parere deve essere e sarà sempre innanzitutto un buon pensatore!