Faroni (Aiop Lazio): "Nella lotta alla pandemia il privato ha fatto la sua parte"

- di: Redazione
 
La crisi pandemica ha messo a dura prova il pianeta Sanità italiano che, forse non essendo preparato ad una sfida così dura ed inaspettata, ha avuto bisogno di un po' di tempo per rispondere all'emergenza, ma alla fine ha risposto mettendo in campo una proficua sinergia tra pubblico e privato. I risultati sono oggi evidente, con una campagna vaccinale che va avanti bene grazie anche alla collaborazione dell'ospedalità privata. Di queste tematiche parliamo con la dottoressa Jessica Faroni, presidente del gruppo Ini (Istituto neurotraumatologico italiano, presente nel Lazio e in Abruzzo con dieci strutture) ed anche dell'Aiop (l'Associazione italiana ospedalità privata) laziale.

Presidente Faroni, la sanità privata in Italia come sta affrontando questa pandemia?

Il mio punto d’osservazione è principalmente sul Lazio, dove essenzialmente si concentra il mio impegno, anche in considerazione del fatto che ogni territorio regionale ha dinamiche diverse. Posso affermare che, nella gestione di questa pandemia, la sanità privata ha sempre fatto la sua parte, proponendosi in prima linea al fianco delle istituzioni e delle strutture pubbliche. Abbiamo messo a disposizione strutture, personale sanitario, know-how sanitario, capacità organizzative per supportare e dare il nostro contributo nell’affrontare l’emergenza, assumendoci anche i rischi. Ero convinta, e lo sono tutt’ora, che solo nella piena collaborazione tra pubblico e privato si sarebbero potute trovare risposte adeguate a necessità sanitarie emergenziali.

Come inizia la sua attività nella sanità?

Posso definirmi una figlia d’arte: in un certo senso sono nata nella sanità. Mio padre, Delfo Galileo Faroni, ha fondato il Gruppo INI ed è un medico con una lunga storia professionale, e di successo, alle spalle. Sicuramente ho preso da lui la passione per il mondo della sanità.

Ritiene fondamentale in futuro, per la componente di diritto privato del servizio sanitario nazionale, un’azione in piena sinergia con la parte pubblica del SSN, una sempre più efficace integrazione tra le due anime della sanità italiana che, davanti a questa emergenza, ha prodotto effetti positivi?
Ho sempre pensato che la sinergia e l’integrazione tra pubblico e privato nella sanità vadano valorizzate e lo sostengo con ancor più vigore oggi, dopo l’esperienza della pandemia. Se questa drammatica contingenza ci lascia qualcosa di positivo è proprio questo.

La pandemia, in tutta la sua ampiezza e la conseguente drammaticità, ha dato il via a polemiche, che hanno riguardato anche il Lazio. Come vede, dal suo osservatorio privilegiato qui nel Lazio e a Roma in particolare, le mosse dei decisori politici per contrastare l’emergenza sanitaria?
Innanzitutto è bene ricordare che sul mondo e sull’Italia in particolare si è abbattuto un vero e proprio “tsunami sanitario” che chiunque avrebbe avuto difficoltà a gestire, come i fatti hanno purtroppo evidenziato. Ritengo che le nostre istituzioni nel Lazio non si siano risparmiate per impegno e abnegazione, aprendo anche tavoli di confronto fondamentali con il mondo della sanità privata. Cosa che ha consentito di velocizzare e ampliare la rete di contrasto alla pandemia: penso, ma è solo un esempio, alle autorizzazioni ai tamponi antigenici e molecolari ai privati, così come ai nuovi centri vaccinali.

L’Aiop, l’associazione dell’ospedalità privata di cui lei è già al quarto mandato come Presidente regionale del Lazio, si è sempre trovata al centro della polemica, in particolare da quando è scoppiata l’emergenza, sui tagli alla sanità pubblica e l’espansione di quella privata. Come risponde a questa “teoria politica” che ciclicamente viene evidenziata?
Non è il tempo delle polemiche, ma del lavoro e dell’impegno, per uscire tutti insieme da questa pandemia che da oltre un anno condiziona pesantemente la vita di tutti. Di fronte a decine di migliaia di morti, e a numeri ancora preoccupanti, le polemiche sono inutili, se non dannose. Il dato di fatto è che il Covid ha messo in crisi i sistemi sanitari di tutto il mondo, non solo in Italia. Di certo la sanità privata rappresenta e rimarrà una risorsa di fondamentale importanza per la salute dei cittadini.

L’integrazione pubblico-privato nata in occasione di questo triste periodo, potrebbe essere l’inizio di una svolta?
Se sapremo, come mi auguro, trarre insegnamento da questo esperienza drammatica, spogliando il dibattito da ogni preconcetto, credo che tutto il sistema sanitario - e quindi soprattutto i cittadini - potrà trarne benefici. Anche perché, dopo il Covid, dovremo affrontare tutti insieme il post Covid, cioè tutte le patologie che, direttamente o indirettamente, questo virus lascerà in eredità: long covid, ad esempio, o tutto ciò che in questo anno non si è potuto fare per la prevenzione, diagnosi e cura di tutte le altre patologie, anche per paura del virus.

Lei presiede il Gruppo Istituto Neurotraumatologico italiano, NI, una delle eccellenze del sistema sanitario privato. Come nasce l’Ini e come si creata l’integrazione con il sistema universitario pubblico?
Come detto il Gruppo INI nasce dalla visione lungimirante di mio padre, che lo fondò nel 1947. Oggi il gruppo ha oltre 70 anni di storia, 11 sedi, circa 2000 collaboratori e 1200 posti letto. INI Grottaferrata è anche sede del corso di Laurea triennale in Infermieristica dell’Università di Tor Vergata e questa è la dimostrazione di come abbiamo sempre creduto nella piena integrazione con il sistema di formazione universitario. Anzi, auspico una collaborazione ancora più stretta perché, anche in questo ambito, l’emergenza pandemica ha evidenziato la necessità di formare un numero maggiore di medici e operatori sanitari, e di fare in modo che i nostri talenti migliori non siano costretti ad andare all’estero. Anche da questo punto di vista il gruppo INI sarà sempre aperto a nuove collaborazioni.
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