Grillo fa evaporare le ultime illusioni sull'ideologia dei Cinque Stelle

- di: Diego Minuti
 
L'ormai celeberrimo video con il quale Beppe Grillo attacca la magistratura per le vicende giudiziarie del figlio (accusato, insieme ad altri tre ragazzi, di uno stupro di gruppo di cui si occupa la procura di Tempio Pausania) è stato commentato da più parti e merita quindi attenzione perché consegna al giudizio della gente l'immagine di una persona che, pericolosamente, oltre a non rispettare il lavoro dei magistrati, non riesce a distinguere il ruolo di padre da quello di massimo referente di un movimento che spesso ha assunto esasperate posizioni giustizialiste, ma, verrebbe da dire anche oggi, solo quando si tratta di ''altri''.

La tesi di Grillo è che il figlio, Ciro, è innocente, che non è stato stupro, ma sesso consensuale; il suo ragionamento è che il comportamento della magistratura, che a distanza di due anni dall'episodio non ha disposto l'arresto dei sospettati, di fatto ne certifica l'innocenza. Analisi stravagante, che può solo fare sorridere a chi ha una frequentazione anche episodica di codici e pandette (e forse per questo che non sorprende il fragoroso silenzio di Giuseppe Conte, avvocato e professore). Basterebbe solo una considerazione che evidentemente Grillo non ha fatto: se quel che dice è vero (nessun arresto = presunzione di innocenza), allora, se avessero arrestato il figlio nell'immediatezza della denuncia della ragazza, significava che il ragazzo e gli altri erano sicuramente colpevoli? Invece di dire che apprezza il fatto che la procura voglia vederci veramente chiaro, non basandosi solo su una denuncia - che, peraltro, sarebbe circostanziata, nonché suffragata anche da alcuni riscontri - , Grillo ha scelto di caricare a testa bassa e per farlo - bisogna dirlo senza troppi giri di parole - ha etichettato la (presunta) vittima come una ragazza a caccia di avventure sessuali e di sensazioni forti e non certo l'obiettivo di una azione brutale e violenta.

Perché tale appare la ragazza se si pensa che un altro degli ''argomenti forti'' usati da Grillo è che la denuncia dello stupro è inattendibile e sospetta perché fatta a distanza di giorni. Come se ci fosse uno schema prestabilito al quale non si può derogare cui devono sottostare le vittime di uno stupro. Quindi, per Grillo, i giorni passati dal presunto stupro alla denuncia fanno nascere molti dubbi, lasciando intuire che forse dietro ci sia ben altro.
E questo ''altro'' cosa mai potrebbe essere se non un tentativo di estorcere denaro o un ricatto politico?
Più di mille risposte (che potrebbero essere fornite da magistrati, investigatori, medici di pronto soccorso o psicoanalisti) basta la reazione di Federica Daga, 45 anni: "Io sono stata massacrata di botte e perseguitata da un uomo che sono riuscita a denunciare soltanto a sei mesi dalla fine di quell'incubo''. Federica Daga non è ''solo'' una vittima che ha avuto il coraggio di denunciare, dopo un travaglio mentale più che fisico che l'ha prostrata oltre ogni possibile descrizione; è anche una deputata dei Cinque Stelle che ha bollato con durezza le parole del guru: "Ma come si fa a dire che una violenza non è una violenza se viene denunciata otto giorni dopo?''.

Ma forse è anche il caso di parlare del profilo politico dello show di Grillo, che ha strappato il velo sul suo modo di vedere e pensare il ruolo di capo carismatico dei Cinque Stelle, i quali forse oggi si interrogano su quale sarà il loro futuro, se il presente ha il volto enfio e rosso di rabbia del loro guru.
Scegliendo un video per difendere il figlio non è che Grillo abbia solo rivendicato il ruolo di padre, ma di certo ha svilito quello di capo politico. Perché un capo politico scende campo, in prima persona, per difendere il ''generale'', mentre lui lo ha fatto a difesa del ''particolare'', anche se in questo caso il ''particolare'' è il figlio.
Se, come si dice a Napoli, "ogni scarrafone è bello a mamma sua", probabilmente dalle parti di Genova si sostiene che ogni figlio, al di là della verità, è sempre innocente agli occhi della madre o, come in questo caso, del padre.
È la conferma che la politica dei Cinque Stelle è stata sempre condizionata da una pratica autoassolutoria che regge solo agli occhi dei sostenitori, ma da ieri forse nemmeno tanto.
Se un uomo politico, per difendere una persona vicina (chi mai di più d'un figlio?), decide di invertire i termini di un processo, attaccando aprioristicamente la vittima, dobbiamo solo ringraziare il Cielo per il fatto che i Cinque Stelle non abbiamo mai avuto la maggioranza parlamentare assoluta. Se oggi Grillo straccia ogni parvenza di legalitarismo al suo movimento è perché evidentemente, verrebbe da pensare, era questo il vero profilo dei Cinque Stelle; se oggi pretende l'assoluzione del figlio, solo perché frutto dei suoi lombi o sulla base di stravaganti elaborazioni, c'è d'avere paura pensando cosa la Giustizia sarebbe potuta diventare nelle mani di un partito che, a sua convenienza, mischia i fatti, contaminandoli alla luce di una ideologia in cui il Verbo è uno solo ed è nelle mani di Grillo.

Ma forse questa volta il guru ha sbagliato i suoi calcoli, perché, a leggere le reazioni (poche) dei Cinque Stelle non è che ci sia stata una grande vicinanza a Grillo e, soprattutto, alle sue tesi. Qualche metaforica pacca sulle spalle (quella di Vito Crimi sembra un capolavoro di ambiguità) ma niente di più. Ad eccezione di Alessandro Di Battista che, in effetti, non è più dei Cinque Stelle, ma non perde occasioni per fare sapere al mondo quale sia il suo fondamentale pensiero.
Comunque, la citazione maggiormente meritevole di menzione è quella di Paola Taverna: "La magistratura è al lavoro, perciò auspico che giornali e talk lascino che questa vicenda si risolva, come giusto che sia, in tribunale. Serve rispetto: no a speculazione da sciacalli''. Quindi, per la senatrice grillina, la colpa è di chi commenta lo sfogo non di chi lo ha fatto, non di Grillo, che tutto sembra avere fatto meno che lasciare la magistratura lavorare.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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