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Crescita lenta, Italia fanalino di coda in Europa

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Crescita lenta, Italia fanalino di coda in Europa

Secondo le nuove previsioni economiche della Commissione europea, l’Italia continuerà a occupare le retrovie nella classifica della crescita tra i Paesi dell’Unione. Per il 2025, Bruxelles prevede un aumento del PIL dello 0,7 per cento, un dato che ci colloca tra le performance più deboli del continente: solo Germania, Finlandia, Estonia e Svezia faranno peggio. L’Italia si conferma quindi nel gruppo dei fanalini di coda della ripresa, con un passo più lento rispetto alla media dell’Eurozona, prevista all’1,4 per cento.

Crescita lenta, Italia fanalino di coda in Europa

La previsione per il 2025 si somma al dato già poco brillante del 2024, per il quale è attesa una crescita dello 0,9 per cento. Anche in quel caso, l’Italia risulta al di sotto della media europea. La Commissione sottolinea che la crescita del nostro Paese è frenata da fattori strutturali e da una domanda interna che stenta a rafforzarsi, nonostante il calo dell’inflazione e la graduale riduzione dei tassi d’interesse. I consumi privati restano deboli, mentre gli investimenti pubblici non riescono a compensare il rallentamento di quelli privati.

Le cause strutturali

Tra le principali ragioni di questa debolezza ci sono la bassa produttività, l’invecchiamento della popolazione e un mercato del lavoro ancora segmentato. Anche l’attuazione del PNRR procede a rilento, secondo Bruxelles, e ciò riduce l’impatto positivo atteso dalle riforme e dagli investimenti. Inoltre, l’elevato debito pubblico continua a rappresentare un fattore di vulnerabilità, limitando i margini di manovra del governo.

Il confronto con il passato

Rispetto alle stime dell’autunno scorso, la Commissione ha rivisto leggermente al rialzo le previsioni per l’Italia (+0,1 punti), ma il quadro generale resta di debolezza. L’economia italiana non riesce a tornare ai ritmi di crescita pre-pandemia e continua a espandersi a un ritmo significativamente inferiore rispetto ad altri grandi Paesi europei, come Francia e Spagna.

Le implicazioni politiche

Il rallentamento della crescita potrebbe avere conseguenze rilevanti sul piano politico e sociale. Da un lato, rischia di compromettere gli obiettivi di bilancio del governo, già alle prese con vincoli stringenti sul fronte della spesa pubblica. Dall’altro, una crescita debole limita anche la capacità di generare nuovi posti di lavoro stabili e di affrontare in modo efficace le disuguaglianze territoriali e generazionali che affliggono il Paese.

Lo spazio per una ripresa

Nonostante il quadro poco incoraggiante, la Commissione individua alcune aree di possibile miglioramento. In particolare, un’accelerazione nella spesa dei fondi del PNRR e una più rapida attuazione delle riforme previste potrebbero favorire una ripresa più solida già nella seconda metà del 2025. Inoltre, il rallentamento dell’inflazione potrebbe contribuire a rafforzare la domanda interna, a patto che i salari reali inizino a crescere in modo significativo.

Le sfide per il governo

Il governo italiano è dunque chiamato a un’azione incisiva per stimolare la crescita senza compromettere la tenuta dei conti pubblici. Un equilibrio difficile da raggiungere, soprattutto alla luce delle nuove regole fiscali europee che entreranno pienamente in vigore proprio nel 2025. La capacità dell’Italia di rilanciare la sua economia dipenderà in larga parte dalla credibilità delle sue politiche economiche e dalla capacità di rendere effettive le misure annunciate, in un contesto internazionale ancora fragile e incerto.

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