Italia, l’economia che rinasce dai materiali
- di: Alberto Venturi

L’Italia detiene un primato industriale poco raccontato ma di enorme valore strategico: è il Paese più circolare d’Europa. Con un tasso di circolarità che sfiora il 21%, l’economia italiana supera nettamente le altre grandi potenze manifatturiere del continente, lasciando la Germania ferma poco sotto il 15%. Un risultato che non nasce per caso, ma da un sistema produttivo che negli anni ha imparato a fare di necessità virtù, trasformando il recupero dei materiali in un vero pilastro industriale.
Italia, l’economia che rinasce dai materiali
Le diciannove filiere del riciclo rappresentano oggi una parte strutturale del made in Italy. Carta, vetro, metalli, legno, rifiuti organici e inerti alimentano un circuito produttivo che consente di ridurre l’uso di materie prime vergini, contenere i costi energetici e rafforzare la competitività delle imprese. Secondo i dati citati dal Corriere della Sera e dall’ultimo rapporto della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, guidata da Edo Ronchi (nella foto), l’Italia utilizza ogni anno circa 480 milioni di tonnellate di materia per sostenere industria, innovazione e vita quotidiana. Un volume enorme, che racconta la complessità di un sistema economico avanzato ma anche la sua vulnerabilità.
Dipendenza dall’estero e risorsa nascosta
Oltre il 46% delle materie utilizzate proviene dall’estero. Questo dato fotografa una dipendenza strutturale che pesa sulla bilancia commerciale e sulla sicurezza industriale del Paese, soprattutto in un contesto globale segnato da tensioni geopolitiche e instabilità dei mercati delle materie prime. Eppure, il paradosso è evidente: mentre le aziende sono costrette ad acquistare rame, alluminio e materiali critici sui mercati internazionali, in Italia esistono vere e proprie miniere urbane inutilizzate. Elettrodomestici dismessi, vecchi televisori, smartphone dimenticati nei cassetti custodiscono metalli preziosi e terre rare che potrebbero alimentare nuove filiere produttive.
Le ombre dietro il primato
Accanto ai risultati, emergono segnali di rallentamento che non possono essere ignorati. La filiera della plastica mostra criticità crescenti, tra difficoltà di riciclo, costi elevati e mercati secondari ancora fragili. Ancora più evidente è il ritardo nella raccolta dei Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il recupero delle materie prime critiche contenute in lavatrici, computer e telefoni procede troppo lentamente, lasciando inutilizzato un patrimonio strategico per la transizione digitale ed energetica.
Da settore ambientale a industria strategica
Il nodo centrale è culturale e politico. L’industria del riciclo viene spesso percepita come un comparto “ambientale”, quasi ancillare rispetto alla manifattura tradizionale. In realtà, è uno dei motori più avanzati dell’economia contemporanea, capace di generare occupazione qualificata, innovazione tecnologica e resilienza industriale. Considerarla un pilastro fondamentale dell’economia significa inserirla pienamente nelle politiche industriali, sostenere gli investimenti, semplificare le norme e rafforzare i sistemi di raccolta.
Una leva per la transizione
La leadership italiana nella circolarità dimostra che un altro modello di sviluppo è possibile. In un’epoca segnata dalla transizione ambientale ed energetica, il riciclo non è solo una scelta sostenibile, ma una leva competitiva. Valorizzare le risorse già presenti nel Paese, ridurre la dipendenza dall’estero e trasformare i rifiuti in materia prima seconda significa rafforzare l’autonomia industriale e costruire un futuro più solido. L’Italia ha già imboccato questa strada: la sfida ora è non rallentare, ma trasformare il primato in un vantaggio duraturo.