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Usa 2020: Melissa Carone, la testimone-chiave che imbarazza i repubblicani

- di: Diego Minuti
 
Usa 2020: Melissa Carone, la testimone-chiave che imbarazza i repubblicani
Una delle scene iconiche del film "The Blues Brothers", che icona lo è da solo, è quando John Belushi (alias Jake Blues) in fuga con il fratello Elwood (Dan Aykroyd), trova a sbarrargli la strada Carrie Fisher (nella parte della sua ex fidanzata), armata di un gigantesco fucile mitragliatore con cui vuole farlo a pezzi per averla abbandonata sull'altare.

Belushi per giustificare il suo - censurabile, se non meschino, comportamento - tira fuori delle scuse, a dir poco inverosimili: "Ti prego, ti prego, non ci uccidere. Ti prego baby, lo sai che ti amo. Non avrei mai voluto lasciarti, non è stata colpa mia. Davvero, sono sincero. Quel giorno finì la benzina. Si bucò un pneumatico. Non avevo i soldi per il taxi! Il mio smoking non era arrivato in tempo dalla tintoria! Era venuto a trovarmi da lontano un amico che non vedevo da anni! Qualcuno mi rubò la macchina! Ci fu un terremoto! Una tremenda inondazione! Un'invasione di cavallette!".

Ecco da ieri John Belushi (da ovunque egli guardi l'America) ha una concorrente, agguerrita, che, nella difficile arte di trovare scuse, anche le più inverosimili, ha trovato un posto nel Pantheon dei ballisti.
Si chiama Melissa Carone, è una fervente (non riesco a trovare altro aggettivo che non cada nel dileggio) repubblicana e da qualche giorno si presenta davanti a tribunali e commissioni del Michigan a spiegare che dietro la vittoria di Joe Biden alla presidenziali c'è stato un gioco sporchissimo, fatto di manipolazioni, artifici, miracoli della medicina (centinaia di resurrezioni di elettori da tempo defunti).
Un crescendo di pseudo-argomentazioni che, almeno sino ad oggi, sono state tutte respinte, ma che sembrano non avere intaccato la sua convinzione non solo di essere nel giusto, quanto di essere investita della sacra missione di consentire al suo dio in terra, Donald Trump, di restare alla Casa Bianca per altri quattro anni a causa delle frodi elettorali dei democratici.
Melissa Carone, che di mestiere, almeno sino a quando non ha assunto il ruolo di paladina di Trump. era una consulente informatica, con le sue infuocate ricostruzioni della (sua) verità è diventata una protagonista. Tanto che il video della sua disastrosa deposizione davanti al Comitato di supervisione della camera di Stato del Michigan ha registrato decine di migliaia di visualizzazioni che hanno sancito la nascita di un personaggio, per qualcuno già pronto per il Saturday Night Live.



Deponendo davanti all'organismo del Michigan, Melissa Carone ha mosso accuse violentissime, la più banale delle quali è stata quella che a Detroit il dato di affluenza è stato del 120 per cento degli iscritti al voto, dal momento che, secondo lei, avrebbero espresso le loro preferenze "morti ed illegali". E quando le è stato ribattuto che tutte i controlli hanno accertato che le percentuale di affluenza è stata del 51 % ha cominciato ad urlare ed inveire, impedendo al presidente del Comitato di parlare.
Ma fosse stato solo questo...

Già nei giorni scorsi Fox News, certo non ostile a Trump, aveva enfatizzato una intervista live con Melissa Carone, definita come la testimone che avrebbe svelato i brogli democratici. Ma certo la conduttrice Lou Dobbs non poteva certo immaginare che dalla bocca dell'intervistata uscissero tante, tali e non suffragate accuse.
Come quella di avere visto, accanto all'edificio dove è stato effettuato il secondo conteggio dei voti, dei camion - come quelli usati per il trasporto di alimenti - vuoti e che, per lei, erano la conferma che migliaia di schede erano state sostituite per favorire Biden. Una "rivelazione" che, di per sé difficile da sostenere, in casa repubblicana hanno considerato come non veritiera.
Due giorni dopo un giudice della Contea di Wayne, dove Carone ha detto di avere svolto il suo turno di assistente informatico ("ininterrottamente, per 24 ore su 24"), ha definito le sue accuse "semplicemente non credibili".

La sia audizione davanti al Comitato dello Stato del Michigan, Melissa ha reso un cattivo servigio alla causa repubblicana, rappresentata in aula da Rudy Giuliani e Jenna Ellis, che guidano il manipolo di avvocati che Trump ha scatenato a caccia di prove incontrovertibili della "malefatte" del team di Biden.
Tanto che Giuliani, quando la deriva della deposizione della donna stava andando verso il ridicolo, l'ha trattenuta per un braccio, quasi ad intimarle il silenzio.
Il clima dell'audizione è stato talmente surreale che Ryan J.Reilly, giornalista giudiziario dell'Huffington Post, su Twitter ha scritto che Melissa Carone stava trattando il suo interlocutore "come se fosse un dipendente di un fast food e la macchina per i frullati si fosse rotta".

L'esibizione in tv di Melissa Carone (con accanto i legali cui Trump ha affidato il suo futuro) è stata commentata da molti e sempre in modo caustico nei confronti della strategia repubblicana in funzione anti-Biden. Chiarissimo il giudizio di Pablo Guimon, corrispondente da Washington del quotidiano spagnolo El Paisa: "L'apparizione virale di Carone è diventata una metafora involontaria della disperata e agonizzante battaglia legale di Trump per invertire l'esito di un'elezione persa. Alcuni hanno persino voluto vedere nella consulente informatica ribelle, eccessiva, rumorosa ed irrispettosa, l'incarnazione del trumpismo che dà i suoi ultimi colpi".

Ma certamente di più, dal punto di vista politico, vale il giudizio di Aaron Miller, membro dell'assemblea statale del Michigan e, soprattutto, repubblicano.
In una dichiarazione al The Detroit News, Miller (che ha 33 anni ed è considerato un astro nascente della galassia repubblicana), ha tagliato corto: "La dichiarazione finale di Giuliani è entrata nel regno della follia. Ha lanciato insulti partigiani selvaggi e per diversi minuti che non avevano nulla a che fare con le elezioni, ed è stato francamente inaccettabile, vergognoso e patetico". Per poi concludere con un eloquente: "Sono assolutamente imbarazzato".
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