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Quale futuro per il Monte Paschi dopo l'inatteso dietro-front di UniCredit?

- di: Redazione
 
Quale futuro per il Monte Paschi dopo l'inatteso dietro-front di UniCredit?
L'esito infelice della trattativa che avrebbe dovuto traghettare il Monte Paschi nel rassicurante ventre di UniCredit non è arrivato inatteso, perché in molto avevano giudicato il protrarsi dei colloqui come foriero di nefaste evoluzioni.
Così è stato e tutto viene lasciato in alto mare.
Lo scacchiere della finanza italiana quindi torna a vedere i pezzi muoversi, alla ricerca di una evoluzione della vicenda Mps che, perché si concluda, deve trovare la convenienza di qualcuno. E questo ''qualcuno'', che sino a ieri era UniCredit, si è sfilato, con un 'grazie, noi ci abbiamo tentato', che rimanda la palla dalle parti di Palazzo Chigi, che, al momento, sembra essere l'unico soggetto che, in virtù del profilo del suo inquilino, può spendersi per trovare una soluzione.

Che futuro per MPS dopo il dietro-front di UniCredit?

Ma di soluzioni, all'orizzonte, non sembrano manifestarsi. Il solo player che, per qualcuno, potrebbe essere interessato a prendersi il Mps, con tutte le sue complesse problematiche, sembrerebbe essere BPM, che parrebbe avere fatto un passo indietro. O, dando una lettura possibilista, accetterebbe di avviare un confronto se solo gli venissero garantite le condizioni che avevano portato UniCredit ad un passo dall'acquisizione. Cosa che al momento sembra improbabile, allontanando quindi BPM da un ipotetico tavolo di trattative.

Certo è che il Tesoro si trova ora a dovere dipanare una matassa che è stata resa inestricabile da una trattativa che UniCredit aveva condotto a suo uso e consumo e che, saltando, ha dato l'esatta fotografia di come certe operazioni, per essere perfezionate, necessitano di una specifica volontà, che evidentemente non c'era. Oppure, se c'era, era solo di facciata, nel momento in cui gli obiettivi forse non collimavano con quelli del Tesoro.

Ora, con il banco (non BMP...) saltato, bisognerà ingoiare un altro paio di bocconi amari. Il primo dei quali, politico, riguarda l'urgenza di ridefinire, con la Commissione europea, i tempi concordati per la cessione del Monte Paschi, che doveva essere perfezionata entro la fine del 2021, traguardo che ormai appare ragionevolmente irraggiungibile.
C'è, quindi, l'urgenza di un aumento di capitale, che rischia di essere visto come l'ennesimo, sanguinoso salasso.
Ad aspettare, col fiato sospeso, come ormai fanno da anni, ci sono i 21 mila dipendenti del Mps che proprio non riescono a capire il dietrofront di UniCredit. che pure sembrava avere raggiunto i suoi obiettivi.

Quando si conducono trattative, importanti come quelle per Mps, può anche accadere che uno dei mediatori ribalti il tavolo. Ci sta. Così come ci sta pensare che le mosse di UniCredit seguano una precisa strategia; tenere sulla corda la trattativa per tornare a discutere e spuntare quindi altre condizioni a suo vantaggio.
Tutto lecito, tutto normale, perché è anche questa la logica dei finanzieri. Ma chi lo dice ai dipendenti del Monte Paschi che, legittimamente, come fanno i sindacati nazionali di categoria, mostrano la loro delusione?
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