On Health Care Group: la sanità integrativa può dare una forte spinta ai bisogni delle persone

- di: Redazione
 

Filippo Ceppellini, Amministratore Delegato di On Health Care Group (Onhc) S.p.A., ci spiega come la Sanità integrativa non vada confusa con la Sanità privata. On Health Care Group aggrega tutte le competenze necessarie per offrire le più efficaci soluzioni nella gestione ed erogazione di prestazioni sanitarie integrative al Servizio Sanitario Nazionale.

On Health Care Group, intervista all'AD Filippo Ceppellini

Dottor Ceppellini, quali sono i tratti distintivi della vostra azienda?

On Health Care Group è un gruppo fondato nel 2007 che aggrega tutte le competenze necessarie - ramo sanitario, assicurativo, attuariale, di risk management e giuridico fiscale - per offrire le più efficaci soluzioni nella gestione ed erogazione di prestazioni sanitarie integrative al Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Gestiamo un network capillarmente distribuito su tutto il territorio nazionale con oltre 3mila strutture odontoiatriche e circa 6mila convenzionamenti tra medici specialisti, cliniche, case di cura, centri polispecialistici, istituti di radiologia e laboratori di analisi.

Ma cos’è esattamente la Sanità Integrativa? Spesso viene confusa con la Sanità privata, quali sono le differenze?

La Sanità Integrativa è un formidabile strumento di supporto al Servizio Sanitario Nazionale, assiste 16 milioni di lavoratori - cittadini e rispettivi nuclei familiari e non comporta oneri per lo Stato. Si tratta infatti di risorse investite dalle aziende e gestite da fondi di derivazione contrattuale discendenti dai Contratti nazionali di lavoro (CCNL).

È un sistema presente in tutti i paesi europei, seppur in forme diverse, ed è il cosiddetto Secondo pilastro, cioè uno strumento di integrazione e complementarietà rispetto al Servizio Sanitario Nazionale.

Il Primo e il Secondo pilastro, lavorando insieme, possono rivitalizzare il sistema sanitario del nostro Paese. Si tratta quindi di uno strumento importante che consente di alleviare la pressione sulla Sanità pubblica. Non si tratta di sanità privata, perché i fornitori possono essere sia pubblici che privati, ed è ispirata da principi mutualistici e solidaristici: una grande collettività che è assicurata con lo stesso piano sanitario della rispettiva categoria. Questo significa che ogni individuo, all’interno dello stesso piano sanitario, ha le stesse prestazioni sanitarie indifferentemente dall’età, dal sesso e dalle patologie pregresse.

La Sanità Integrativa, quindi, è ispirata a principi molto affini a quelli ispiratori della Sanità pubblica.

Lei fa riferimento alla Sanità integrativa come un supporto alla Sanità pubblica, un sistema davvero integrativo. Però, allo stato attuale, la Sanità integrativa è spesso sostitutiva del SSN. Quale, quindi, dovrebbe essere quindi il modello?

Da sempre sostengo che non abbia molto senso ingabbiarsi in griglie rigide e anche terminologicamente inappropriate. C’è questa disputa storica tra integrativa e sostitutiva. Io preferisco ragionare in termini di complementarietà.

Oggi le norme consentono ai fondi di Sanità integrativa di destinare fino all’80% del proprio budget a prestazioni sostitutive e di vincolare il 20% a quelle integrative. Quelle integrative sono quelle che il SSN non offre - come l’odontoiatria, la fisioterapia e le prestazioni legate alla non autosufficienza - mentre le sostitutive sono quelle che il SSN dovrebbe offrire, ovvero previste anche dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Tuttavia, se le norme permettono ai fondi di erogare fino all’80% del budget per prestazioni sostitutive, vuol dire che c’è una consapevolezza da parte del decisore pubblico che il SSN queste prestazioni non riesce a garantirle sempre. Prendiamo ad esempio il tema drammatico delle liste d’attesa che è sotto gli occhi di tutti, 19 milioni di italiani con tempi di attesa che vanno dai 5-6 fino ai 12-14 mesi a seconda della tipologia di prestazione. È evidente che l’unica alternativa possibile sarebbe non curarsi per tutte quelle persone che non hanno i soldi, oppure ricorrere ai privati puri, ma solo per chi può permetterselo. Non dimentichiamo che in Italia abbiamo circa sette milioni di persone che vivono in condizione di povertà assoluta, secondo i dati Istat, e se sommiamo quelli in povertà assoluta a quelli in povertà relativa arriviamo a undici milioni di cittadini. Inoltre, l’anno scorso, 6 milioni di italiani hanno dichiarato di aver rinunciato alle cure per incapacità di reddito.

Per questa ragione preferisco parlare di complementarietà. E come si costruisce un sistema complementare? Facendo in modo che ci sia una razionalizzazione delle funzioni, dei compiti e della spesa, in modo tale che sia chiaro cosa possa fare il primo pilastro e cosa il secondo e quando scatta il meccanismo di integrazione del secondo pilastro sul primo. Io auspicherei che il SSN concentrasse le sue risorse sugli indigenti, su chi non ha nessun’altra opportunità di curarsi e che finisce per aumentare quel dato già molto preoccupante e ingiusto di persone che hanno rinunciato alle cure sanitarie.

Inoltre, stiamo avanzando anche delle proposte ai decisori istituzionali perché siamo convinti che, così come in tanti altri paesi europei, vada individuato un equilibrio che metta al centro il diritto del cittadino ad avere la cura, lasciando da parte il conflitto (a volte inutilmente ideologico) su chi debba fornire la prestazione tra il pubblico, l’integrativo o il privato. Insomma, non è importante chi la eroga, l’importante è che ci sia una governance pubblica su tutte le forme di assistenze sanitarie, private, private in convenzione, private pure, pubbliche e integrative. La governance pubblica è molto importante, ma più importante è che il cittadino possa disporre della sua prestazione.

È nato da pochi mesi ONWS, l’Osservatorio Nazionale Welfare e Salute, promosso proprio da ONHC. È stata la rinnovata attenzione delle istituzioni verso il tema della sanità integrativa a spingervi a fondare questo nuovo soggetto? Quali sono gli obiettivi dell’Osservatorio?

A spingerci è stata la volontà di creare le condizioni necessarie affinché si possa sviluppare un dibattito - o una riflessione - ben più ampia rispetto ai soliti addetti ai lavori sul tema del secondo Pilastro. Se pensiamo che sedici milioni di Italiani sono assistiti dalla Sanità Integrativa - di cui 8 milioni e mezzo di lavoratori dipendenti del settore privato con i rispettivi nuclei familiari, un milione e mezzo di professionisti e circa 700mila pensionati - il settore raggiunge numeri molto importanti, che, tra l’altro, nel corso degli ultimi dieci anni sono cresciuti in maniera esponenziale.

Inoltre, va considerato che stiamo andando incontro a un serio fenomeno di invecchiamento della popolazione, l’Italia è il secondo paese al mondo, dopo il Giappone, età media della cittadinanza e questo comporta un fortissimo incremento della domanda di salute. Basti pensare che dopo i 55 anni abbiamo circa il 60% degli italiani che ha una situazione di multicronicità.

Alla luce di tutto questo, se si rispettano i vincoli di finanza pubblica che impediscono anche alla politica più lungimirante di investire tutte le risorse di cui il Servizio Sanitario Nazionale avrebbe bisogno, non c’è altra strada se non rafforzare la Sanità Integrativa. Ma, ovviamente, le questioni che sorgono sono tante. Insomma, abbiamo voluto fare un investimento importante non per egemonizzare un campo, ma per costruire le condizioni affinché tutti i vari attori coinvolti in questo settore possano avere un luogo di confronto, di incontri, di studio e di ricerca.

Avete già attivato una serie di iniziative per aprire un confronto con le istituzioni. Il primo di questi appuntamenti è stato qualche settimana fa con il Ministro Zangrillo. Ma quali sono esattamente le attività portate avanti dall’Osservatorio?

ONWS sta svolgendo attività di studio e di ricerca e pubblicherà annualmente un quaderno che raccoglierà vari Discussion Paper tematici che l’Osservatorio sta predisponendo per i singoli tavoli di lavoro. Il primo si è svolto proprio sul tema della Sanità Integrativa e del welfare contrattuale per il pubblico impiego, insieme al Ministro Zangrillo. Stiamo anche lavorando, insieme alla Fondazione Gimbe, alla redazione di un Annual Report che quest’anno vogliamo dedicare alla questione della spesa Out of pocket, cioè la spesa privata dei cittadini. L’obiettivo è capire quanto di questa spesa possa essere invece intermediata, e quindi inserita in una logica mutualistica, senza gravare sulle tasche dei cittadini, portandola all’interno del sistema della Sanità integrativa.

Svolgeremo, poi, un Annual Meeting, un appuntamento nel quale saranno condivise e messe a fattor comune tutte queste storie.

Il prossimo appuntamento in agenda è quello con Francesco Zaffini, Presidente della Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato e previdenza sociale del Senato. Quali temi affronterete?

Oltre al Presidente Zaffini abbiamo deciso di invitare a questo secondo appuntamento anche il consigliere economico del Presidente del Consiglio, il consigliere Renato Loiero, perché abbiamo l’aspirazione di confrontarci con le istituzioni ad un livello significativo di rappresentanza sui temi della riforma della Sanità Integrativa. Sarà un tavolo un po’ trasversale a tutto quello che abbiamo detto fino ad ora. Questo settore, per essere ancora più parte integrante del Sistema Salute Nazionale ha bisogno non solo di maggiore attenzione, di maggior cura, e di maggior consapevolezza da parte dei fruitori e dell’opinione pubblica, ma ha anche bisogno di essere maggiormente integrato nelle politiche nazionali per la salute. Questo significa ragionare su tutta una serie di interventi normativi di carattere regolatorio. È importante chiarirlo: non servono risorse. Agli operatori della Sanità integrativa servono regole più chiare, a partire dal tema del superamento del binomio integrazione-sostituzione fino all’allargamento della platea dei beneficiari, con il coinvolgimento anche di segmenti di lavoratori e di popolazione che oggi non sono coperti dalla Sanità integrativa. Serve poi una maggiore regolazione della relazione tra gli stakeholder all’interno del meccanismo che poi porta all’erogazione dei servizi e delle prestazioni e servono, ancora, una serie di iniziative di carattere anche più generale, in termini di governance e di vigilanza.

Ci sono tuttora una serie di temi che noi crediamo sia importante mettere sul tavolo e poi capire insieme come affrontarli, provando a fare sintesi. Diversi gli interessi in campo, tutti devono però confluire nell’interesse generale del Paese, per costruire un Sistema Sanitario Nazionale che sia più performante, più inclusivo e veramente rispondente al principio dell’articolo 32 della Costituzione, non solo sulla carta ma anche nei fatti.

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