Quando l’arroganza divora la ragione e trascina interi Paesi nel baratro.
Non se ne parla in giro, ma la malattia del potere esiste e ha un nome antico: sindrome di Hubris. Viene dall'antica Grecia e significa “senza misura”. Il termine era usato per descrivere quei leader che, presi dall'arroganza, perdevano completamente il senso dei propri limiti. Viene subito da pensare a Trump. E chi altri di questi tempi? L'ex palazzinaro e bancarottiere diventato presidente, dotato di una capacità di smentire se stesso al limite della follia, ha deciso, motu proprio, di esentare l'altro autocrate ungherese, Viktor Orbán, dall’importare a prezzo scontato il petrolio dalle aziende russe, veto che ha invece reiterato al resto del mondo e soprattutto all'Europa.
È un vero e proprio pestaggio politico e mediatico alla Ue che non ha avuto sosta dall'avvio del suo secondo mandato. È iniziato con i dazi su quasi tutti i prodotti importati dall'Europa negli Usa ed è proseguito con l'obbligo di comprare risorse energetiche americane a carissimo prezzo. In aggiunta ha obbligato la tapina Ursula von der Leyen a firmare una postilla in cui le aziende dei 27 Stati dell'Unione devono investire negli Usa. Cosa fuori dal mondo, perché Bruxelles non ha assolutamente gli strumenti per costringere gli Stati e le aziende a onorare un tale impegno.
Ma la sindrome di Hubris non conosce confini e il presidente americano, in modalità “Soprano”, si è rivolto ai leader europei dicendo loro che “devono rispettare Orbán e l'Ungheria” e ribadendo che è sua intenzione incontrare Putin a Budapest. Al solito nessuno di questi presunti leader europei ha battuto ciglio: invece di mandare a quel paese (per non dire di peggio) Trump e buttare fuori, una volta per tutte, dall'Ue Orbán che, per inciso, nel suo viaggio oltre Atlantico aveva detto papale papale che “l’Europa non conta nulla”, si sono accucciati e hanno continuato a latrare sul “ruolo fondamentale dell’Europa”.
Ma la sbrindellata Europa, all’incudine americano, deve aggiungere il martello russo. Putin è da quasi quattro anni in Ucraina, impantanato in una guerra voluta solo per soddisfare il suo superego. La metà del tempo che ci mise il suo idolo Stalin a raggiungere Berlino dopo Stalingrado, avendo di fronte l'esercito tedesco e Hitler.
Ma il Cremlino, a differenza dell'Europa di allora, può contare su una nutrita pattuglia di simpatizzanti e obbedienti soldatini filomoscoviti. A partire dal nostro vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, al “paci-finto” Giuseppe Conte che da premier fece sfilare i militari russi in Italia durante il Covid. Per non parlare della Schlein e del duo Bonelli-Fratoianni, che ancora non si sono ripresi dalle manifestazioni per il Vietnam, e dei tanti opinion-maker che ripetono a pappagallo, nei talk televisivi, la propaganda russa, imbeccati dalla portavoce del Cremlino, Marija Zacharova, un’altra affetta dalla sindrome di Hubris, che ha detto che la Torre dei Conti è crollata perché l’Italia sostiene l’Ucraina.