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Difesa europea, su “Buy European” Meloni non vuole irritare Trump

- di: Matteo Borrelli
 
Difesa europea, su “Buy European” Meloni non vuole irritare Trump
“Il gioco inizia adesso”. Con queste parole, pronunciate da una fonte diplomatica europea, si apre una nuova fase per l’Unione Europea, chiamata a confrontarsi con uno dei temi più spinosi della sua storia recente: il riarmo. La Commissione Europea (foto) ha presentato il suo ambizioso piano sulla difesa, articolato nel Libro Bianco 2030 e nel progetto ReArm Europe, ma i 27 Stati membri si trovano già divisi sui dettagli, in particolare sui finanziamenti e sulle priorità strategiche.

Un piano ambizioso, ma con ostacoli
Il vertice di Bruxelles ha messo in luce le prime crepe nel fronte comune. Sebbene i leader europei abbiano concordato sulla necessità di “accelerare i lavori per aumentare la prontezza di difesa dell’Europa entro i prossimi cinque anni”, le divergenze emergono quando si scende nel concreto. “Non si prevede una discussione approfondita delle proposte della Commissione”, ha dichiarato una fonte europea, sottolineando come il vero negoziato inizierà solo ora.
Uno dei nodi principali riguarda i finanziamenti. Il piano prevede l’attivazione di deroghe al Patto di Stabilità per permettere maggiori spese in sicurezza, ma non tutti i Paesi sono pronti a questo passo. La Germania senz’altro, l’Olanda forse no, mentre Italia e Francia sono sul chi va là”, ha spiegato un diplomatico, evidenziando le incertezze che ancora permangono.

Il dibattito sul “Buy European”
Un altro tema controverso è la norma sul Buy European, fortemente voluta dalla Francia per sostenere l’industria della difesa continentale. Tuttavia, alcuni Paesi, tra cui quelli con forti legami industriali con gli Stati Uniti, preferirebbero una catena del valore più aperta. Tra questi in prima fila c’è l’Italia, visti i rapporti della premier Meloni con Trump e Musk e le affinità con l’amministrazione Usa facendo leva sulle quali Meloni ambisce a svolgere un ruolo di “ponte” tra UE e Stati Uniti, ruolo che tuttavia al momento l’Unione europea non le riconosce in alcun modo, anche per le posizioni di FdI, il partito della premier, nello scacchiere politico europeo. "Dopo aver avuto accesso al fondo da 150 miliardi, battezzato Safe, è essenziale includere anche partner strategici come gli Usa", ha affermato una fonte vicina ai negoziati.
Il fondo Safe, ideato per incoraggiare appalti congiunti su progetti di interesse collettivo come la difesa aerea, i missili a lungo raggio e il cyber, rappresenta una delle iniziative più innovative del piano. Tuttavia, la sua implementazione richiederà compromessi non facili da raggiungere.

Eurobond e debito comune: il grande tabù
Sullo sfondo del dibattito sulla difesa, c’è il tema più ampio dei finanziamenti comuni. La proposta degli Eurobond, sostenuta da alcuni Paesi come l’Italia e la Francia, incontra ancora resistenze da parte degli Stati più frugali. “Paesi che hanno resistito per decenni hanno completamente cambiato posizione”, ha dichiarato Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo, in un’intervista. “Oggi c’è un consenso molto largo, e lo testeremo anche sulle spese della difesa: nulla sia fuori dal tavolo”.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha fatto eco a queste parole, sottolineando come “per l’Europa siano giorni decisivi”. Tuttavia, al momento non è previsto alcun accordo sul debito comune, e il piano presentato ai leader è considerato solo “un primo passo”.

Prossime tappe: il vertice di giugno
La roadmap prevede che le decisioni più importanti vengano prese al Consiglio Europeo di giugno, in programma subito dopo il summit della NATO in Olanda. In quell’occasione, gli alleati saranno chiamati ad aumentare i target di spesa, con l’obiettivo di raggiungere almeno il 3% del PIL. Un traguardo ambizioso, soprattutto alla luce delle pressioni esercitate dall’ex presidente americano Donald Trump, che ha più volte criticato i Paesi europei per il loro scarso impegno nella difesa.
“Siamo consapevoli che ci sono delle aspettative, dopo una sfilza d’incontri, e devono essere gestite”, ha confidato un diplomatico europeo. “Non possiamo inventarci ogni volta una formula nuova”.


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