“Tod’s è un brand italiano di grande livello ed eccellenza, con una reputazione internazionale indiscutibile. Questa reputazione la dobbiamo difendere”. Con queste parole il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha voluto intervenire sulla vicenda che ha coinvolto la casa di moda marchigiana, finita al centro di un’inchiesta giudiziaria riguardante presunti casi di sfruttamento lungo la filiera produttiva.
Urso: “Difendiamo la reputazione dei brand italiani, Tod’s eccellenza del Made in Italy”
Un caso che, secondo il ministro, va affrontato “con equilibrio e responsabilità”, senza dimenticare che “il Made in Italy non è solo un marchio economico, ma un patrimonio culturale e morale che il mondo associa alla bellezza, alla qualità e, sempre più, alla sostenibilità”.
Made in Italy come valore globale
Per Urso, la forza del Made in Italy risiede nella sua capacità di rappresentare “non soltanto il bello e il ben fatto”, ma anche il rispetto delle regole, la trasparenza dei processi e la tutela dei lavoratori. “Oggi – ha spiegato il ministro – il Made in Italy è percepito nel mondo come bello, buono e benfatto, ma anche come sostenibile sul piano ambientale, sociale e della legalità. Questa reputazione è un capitale che dobbiamo difendere con rigore, perché è parte integrante del valore economico dei nostri prodotti”.
La riflessione arriva in un momento delicato per il settore della moda e del lusso, dove la complessità delle filiere e l’uso diffuso di subforniture possono esporre anche i grandi marchi a rischi reputazionali e legali. “Il caso Tod’s – ha aggiunto Urso – è l’occasione per ribadire che l’eccellenza italiana si fonda sulla responsabilità. Non basta produrre in Italia: serve garantire che tutto avvenga nel rispetto delle regole e della dignità del lavoro”.
La nuova certificazione preventiva di legalità
Per rafforzare il controllo e la trasparenza nelle catene di fornitura, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha già inserito nel disegno di legge sulle piccole imprese e sull’artigianato, ora in discussione al Senato, un dispositivo legislativo che introduce la possibilità per le aziende di ottenere una certificazione preventiva sulla legalità e sulla sostenibilità delle proprie filiere.
“Le aziende – ha spiegato Urso – potranno far certificare da un ente terzo tutte le imprese che producono per loro, su tre piani fondamentali: ambientale, sociale e lavorativo. In questo modo si garantisce non solo la conformità normativa, ma anche la reputazione dei brand italiani e la tutela dei lavoratori”.
La certificazione, dunque, non sarà solo un adempimento formale, ma un sigillo di trasparenza, utile a distinguere chi opera in modo etico e responsabile da chi si muove ai margini della legalità. “Con questa misura – ha proseguito Urso – vogliamo prevenire il caporalato e lo sfruttamento, fenomeni che vanno naturalmente repressi, ma che è ancora meglio evitare a monte con strumenti di tracciabilità e controllo”.
Un intervento strutturale sulla filiera
Il provvedimento si inserisce in una strategia più ampia di rafforzamento della reputazione industriale del Made in Italy, attraverso norme che stimolino comportamenti virtuosi e valorizzino le imprese che investono nella sostenibilità. “È un passo fondamentale – ha sottolineato il ministro – per garantire che la filiera produttiva italiana resti sinonimo di qualità, bellezza e correttezza. Il Made in Italy non può essere associato a pratiche che violano la dignità del lavoro o danneggiano l’ambiente”.
Il Mimit intende così promuovere un nuovo modello di competitività responsabile, in linea con le direttive europee sul dovere di diligenza (due diligence) e la tracciabilità delle catene globali del valore. “La sostenibilità – ha detto Urso – non è più una scelta opzionale. È un fattore competitivo e una garanzia di credibilità sui mercati internazionali. Chi produce in Italia deve sapere che ogni anello della filiera rappresenta il Paese nel mondo”.
L’impatto economico della reputazione
Il ministro ha ricordato come la reputazione dei brand italiani rappresenti un asset economico di primaria importanza, con un impatto diretto sull’export, sugli investimenti e sull’occupazione. “Difendere l’immagine delle nostre imprese significa difendere l’Italia stessa – ha detto –. La reputazione non è un concetto astratto: si traduce in valore economico, in posti di lavoro, in crescita. E ogni crisi di immagine ha conseguenze tangibili sull’intero sistema”.
Il comparto moda e lusso, che da solo vale oltre il 12% del Pil manifatturiero nazionale e impiega circa 500 mila addetti, è uno dei settori più esposti al giudizio dei mercati internazionali. Da qui la necessità, secondo Urso, di “coniugare eccellenza creativa e responsabilità sociale”, anche attraverso strumenti normativi innovativi.
“Prevenire è meglio che reprimere”
Il nuovo dispositivo legislativo mira dunque a rafforzare la prevenzione, creando un meccanismo di verifica che permetta alle aziende capofila di conoscere e certificare i comportamenti dei propri fornitori. “Reprimere è necessario quando si verificano violazioni, ma prevenire è molto più efficace – ha spiegato Urso –. Con una certificazione trasparente e accessibile, tuteliamo i lavoratori e proteggiamo l’immagine del nostro sistema produttivo”.
Il ministro ha poi ricordato come l’Italia sia spesso all’avanguardia nella definizione di standard di qualità e responsabilità, citando il recente disegno di legge “Made in Italy” e il marchio nazionale di sostenibilità, strumenti che vanno nella stessa direzione.
Il valore etico e culturale del Made in Italy
Infine, Urso ha voluto sottolineare la dimensione etica che accompagna il successo del Made in Italy: “Il mondo ci guarda e si aspetta da noi non solo prodotti belli, ma anche giusti. Difendere i nostri marchi significa difendere un modello culturale fondato sul lavoro, sulla legalità e sulla bellezza. È una missione economica ma anche morale”.
Con la certificazione di legalità e sostenibilità, il governo punta dunque a creare un ecosistema produttivo più solido, trasparente e competitivo, in cui la reputazione diventi parte integrante del valore d’impresa. “La forza dell’Italia – ha concluso Urso – sta nella credibilità dei suoi brand. Difenderla significa assicurare al nostro Paese un futuro di crescita sostenibile, innovazione e orgoglio nazionale”.