Un motu proprio che riapre porte sul mondo finanziario oltre il Vaticano — e ridefinisce la linea tra centralismo e flessibilità.
Una svolta che rompe vecchi equilibri
Pochi giorni fa Papa Leone XIV ha siglato un motu proprio, Coniuncta cura, che revoca la norma del 2022 che assegnava in modo esclusivo allo IOR la gestione degli investimenti vaticani. Con la nuova cornice, l’APSA torna al centro dell’amministrazione finanziaria, seguendo la Investment Policy e le indicazioni del Comitato per gli investimenti, con la possibilità di rivolgersi a intermediari esterni quando più efficiente.
Il messaggio politico è netto: meno esclusività per lo IOR, più flessibilità operativa per la Santa Sede. Non è una resa del centralismo, ma un suo riallineamento pragmatico.
Contesto: tra riforme, scandali e bilanci positivi
Nella lunga storia della finanza vaticana, lo IOR ha attraversato stagioni opache e fasi di profonda ristrutturazione. Dalle vicende degli anni Ottanta alle strette post-2001, fino agli sforzi di modernizzazione del decennio passato, il filo rosso è stato la ricerca di trasparenza dentro una macchina complessa. Il nuovo corso s’inserisce qui: coordinare i centri decisionali, semplificare i processi, rendere verificabili le scelte di investimento.
Sul piano economico, negli ultimi esercizi sono emersi segnali di tenuta grazie ai rendimenti finanziari e alla gestione immobiliare, pur con sfide strutturali che richiedono una governance più robusta e scelte allocative coerenti con l’orizzonte di lungo periodo della Santa Sede.
Cosa cambia (e cosa no)
Lo IOR non viene marginalizzato: conserva un ruolo di primo piano nella gestione, ma non più esclusivo. L’APSA coordina e amministra, il Comitato definisce criteri e soglie di rischio, mentre i dicasteri possono — quando conviene — interagire con banche esterne nel rispetto delle policy approvate.
Restano in vita i capisaldi introdotti negli ultimi anni: controlli interni, tracciabilità, policy uniche. La vera novità è l’elasticità nel ricorrere a competenze e piattaforme esterne per ottimizzare rendimento e profilo di rischio.
Politica interna e segnali al mondo
La riforma suggerisce una scelta di riequilibrio dei poteri: attenuare l’accentramento senza tornare al passato. È un messaggio alle istituzioni cattoliche e ai donatori: il Vaticano dialoga con l’ecosistema finanziario globale, ma dentro una cornice regolata. È anche un segnale verso l’interno: l’efficienza non è in contrasto con la missione, purché i processi restino trasparenti e verificabili.
Le reazioni e il banco di prova
Nei corridoi curiali ci si attende il sostegno di chi, negli ultimi anni, ha percepito uno sbilanciamento operativo a favore dello IOR. Al tempo stesso, i giuristi ricordano che la nuova flessibilità esige un monitoraggio serrato per evitare dispersioni e zone grigie. Il primo test sarà la traduzione pratica delle linee guida: policy, contratti, audit, reporting e tempi di esecuzione.
Il senso della “pax finanziaria”
Al di là del tecnicismo, la novità punta a chiudere una stagione di frizioni tra uffici e culture amministrative. È una pax che non appiattisce, ma armonizza: un equilibrio tra centralismo e autonomia capace di aprire nuove relazioni con la finanza internazionale e, insieme, di proteggere l’identità e la responsabilità della gestione.