Elkann si è fermato ad Eboli, anzi a Foggia

- di: Barbara Leone
 
Alzi la mano chi di voi ha mai preso un treno. Non un Frecciarossa, che un tempo molto più romanticamente si chiamava pendolino. E nemmeno uno dei tanti treni ad alta velocità che, peraltro, nove volte su dieci sono diretti al nord. Perché da Napoli in giù, nell’Anno Domini 2023, siamo ancora in modalità viaggio della speranza. Altro che Ponte ponente ponte pì! Ma non divaghiamo. Piuttosto dite la santa verità: anche voi, esattamente come Alain Elkann, non l’avete mai preso un interregionale. Peccato, vi siete persi un’esperienza mistica. Se penso alla linea Roma-Campobasso presa per anni ed anni mi vengono ancora i brividi. Oggi chiamato Frecciolone, che pare davvero una presa per i fondelli visto che di “one” c’è solo la maledizione. Parte da quei binari che a Termini vengono chiamati “i laziali”. Binario 20 bis, con che ha una vaga e inquietante assonanza col 41 bis perché di fatto per quattro ore e fischia (il tempo che ci vuole per fare nemmeno 250 chilometri) ti senti al gabbio. Ebbene, dopo aver attraversato tutta la stazione da un capo all’altro, con la lingua che t’arriva sotto ai tacchi finalmente arrivi al sospirato convoglio. Ed eccolo là: due carrozze in croce, per ottocentoventiquattromila passeggeri incazzati neri e che, quasi sempre, sono muniti di trolley e bagaglio vettovaglie in perfetto stile “bell ‘e mammà”. Se tutto fila liscio (quasi mai) è diretto, se invece ti dice male devi cambiare a Vairano. O, peggio, scendere a Venafro e salire su un autobus che tomo tomo cacchio cacchio ti porterà a destinazione. Perché nel Molise che esiste a non esistere è una linea ferroviaria degna di questo nome. Immaginatevi cosa possa essere questo treno, e come lui tantissimi altri diretti nel disperato sud dimenticato da Dio e dal Ministero delle Infrastrutture, sotto le feste natalizie. O a luglio, quando tutti (e dico tutti) i fuori sede fanno rientro alla base. Roba da buttarcisi sotto al treno per disperazione. Insomma, viaggiare su queste linee è veramente uno di quei momenti della vita da incorniciare, e che resterà per sempre scolpita nella memoria del cuore e dei giramenti di balls. Un’esperienza memorabile, possibilmente da non ripetere mai più.

E difatti il povero, si fa per dire, Elkann senior ne è stato talmente abbacinato da volerci comporre un surreale elzeviro da pubblicare sul giornaletto di classe. Pardon, il giornale del suo figliuolo adoratissimo. Un pezzullo da Commedia dell’arte, che ha conquistato il mondo dei social diventando virale in un nanosecondo. Il tempo, insomma, della tratta Roma-Firenze, mica la Bari-Taranto eh! Egli si trovava, evidentemente per caso e sbaglio, su di un convoglio diretto a Foggia. E già qui si sorprende che il trenino ciuf ciuf la prenda alla larga, passando da Caserta e Benevento. Questa olografia dell’Italia è così proletaria e di cattivo gusto per un gentlemen di cotanta casta, oh mon Dieu! Che poi, gli ha pure detto bene che non abbia deviato su Termoli o Roccasecca. Più che un viaggio un’odissea, e non per la lentezza, le millemila improbabili fermate, i sedili sporchi, i guasti elettrici, la calca o l’aria condizionata rotta che ti costringe a farti il viaggio coi finestrini aperti e la phonata da 40 gradi che ti sbatte in faccia. No, no. Anche perché poi lui, Egli, di persona personalmente per dirla con Camilleri, era sì col sederino santo seduto sulla poltroncina di un intercity, o interregionale che fosse. Ma sempre in prima classe. Ça va sans dire! Prima classe, che nel profondo sud non l’ha tuttavia salvato dalla pacchiana orda di villani 2.0, che Egli, Sua eccellenza eminenza che fa di nome Elkann (della serie lei non sa chi sono io) appella come “lanzichenecchi”. Perché dire cafoni non è raffinato. E, soprattutto, non evidenzia la distanza tra chi è acculturato e chi no.

Peccato che nella foga da perfetto boomer radical-chic vestito da lord “malgrado il caldo”, laddove i lanzichenecchi sfoggiavano canotta e bermuda e trangugiavano volgarissima coca-cola, Egli sia scivolato proprio sul mastodontico volume sfoggiato nel suo snobbissimo elzeviro. Dopo aver elencato la mazzetta di giornali che si portava dietro, Financial Times, New York Times e supplemento culturale di Repubblica (il quotidiano chissà che fine aveva fatto), sfodera il titolone del libro che proprio su quel treno mal frequentato stava provando a leggere: il secondo volume della “Recherche du temps perdu” (rigorosamente in lingua originale perché Egli, ricordiamolo ai più distratti, è acculturato) di Proust. E più precisamente, scrive testualmente, il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Non ha calcolato, Egli, che nel 2023 quei villani di ragazzuoli ignoranti e barbari che hanno osato disturbare la sua preziosa lettura, ci mettono un nanosecondo (vero, non come l’ei fu pendolino) a sputtanarlo sul web. Colpendolo poi proprio sul vivo: la tanto ostentata e sbandieratissima sua cultura. Perché, guarda un po’, oggi come oggi ci vuole un attimo a digitare tre parole su Google, e scoprire che il secondo volume della “Recherche” di Proust si intitola “All'ombra delle fanciulle in fiore” ed è diviso in due parti: “Intorno alla signora Swann”, “Nomi di paesi: il paese”. Ebbene, “Sodoma e Gomorra” NON è un capitolo del secondo volume, ma il titolo del quarto volume. Sul resto stendiamo proprio un velo pietoso.

Perché la noiosissima narrazione fatta da un riccone che per sbaglio si ritrova su un treno popolato da giovani buzzurri che parlano di ragazze da portare al night è davvero improbabile. Al night: ma ve li immaginate i ragazzi di oggi che parlano di night? Roba da Fred Bongusto, suvvia! Una narrazione improbabile, snob e odiosa, in cui si legge tutto il malessere e la sofferenza di un boomer col Rolex che avrebbe voluto farsi la vacanza con loro e non ha accettato il rifiuto dei “lanzichenecchi”. Che tanto lanzichenecchi evidentemente non erano visto che, scrive Egli, erano tutti muniti di cappellino da baseball, scarpe Nike e iPhone in mano. Giovani lanzichenecchi, insomma, che viaggiano in prima classe con telefoni da 500 euro (almeno) e potrebbero essere figli di eleganti uomini in abito di lino e mocassini senza calze. Perché i veri lanzichenecchi, mio caro Egli, quando tutto va bene hanno Android da 120 euro. E non si chiamano Lapo.
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