Kevin Spacey dichiarato non colpevole: chi lo risarcisce, adesso?

- di: Barbara Bizzarri
 
Assolto. Di nuovo. A una manciata di mesi dall’assoluzione della Corte di New York, anche la Southwark Crown Court di Londra, dopo un mese di udienze e tre giorni di camera di consiglio, nel giorno del suo sessantaquattresimo compleanno, ha prosciolto Kevin Spacey dalle nove accuse di reati sessuali di cui era stato chiamato a rispondere: tre uomini avevano denunciato il vincitore di un Oscar per aver afferrato in modo aggressivo il loro inguine, e un aspirante attore ha detto di essersi svegliato con il protagonista di American Beauty che gli praticava del sesso orale dopo essersi addormentato, o forse essere svenuto, nell'appartamento di Spacey (affermazioni smentite dai messaggi telefonici, da cui si deduceva che i due si fossero accordati per fare sesso). 

Kevin Spacey assolto dalle accuse di violenza sessuale

Le vicende risalgono a un periodo compreso tra il 2001 e il 2013: intanto, Spacey, nonostante l’esito finale delle cause che lo hanno visto coinvolto, ha perso tutto. La sua carriera è ovviamente finita, in una serie di processi farsa incistata nel solco altrettanto ipocrita e ridicolo del #MeToo, un movimento animato da una logica piuttosto simile a quella dei cacciatori di pensione che hanno querelato la star.

Oggi, anche se qualche produttore avesse il coraggio di scommettere ancora e nonostante tutto sul suo nome, ci sarà sempre, su di lui, l’ombra repellente del predatore sessuale, descritto in aula come un individuo “viscido, spregevole, disgustoso”. Quando l’odissea dell’attore ha avuto inizio, web e industria dell’entertainment lo avevano già processato e condannato: protagonista di House of Cards, serie tv da vedere soltanto per la sua presenza, tanto che dopo di lui è prevedibilmente naufragata, fu condannato a pagare un risarcimento di 30 milioni di dollari per i danni arrecati alla produzione, costretta (da chi?) a modificare gli episodi e a depennare il suo personaggio. 

I nostri nonni dicevano, ‘fatti il nome e poi vai in piazza’, a indicare quanto la nomea, alla fine, conti persino più della realtà: mai vox populi è stata vox Dei come in questo caso, e ci si chiede se non sia il caso di separare il talento dalla reputazione e dalla morale, soprattutto quando non si è in grado di fare i giudici. Conosco attivisti animalisti che rompono le palle urbi et orbi a chiunque, capaci però di fare secche intere cucciolate se ritenuto necessario (da loro). Conosco vegetariani pubblici che spolpano allegramente interi prosciutti in privato. Conosco personaggi decantati fuori casa per bontà e gentilezza che fra le quattro mura domestiche sono capaci di violenze inaudite, musicisti meravigliosi e di rara, apparente sensibilità che prendono le donne a calci (per non parlare dei cani), e sì, questo ha fatto parte del doloroso processo di conoscenza delle leggi del mondo di cui vi faccio dono. 

In nome di cosa, quindi, ci hanno privato per anni del talento di Spacey, in cambio di gente sfiatata che recita con espressioni da paresi facciale: chi ce lo ridà, adesso? Appello contingente a Netflix: mettetevi una mano sulla coscienza ora che potete farlo senza timori per la reputation, appunto, e, con l’altra, tirate fuori il Gore Vidal interpretato da Spacey che avete murato in cantina da tempo immemore. Del resto, nessuno ha mai osato impedire la visione della Madonna dei Pellegrini ad alcuno, anche se Caravaggio era un assassino (lui sì, acclarato colpevole).

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