Nostalgia canaglia

- di: Barbara Leone
 
La tragedia della vecchiaia, scrisse Oscar Wilde, non consiste nel fatto di essere vecchi ma nel fatto di sentirsi ancora giovani. Che, a volte, può anche essere molto pericoloso. Prendiamo Al Bano, che a ottant’anni suonati qualche sera fa durante un concerto a Pomigliano d’Arco ha pensato bene di scalare un traliccio. Ma quanta insensata avventatezza ci può essere in un gesto del genere? Nella migliore delle ipotesi, si poteva schiantare al suolo rompendosi femore, costole e ossa varie. Nella peggiore vi rimaneva secco. E per dimostrare cosa? D’essere ancora prestante e in forma. In una parola: giovane. Il video, manco a dirlo, ha fatto il giro del web. Corredato d’esilarante commento da parte di una signora che preoccupatissima gli urla: scinn ca t faij mal. Ovviamente in dialetto milanese. La cosa assurda è che leggendo i vari interventi sui social veniamo a sapere che lo fa sempre. Cioè lui puntualmente ad ogni concerto si lancia in quest’improbabile, inutile e perigliosa scenetta. Che no, non ce lo fa ammirare come fosse il Mick Jagger di Cellino. Il quale, tra l’altro, pure se si chiama Mick Jagger dovrebbe anch’egli arrendersi all’ineluttabile avanzata della terza età. Ma almeno lui è Mick Jagger, e col suo poderoso e strepitante bagaglio musicale se può quasi quasi permettere. Ora: premesso che Al Bano è un signor artista, baciato dal talento e da una voce a dir poco. E che oggi, come ieri, è capace d’incantare il suo pubblico. Ed anzi, quando ci si mette dà le piste ad un Mengoni qualunque, che pure di voce ne ha da vendere. Ma proprio perché ad Al Bano vogliamo bene ci domandiamo, e gli domandiamo, una cosa sola: perché? Cosa aggiunge un tal gesto alla sua grandezza artistica? Nulla. Assolutamente nulla. Molto più semplicemente, ed anche banalmente, mette a rischio la sua incolumità e finanche la sua vita. Perché alla sua età pure rompersi un femore può risultare fatale. Trattasi forse di nostalgia canaglia per il tempo che fu? O di una sfida a se stesso, perché l’importante è sentirsi gggiovani dentro. Senza contare che poi, per dirla tutta a costo di peccar di melensa retorica, la nostra ammirazione più che all’ottantenne Al Bano va piuttosto a chi a settant’anni su un traliccio o su una impalcatura ci deve salire per forza. Perché sennò non può mangiare. A lui, con stima e simpatia, diciamo solo che forse è meglio vivere la terza età con naturalezza, senza strafare ed accettando i suoi limiti. Perché a cadere da un traliccio, e nel ridicolo, ci vuole poco. 
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