Un giorno da leone

- di: Barbara Leone
 
Kimba è tornato a casa e sta bene, titolavano i giornaloni ieri mattina. Falso. Kimba non è tornato a casa, perché la sua casa è la savana. Kimba non sta bene, perché un leone in gabbia non può star bene. Come sempre tutto gira intorno all’uomo: gli abitanti di Ladispoli segregati in casa per sette lunghe ore. E come sempre si rigira la frittata, col gestore del circo che ora dice “è stato terrorismo”. Tradotto: colpa degli animalisti (e te pareva). La verità è che i circhi con gli animali sono una vergogna, come lo sono gli zoo (pure se ora si chiamano bioparchi) e tutte le innumerevoli manifestazioni (il Palio di Siena, giusto per dirne uno) che vedono gli animali ridotti a schiavi per il mero e spregevole divertimento dell’uomo. Eventi legali, sì. Ma non per questo morali. Ed è anche ora di dire una volta per tutte BASTA! Perché le immagini del povero Kimba che vaga serafico per le strade di Ladispoli sono di una tristezza devastante ed esacerbante. Allevato in cattività, privato di ogni stimolo, umiliato e costretto a esibirsi come un pagliaccio per far divertire il pubblico pagante. Questa è stata la vita di Kimba fino a quando, per poche ore, ha potuto assaporare la libertà. Sette per l’esattezza. Solo ed elegante come l’uomo in frac della canzone, fiero e maestoso come solo il re della foresta sa essere, severo e distaccato nel suo osservare questo mediocre mondo di umani che fanno si fanno la guerra e si ammazzano per un nulla. Mentre lui, che è altro e oltre, ammazza per sopravvivere. Consapevole che il suo regno è altrove. In altri tempi, in altri spazi, sotto altri cieli. E che il vero circo siamo noi.

Quante cose ci ha insegnato e ricordato Kimba in quella breve passeggiata. L’unica non controllata della sua vita. Se solo sapessimo metterci in ascolto, se solo sapessimo meritarci la bellezza del Creato… e la libertà. Quella che lui per colpa nostra non ha. E’ finita così: braccato, catturato, legato, tirato e rimesso in gabbia. Tutto per divertire poche, ma sempre troppe, persone che pagano un biglietto per vedere un leone che ha imparato a muoversi a comando dell’uomo. Fino a un certo punto, almeno. Perché anche il leone più ammaestrato del mondo di fronte alla libertà sceglie una passeggiata. La sua storia non può e non deve essere dimenticata. La sua storia è un grido che non può finire qui. E’ tempo che l’Italia segua l’esempio dei tanti Paesi, oltre venti, che hanno vietato i circhi con gli animali. Che sono una vergogna non solo perché imprigionano e sfruttano gli animali ma anche perché, come s’è visto, mettono a rischio l’incolumità delle persone. E no, caro gestore del circo: nessun terrorismo. Che magari non è manco il caso di scomodare queste parole, visto ciò che succede nel mondo. Nessun animalista ha tolto i lucchetti alla gabbia di Kimba. Le disattenzioni esistono. Così come esiste il diritto di dire che i circhi con gli animali sono un’ignominia, che portare i bambini a vedere questi spettacoli osceni è immorale, che è ora di darci taglio. Gli acrobati se lo scelgono di rischiare l’osso del collo sul trapezio. Così come i clown se lo scelgono loro di fare ridere la gente con nasi finti e cravattoni. Tigri, elefanti e leoni non hanno scelto di fare i pagliacci. E’ il momento di restituire agli animali la propria libertà. E la propria dignità. Chiudiamo i circhi e apriamo le gabbie mentali. Infondo se Noè aveva costruito l’Arca per gli animali e non per noi un motivo ci sarà…
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