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Affitti brevi, il trionfo dei visitatori e la ritirata degli abitanti

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Affitti brevi, il trionfo dei visitatori e la ritirata degli abitanti

C’è un numero che, più di molti discorsi, racconta la mutazione in corso nelle città italiane: +42,1%. È la crescita registrata in cinque anni dalle imprese degli alloggi per vacanze e soggiorni di breve durata, oltre 13 mila in più, per un totale nazionale di 44.801 unità. Un successo netto, misurabile, che certifica la forza del turismo e la sua capacità di reinventarsi. Ma come spesso accade, dietro il segno più si nasconde una trasformazione meno euforica, che riguarda la vita quotidiana delle città e di chi le abita.

Affitti brevi, il trionfo dei visitatori e la ritirata degli abitanti

Il turismo non è più soltanto alberghi, reception e chiavi consegnate alla sera. È diventato rapido, intermittente, digitale. L’ospitalità tradizionale arretra, mentre avanzano gli appartamenti trasformati in luoghi di passaggio. Il fenomeno esplode soprattutto dove l’attrattività è massima: Roma cresce del 33,8%, Napoli sfiora il raddoppio con un +98,1%, Milano segna +75,9%, Firenze +21,3%. Città desiderate, consumate, fotografate. Città che soprattutto a Natale diventano vetrine globali, attraversate da flussi intensi e brevi.

Ma una città non è solo ciò che appare. Ogni vetrina ha un retrobottega, e qui il retrobottega racconta un’altra storia. Le case che ieri erano affittate a famiglie, studenti, lavoratori oggi rendono di più se offerte a notti, weekend, settimane. Non è una scelta ideologica: è il mercato che fa il suo mestiere. Il risultato, però, è una progressiva sottrazione di spazio abitativo. Gli affitti a lungo termine si riducono, i prezzi salgono, restare diventa un lusso. E così i residenti arretrano, spesso senza clamore, verso quartieri più lontani, meno centrali, meno simbolici.

Nei centri storici il cambiamento è visibile anche senza statistiche. I negozi di prossimità chiudono, sostituiti da servizi pensati per chi resta poco. Le scale dei palazzi vedono passare trolley invece che passeggini. Le relazioni di vicinato si allentano, perché chi arriva oggi riparte domani. È la gentrificazione turistica, una forma nuova e più silenziosa di espulsione, che non ha bisogno di ordinanze o sgomberi: basta il prezzo di un affitto.

Roma, Napoli, Firenze non stanno solo perdendo residenti. Stanno cambiando identità. Diventano città sempre più orientate all’uso temporaneo, meno alla permanenza. Luoghi efficienti per il visitatore, meno ospitali per chi vorrebbe restare. È una trasformazione che solleva una domanda politica prima ancora che economica: fino a che punto una città può vivere di turismo senza smettere di essere una città?

In questo scenario la ristorazione mostra una maggiore capacità di tenuta. I ristoranti con servizio al tavolo crescono del 2,3% rispetto al 2021, arrivando a 159.494 imprese. Le grandi aree metropolitane guidano la classifica: Roma con 13.927 attività, Milano con 8.954, Napoli con 7.574, seguite da Torino con 6.127. Nel Sud e nelle isole – Sicilia, Sardegna, Calabria – la crescita è più marcata e racconta una vitalità che intercetta la domanda di convivialità, soprattutto nei periodi festivi.
Anche qui, però, il successo non è neutrale. Il ristorante prospera perché il flusso turistico è continuo, ma quel flusso contribuisce a consolidare un modello urbano fondato sul consumo rapido più che sulla vita stabile. Le città funzionano, ma funzionano per chi passa, non sempre per chi resta.

Il confronto degli ultimi cinque anni restituisce così un’immagine doppia. Da un lato un turismo dinamico, capace di generare reddito e occupazione, di rendere competitivo il Paese. Dall’altro, centri storici che rischiano di trasformarsi in scenografie ben illuminate, efficienti e affollate, ma sempre più distanti dalla quotidianità. Non è una nostalgia fuori tempo. È una questione di equilibrio. La domanda non è se questo modello sia redditizio – lo è già – ma se sia sostenibile nel lungo periodo per chi, in quelle città, vorrebbe continuare semplicemente a vivere.

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