Dal primo gennaio al 25 novembre 2025 il Telefono Verde Aids e IST dell’Istituto superiore di sanità ha raccolto 5.453 telefonate: una media di 25 al giorno, metà delle quali da utenti che contattavano il servizio per la prima volta. È un dato che, letto in controluce, racconta un fenomeno inaspettato: la percezione del rischio legato all’Hiv sta tornando a galla. Come negli anni Ottanta, quando lo spot “Non abbassare la guardia” entrò nelle case degli italiani con il suo linguaggio diretto e severo, anche oggi l’allarme si riaccende, seppure in forme nuove e meno rumorose. Non per un aumento dei casi, ma per una crescente domanda di informazioni. La paura, che si pensava archiviata, ricompare sotto traccia.
Aids, 25 chiamate al giorno al Telefono Verde
I numeri mostrano con chiarezza chi si rivolge al servizio. L’85,3% delle chiamate proviene da uomini, la fascia più rappresentata è quella 20-39 anni, seguita dai 40-59. Solo il 6% arriva dagli over 60. Nel 58% dei casi si tratta di persone che dichiarano rapporti eterosessuali, il 13,4% sono uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. Un dato sorprendente riguarda il 26,9% delle chiamate: riguarda persone che temono il contagio pur non avendo avuto comportamenti a rischio. La paura, insomma, corre più veloce della consapevolezza.
Una domanda crescente di informazioni affidabili
Nei primi 11 mesi dell’anno gli operatori del Telefono Verde hanno risposto a 17.904 quesiti, molti dei quali riguardano modalità di trasmissione e informazioni sui test. Ma in aumento sono soprattutto le richieste legate a stigma, discriminazione e timori personali. Una quota rilevante di chi chiama confessa di non sapere distinguere tra comportamenti rischiosi e situazioni prive di pericolo: una fotografia che indica ancora una volta l’assenza di una cultura scientifica diffusa e stabile. È un paradosso dell’era digitale: si moltiplicano le fonti, ma l’informazione affidabile resta scarsa.
Il parallelo con gli anni ’80: quando la comunicazione era un argine
Nel pieno dell’emergenza Aids degli anni Ottanta, la pubblicità sociale aveva un ruolo centrale. Lo spot istituzionale mostrava la malattia come una minaccia collettiva e invitava a usare il preservativo. Oggi l’Hiv è una malattia cronica trattabile, ma proprio questa evoluzione ha fatto abbassare la percezione del rischio. Per anni si è pensato che la grande stagione della prevenzione fosse finita, quasi superata da nuovi modelli sanitari. E invece il ritorno delle telefonate dimostra quanto la comunicazione sia ancora un presidio essenziale. Non con i toni drammatici del passato, ma con la chiarezza necessaria a contrastare disinformazione e pregiudizi. Perché lo stigma, pur attenuato, non è scomparso: continua a emergere nei racconti di chi teme giudizi, isolamento o incomprensioni.
La risposta dell’ISS: più accessibilità, più prevenzione
In occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, il Telefono Verde – 800 861 061 – ha previsto un’apertura straordinaria dalle 9 alle 19. Una scelta mirata ad allargare l’accesso al counselling, compreso quello per le persone sorde tramite form dedicato, garantendo anonimato e tutela della privacy. A novembre si è conclusa anche la mappatura dei centri per il test sul territorio: 628 in tutta Italia. Un’infrastruttura pensata per favorire diagnosi precoce, soprattutto in caso di dubbio.
Un ritorno inatteso: non l’emergenza, ma la domanda di protezione
Il vero dato politico-sociale che emerge dai numeri ISS non è un aumento del contagio, ma la reemersione della paura. In un Paese dove la consapevolezza scientifica tende a disperdersi e dove il dibattito pubblico si concentra su altre emergenze, l’Hiv torna nel quotidiano delle persone attraverso ansie, domande, incertezze. Forse è il segno che la stagione delle “grandi campagne” non è mai davvero finita. E che la prevenzione, anche quando sembra un capitolo archiviato, ha sempre bisogno di essere riscritta, rispiegata, rimessa al centro. Proprio come accadeva negli anni Ottanta.