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Trump urla, Buffett investe: due idee d’America a confronto

- di: Bruno Coletta
 
Trump urla, Buffett investe: due idee d’America a confronto

Il primo trasforma la Casa Bianca in un business di famiglia, l’altro predica sobrietà e trasparenza. Due visioni opposte del capitalismo USA.
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Due Americhe, due modelli a confronto
Nel 2025 gli Stati Uniti sono il campo di battaglia di due visioni economiche radicalmente opposte. Da un lato Donald Trump, tornato alla Casa Bianca con l’intento di monetizzare ogni leva del potere. Dall’altro Warren Buffett, 94 anni, che continua a incarnare un’idea di capitalismo sobrio, prudente e responsabile. Uno urla e accumula, l’altro investe e restituisce.

Trump: la Casa Bianca come impresa privata
Fin dal suo insediamento, Trump ha trasformato la presidenza in un acceleratore dei suoi affari. Secondo un’inchiesta del Washington Post (21 febbraio 2025), almeno 14 decisioni esecutive hanno avuto effetti diretti su società collegate ai suoi figli o al suo patrimonio immobiliare. L’“America First” si è tradotto in “Trump First”.
Gli affari familiari continuano a prosperare. Eric Trump ha annunciato a gennaio nuovi investimenti per 1,2 miliardi di dollari in resort e casinò tra Florida e Texas, tutti favoriti da sgravi fiscali decisi a livello federale. Nessuna autorità ha contestato la palese commistione d’interessi.
Ancora più grave: la nuova stretta sulle comunicazioni interne alla SEC (Securities and Exchange Commission), varata il 7 marzo 2025, ha ridotto drasticamente la trasparenza delle operazioni insider. Diversi analisti, tra cui Kara Swisher su NY Magazine, hanno parlato di “declino sistemico della fiducia nei mercati finanziari americani”.

Buffett: coerenza, sobrietà e visione di lungo periodo
Warren Buffett, invece, resta fedele a un’etica del capitalismo ormai rara. Vive nella stessa casa di Omaha dal 1958, guadagna uno stipendio annuo di 100.000 dollari e ha donato in beneficenza oltre 51 miliardi di dollari tramite la sua fondazione, in gran parte destinati alla sanità e all’educazione pubblica.
Nel pieno delle turbolenze finanziarie scatenate dai dazi di Trump, Buffett ha scelto di non seguire l’onda speculativa. Ha accumulato 334 miliardi di liquidità, evitando investimenti azzardati e aspettando opportunità reali. “Non compro perché gli altri comprano. Compro solo quando capisco ciò che vale”, ha dichiarato durante l’assemblea annuale di Berkshire Hathaway, a Omaha, lo scorso 4 maggio.

Trump e Buffett: due capitalisti, due morali
Trump rappresenta un capitalismo opaco, predatorio, autoreferenziale. La sua idea di mercato è quella del colpo grosso, della scorciatoia, del profitto personale mascherato da patriottismo. Le istituzioni, sotto la sua guida, diventano strumenti per arricchire amici e parenti, non per rafforzare il sistema.
Buffett, al contrario, incarna un’idea di capitalismo paziente, che punta alla costruzione di valore e al benessere collettivo. “Il vero potere si misura in ciò che dai, non in ciò che prendi”, ha detto. Nessuna concessione alla finanza tossica, nessun bisogno di manipolare la comunicazione o le regole.

La vera sfida per l’America
L’alternativa tra Trump e Buffett non è solo una questione di stile: è una scelta morale, politica e sistemica. Da una parte, un modello che arricchisce pochi, toglie fiducia ai mercati e sfrutta le istituzioni. Dall’altra, un’idea di capitalismo civile che crea ricchezza duratura e redistribuita.
Nel 2025, con i mercati sempre più volatili e le diseguaglianze in aumento, la domanda è brutale: l’America vuole davvero continuare a scommettere sulla voce più forte, o è tempo di ascoltare quella più saggia?


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