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Cena, Audio, Romanisti, Intrighi, Colle

- di: Giulia Caiola
 
Cena, Audio, Romanisti, Intrighi, Colle

Tutto comincia una tranquilla sera romana che tranquilla, come spesso accade, non resterà. Giovedì 13 novembre, Terrazza Borromini, vista mozzafiato su piazza Navona: il genere è “serata amarcord romanista”, ma l’epilogo sarà più “thriller politico con retrogusto da bar della Curva”.

Cena, Audio, Romanisti, Intrighi, Colle

Al tavolo, prenotato per 18 ma occupato da 16 (mistero che meriterebbe una sua inchiesta), si ritrovano amici provenienti da banche, economia, istituzioni. Li unisce una sola fede: la Roma. Si mangia, si brinda, si ricorda Ago Di Bartolomei con la commozione un po’ alcolica di chi ci crede davvero. Fin qui, tutto normale — o quasi.

Tra i commensali c’è anche Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente Mattarella e segretario del Consiglio supremo di difesa. Insomma, non proprio l’ultimo arrivato, né uno che ti aspetti chiacchieri libero come un ragazzino alla prima birra. E invece sì: tra una forchettata e un “te ricordi la Sud?”, Garofani si lascia andare a commenti politici, scenari, ipotesi, fantasie su future elezioni e liste civiche anti-Meloni. Roba che, a distanza di cinque giorni, diventerà dinamite pura.

Ed eccoci al colpo di scena. Domenica, ore 13:24, metà Roma digerisce il pranzo e metà prepara la partita. Qualcuno — rigorosamente anonimo — spedisce ai giornali una mail firmata Mario Rossi, l’alias più alias di sempre, con il racconto delle parole pronunciate da Garofani a tavola. La mail parte da un indirizzo “usa.com”, che già basterebbe per aprire le danze delle congetture: romanisti internazionali? Spie freelance? O semplicemente qualcuno con molta fantasia e poca prudenza?

Alcuni quotidiani cestinano il messaggio, ma non tutti. A pubblicare tutto è la Verità, che aggiunge un ulteriore tocco surreale: firma il pezzo un certo Ignazio Mangrano, giornalista che — sorpresa — non esiste. E mentre le parole rimbalzano da un palazzo all’altro, si diffonde un ulteriore dettaglio: il giornale avrebbe l’audio della famosa cena. Un file che finora nessuno ha ascoltato, ma che tutti temono come la pistola fumante.

È a questo punto che la storia prende una piega degna di una riunione di condominio tra agenti segreti: si parla di registrazioni clandestine, di qualcuno che alzava il cellulare per finta foto, di note audio avviate sotto il tovagliolo. E nelle voci di Palazzo gira qualsiasi cosa: cimici nascoste sotto i piatti, sedie cablate, camerieri con barbe posticce, “i russi” evocati come in ogni buon complotto che rispetti.

Così, mentre Giorgia Meloni si dice sorpresa e va al Quirinale per dissipare le nebbie istituzionali (riuscendoci solo in parte), Garofani rivive mentalmente ogni secondo della cena, chiedendosi chi tra i “fratelli romanisti” lo abbia consegnato alla stampa come un fuorigioco da VAR.

La morale della favola?
A Roma, le cene tra amici possono trasformarsi in thriller politici. E in un tavolo di romanisti, ricordate: qualcuno sta sempre registrando.

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