Coop Alleanza 3.0 toglie salsa tahina e SodaStream dagli scaffali e lancia una bibita palestinese. “Non possiamo essere indifferenti”: il caso scuote la grande distribuzione e divide l’opinione pubblica.
Una decisione simbolica ma concreta
Non è solo questione di arachidi o gassificatori. La decisione presa da Coop Alleanza 3.0 di rimuovere alcuni prodotti israeliani dagli scaffali dei suoi oltre 350 punti vendita ha un valore che va ben oltre la logica commerciale. “Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alle violenze che dilaniano la Striscia di Gaza”, ha dichiarato ufficialmente la cooperativa. A finire fuori dalle corsie di vendita sono state alcune referenze simboliche come le ricariche Sodastream, la tahina, gli snack israeliani: prodotti facilmente riconoscibili, legati a brand noti e presenti in molte case italiane.
Una scelta maturata dal basso
La decisione – confermata dalla stessa Coop – arriva al termine di un percorso avviato con una relazione della Commissione etica interna e poi accelerato dall’intervento di alcuni soci attivisti durante l’assemblea del 21 giugno. L’origine popolare e assembleare della decisione rappresenta un punto essenziale: non si tratta di un boicottaggio dichiarato, ma di un’azione che, come spiegano fonti interne, mira a “interrompere la complicità silenziosa” di fronte a un conflitto che ha causato decine di migliaia di vittime civili.
Gaza Cola, il gusto della libertà
Ma la notizia non è solo quella della rimozione: da due settimane, sugli scaffali di Coop Alleanza è comparsa la Gaza Cola, una bibita nata nel 2023 da un’iniziativa di imprenditori palestinesi con l’obiettivo di finanziare progetti umanitari, tra cui la ricostruzione dell’Ospedale Al Karama nel nord della Striscia. “Il gusto della libertà” è lo slogan che accompagna la bevanda, venduta anche online nei territori serviti dall’e-commerce della cooperativa. Un prodotto che è già diventato simbolo di solidarietà concreta con la popolazione civile palestinese, e che in pochi giorni ha attirato l’attenzione dei media europei: un quotidiano spagnolo l’ha definito un “atto di resistenza culturale nella grande distribuzione”.
Un gesto che spacca l’opinione pubblica
L’iniziativa ha però diviso il pubblico. Mentre numerosi clienti e attivisti hanno espresso apprezzamento – sui social si moltiplicano messaggi come “finalmente un gesto coraggioso” o “dove posso trovare Gaza Cola?” – altre voci accusano Coop di scivolare su un terreno politicizzato e polarizzante. “Siamo profondamente delusi da questa decisione”, ha dichiarato un esponente dell’Associazione Italia-Israele: “Punire produttori civili israeliani per motivi politici è una forma inaccettabile di discriminazione”.
Coerenza valoriale o boicottaggio selettivo?
Coop Alleanza 3.0 ha escluso l’ipotesi di un boicottaggio totale, ma ha parlato di “gesto di coerenza” con i valori mutualistici e di giustizia sociale che da sempre caratterizzano la cooperativa. “Abbiamo aderito anche alla campagna Coop for Refugees – ha ricordato la portavoce del gruppo – contribuendo con fondi per sostenere le vittime dei conflitti non solo a Gaza, ma anche in Libano, Ucraina e Sudan”.
Tuttavia, la mossa ha aperto un fronte delicato anche all’interno della grande distribuzione organizzata: finora nessun altro colosso italiano ha seguito l’esempio, ma alcune realtà locali stanno valutando decisioni simili.
Il precedente francese e la pressione delle campagne internazionali
Il caso Coop si inserisce in una scia che ha precedenti internazionali. In Francia, la catena Biocoop aveva già rimosso nel 2024 alcune referenze israeliane, suscitando polemiche analoghe. E negli Stati Uniti, l’iniziativa Boycott, Divestment and Sanctions (BDS) ha portato diverse realtà commerciali a riconsiderare i propri fornitori. Proprio le pressioni delle campagne internazionali – e in particolare l’eco delle denunce di Human Rights Watch e Amnesty International sul blocco degli aiuti umanitari a Gaza – hanno spinto anche alcune cooperative italiane a prendere posizione. Coop Alleanza 3.0, in questo senso, è stata la prima a rompere il silenzio.
Cosa succede ora?
La domanda che aleggia tra i competitor e nel mondo delle imprese è: altri seguiranno? Coop non è nuova a scelte etiche radicali: già in passato aveva sospeso la vendita di pomodori provenienti da aziende accusate di caporalato e si era fatta promotrice di campagne contro le armi. Questa volta, però, il contesto è molto più infuocato, in un Paese dove il dibattito sulla guerra in Medio Oriente è spesso teso e polarizzato.
Un precedente che peserà
Che piaccia o no, Coop Alleanza 3.0 ha tracciato una linea. Non si tratta solo di scaffali e bibite, ma di un’idea di consumo responsabile che torna al centro del dibattito pubblico. E mentre Gaza Cola finisce nei carrelli della spesa, resta aperta una domanda: può la grande distribuzione diventare motore di scelte politiche e morali, o rischia di diventare bersaglio facile di nuove guerre ideologiche?
Una cosa è certa: l’indifferenza, stavolta, non è in vendita.