Una voce vibrante sull’autodeterminazione, una lettera toccante e reazioni che risuonano nel Paese: approfondiamo l’eredità di Laura Santi.
Nella sua casa di Perugia si è concluso il cammino di Laura Santi, 50 anni, giornalista e attivista, vittima da 25 anni di sclerosi multipla avanzata. Grazie a un iter legislativo e legale durato oltre due anni, ha potuto accedere al suicidio assistito: un gesto pensato, ponderato, radicale nella sua pacata lucidità.
Le parole ultime di Laura: libertà, memoria, battaglia
L’Associazione Luca Coscioni ha reso pubblica la sua lettera, un testamento di dignità:
“Quando leggerete queste righe io non ci sarò più, perché avrò deciso di smettere di soffrire… Non potete capire che senso di libertà dalle sofferenze, dall’inferno quotidiano…”
E ancora, con commovente consapevolezza:
“Ricordatemi come una donna che ha amato la vita… non vi stancate mai di combattere… anche quando le battaglie sembrano invincibili”
Laura descrive la sua realtà:
“Una quotidianità dolorosa, spoglia, feroce e in peggioramento continuo. (…) Me ne vado avendo assaporato gli ultimi bocconi di vita in maniera forte e consapevole”
L’iter: resistenza e conquista
Diagnosi di sclerosi multipla da oltre 25 anni, con progressione verso triplegia, paralisi, fatica cronica ed epilessia.
Nel novembre 2024 l’ASL Umbria 1 ha confermato i requisiti ai sensi della sentenza della Corte costituzionale 242/2019.
Ma nessuna istruzione operativa è stata trasmessa: Laura ha dovuto querelare, diffidare e ricorrere per ottenere un protocollo operativo, concluso solo a giugno 2025.
È la prima persona in Umbria (e nona in Italia) a esercitare questo diritto.
Le reazioni: unanime commozione e richiesta di cambiamento
Sindaco di Perugia, Vittoria Ferdinandi: ha definito Laura “donna coraggiosa e protagonista per i diritti civili”, sottolineando che “la sua lotta non era per la morte, ma per la vita”.
USL Umbria 1: ha espresso profonda tristezza: “La direzione e tutto il personale […] esprimono sincero cordoglio”, evidenziando che “l’azienda ha operato con scrupolo nel rispetto delle ordinanze del tribunale […] e del diritto all’autodeterminazione terapeutica”.
Ordine e Assostampa Umbria: ricordano Laura come esempio di impegno, libertà di pensiero e umanità. “Il suo ricordo sarà sempre fra noi”.
Mons. Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia: pur di sensibilità diversa, ha offerto parole di rispetto: “Giorno di silenzio abitato dal dolore e dalla riconoscenza per il tratto di strada condiviso”.
Colleghi e intellettuali (come Cristina Da Rold): la chiamano “insegnante della dignità della vita e della bellezza della morte”.
Un’eredità politica e umana
La voce di Laura Santi emerge come un faro: il diritto a morire con dignità entro regole scritte e accessibili è ancora lontano dall’essere garantito. Il suo appello alla politica — “l’incompetenza della politica” e “l’ingerenza cronica del Vaticano” — risuona pesante nel dibattito sul ddl sul fine vita in Senato.
Con una prosa vibrante e una vita vissuta fino all’ultimo respiro, Laura lascia un messaggio chiaro: la libertà non è solo scegliere di vivere, ma anche di porre fine al proprio dolore. Sarà compito della società — e delle istituzioni — onorare questa eredità con leggi e servizi che includano, senza ostacoli, persone in suo nome.
Perché perfino nella morte, Laura Santi è leggenda: ha trasformato la sofferenza in attivismo, la carta in bozza di cambiamento. Le sue ultime parole non sono un addio, ma un invito: non rassegnarsi, non fermarsi, ricordarla. Brillare di coraggio sino all’ultimo istante.